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PREMIO VEGETTI 2023 – CANDIDATURE CARLO MENZINGER

Ed eccoci al momento di votare per il Premio Vegetti 2023 per le migliori opere di genere fantascientifico e fantastico pubblicate nel 2021 e 2022. Possono votare tutti i soci della World SF Italia, indicando due opere per ogni categoria entro il 31 gennaio 2023.

Le segnalazioni vanno fatte alla segretaria Chiara Onniboni (chiara.onniboni@ferragamo.com) e al presidente Donato Altomare (altomare51@hotmail.com) della World SF Italia.

Ecco quindi tra quanto ho pubblicato quel che vorrei proporre ai soci di votare. Come sempre sono in imbarazzo nello scegliere quali indicare ma vorrei suggerirvi le seguenti:

Romanzo:

Psicosfera” di Massimo Acciai Baggiani e Carlo Menzinger di Preussenthal (Tabula Fati, 2022)

Antologie:

 “Slava Ukraïni” a cura di Pierfrancesco Prosperi (Tabula Fati, 2022)

Racconti:

Passaggio per Fruchtbar”, uscito nel numero 3 luglio/settembre 2021 intitolato “Cognitive flexibility” della rivista Prospettive.Ing. Al link potete leggere gratuitamente il racconto.

“Psicosfera per Solaris” in IF Insolito & Fantastico – n. 28 intitolato “Stanislaw Lem” a cura di Tomasz Skocki– (Edizioni Odoya, Dicembre 2022)

Saggi

Suggestioni fiorentine nella narrativa di Carlo Menzinger” di Chiara Sardelli (Solfanelli, 2022)

Architettura dell’ucronia” di Massimo Acciai Baggiani (Solfanelli, 2022)

Ricordo che i lettori di “Psicosfera” posso partecipare con loro racconti all’antologia “Dal profondo”, come spiegato qui.

DENTRO E FUORI DALLA LETTERATURA

Il caso Jane Eyre” (2001) di Jasper Fforde (Londra, 11 gennaio 1961) ha un titolo poco incoraggiante e che poco fa comprendere del romanzo che introduce.

L’ambientazione è un 1985 forse più surreale che ucronico o fantascientifico, turbato da numerose divergenze storiche, in cui i confini tra realtà e finzione letteraria si sono fatti fragili al punto che qualcuno può restare imprigionato in una poesia e qualche personaggio di un romanzo uscirsene a scorrazzare nel modo reale. Questo anche grazie a una delle geniali invenzioni dell’inventore Mycroft, il Portale della Prosa.

Il malefico Acheron Hades, impossesatosi della macchina, rapisce nientemeno che Jane Eyre, lasciando il romanzo di Charlotte Brontë privo della protagonista e voce narrante, creando il caos tra i fan dell’opera. A indagare ci pensa la Detective Letteraria Thursday Next, mentre imperversa ancora la Guerra di Crimea tra inglesi e russi (se non si parla di ucraini, deve essere perché il romanzo è del 2001 e allora si confondevano ancora con i russi), mentre il Galles è indipendente e repubblicano e nessuno sa chi sia Winston Churchill. Per risolvere l’ultra secolare ucronica Guerra di Crimea c’è chi pensa di esportare fucili al plasma da un romanzo di fantascienza. Il padre della protagonista è un crono-guardiano capace non solo di spostarsi attraverso il tempo ma

Jasper Fforde

di fermarlo.

Ma non solo. La protagonista era già stata dentro il romanzo di Jane Eyre da bambina, come animale domestico ha un Dodo e compaiono anche altri animali estinti ma anche vampiri e licantropi e tutto questo assieme alle folli invenzioni di Mycroft, dai tarli bibliofili che immagazzinano libri nel loro DNA (come nel mio “Via da Sparta”) all’olfattoscopio e altro mentre impazzano gli scontri di piazza tra surrealisti e rinascimentalisti e i protagonisti discutono sulla reale paternità delle opere shakespeariane. E nel romanzo di Jane Eyre la Detective Letteraria incontra persino dei turisti giapponesi entrati in gita nel libro.

Insomma, se amate la letteratura e la storia e credete che una chiave fantastica e surreale possa renderle più interessanti questo romanzo fa per voi. Se credete che la letteratura debba occuparsi solo della realtà ufficiale e la storia sia inalterabile, forse è meglio se lasciate stare questo libro.

NOVE PENNE PER L’UCRAINA

Strani anni questi con cui è iniziato il decennio. Prima bloccati in casa per la pandemia, con l’economia in crisi per assenza di turismo, riduzione dei consumi, imprese chiuse, poi una guerra in Europa che sembra quasi sia la prima dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ma purtroppo non è per nulla così, persino in Ucraina già si era combattuto, ma anche in Bosnia, Kosovo, Cecenia e questo evitando di considerare atti bellici i numerosi attentati di varia matrice. La differenza sono le parti in causa e chi le sostiene, che sommano agli orrori di chi la guerra la subisce con morti, feriti e devastazioni gli effetti inusitati sulle tasche degli italiani e degli altri europei, che si apprestano a patire un gelido inverno russo con bollette di energia e gas e spese per riscaldamento alle stelle.

Ho appena finito di leggere lo splendido saggio “Il declino della violenza” di Pinker che, giustamente, sostiene che questa si sia ridotta enormemente in tutte le sue manifestazioni, anche quella bellica. Tra le tante cose, però, notava (il volume fu pubblicato nel 2011) che la cosiddetta Lunga Pace in Europa non sarebbe potuta durare ancora a lungo (statisticamente e storicamente parlando) e che il momento in cui le guerre iniziano e quello in cui finiscono non sono prevedibili, ma anche se la tendenza verso la pace è sempre più forte, questo non c’avrebbe esonerato da un nuovo importante conflitto europeo. Tra le possibili aree di crisi accennava ai rapporti tra la Federazione Russa e gli stati dell’ex-URSS.

Ebbene, eccoci qua, nel mezzo di questa invasione russa dell’Ucraina i cui sviluppi ed esiti restano ancora misteriosi. La Russia, ossessionata dall’idea dell’accerchiamento NATO e dell’avanzata di questa e dell’Unione Europea su quelli che un tempo furono suoi territori, volenterosa di riportare sotto l’ala di Mosca zone popolate da numerosi russi, ha sferrato un attacco che, si presume, immaginasse veloce, ma la comunità internazionale ha reagito come non aveva fatto nel caso di altre sue azioni in Georgia, Cecenia e nella stessa Ucraina, creando una drammatica situazione di stallo da cui appare difficile uscire.

In questo clima uno dei più importanti autori di genere ucronico e fantascientifico italiani, Pierfrancesco Prosperi, dopo aver scritto un racconto ispirato a queste vicende, ha pensato bene di chiamare a sé alcuni amici perché dessero ciascuno il proprio contributo narrativo.

Realizza così il volume “SLAVA UKRAÏNI!” con l’esemplificativo sottotitolo “9 Penne contro l’Orco”: “Poi mi è venuta l’idea di allargare il tiro, coinvolgendo altre penne, fantascientifiche e no, in un’Ùantologia partita col titolo provvisorio PENNE CONTRO L’ORCO, tanto per essere chiari, e poi diventata SLAVA UKRAÏNI!, dal grido di battaglia novecentesco che in italiano suona “Gloria all’Ucraina!”. Sarebbe stata, chiaramente, un’antologia di parte; non che non si potessero criticare gli ucraini, per carità, ma doveva essere ben chiaro chi era l’aggressore e chi l’aggredito” scrive lo stesso Prosperi nella sua introduzione.

Gli autori sono Massimo Acciai Baggiani, Renato Campinoti, Mauro Caneschi, Alberto Costantini, Alberto Henriet, Carlo Menzinger di Preussenthal, Thomas M. Pitt, Pierfrancesco Prosperi ed Erica Tabacco. L’editore è Tabula Fati. Acciai, Campinoti, Menzinger e Prosperi sono tutti membri dell’associazione culturale Gruppo Scrittori Firenze e già hanno collaborato tra loro in altri progetti.

Apre l’antologia Alberto Costantini con il suo “Nata il 24 febbraio” che ci mostra un “futuro allucinato e distopico” attraverso il diario di una ragazza nata il giorno in cui è iniziata la guerra e che ora vive in un’Italia e in un Europa soggiogate e in perenne stato di guerra.

Ho avuto l’onore di essere uno degli autori di questa raccolta e il mio “Ucronie ucraine” è il secondo della serie. Amo spesso usare allitterazioni nei miei titoli e questa volta ci stava proprio bene dato che vi si racconta di uno scienziato ucraino, fervente patriota, che, nel 2222 cerca di liberare la sua patria dal bisecolare dominio russo con strampalati e sempre più sfortunati viaggi nel tempo che creano universi ucronici distopici fino a un ironico e surreale finale.

“Cuore di ghiaccio”, la “cinica e beffarda cronaca di Mauro Caneschi, intrisa di echi dickiani” (come scrive Prosperi) ci porta in un’estensione del conflitto che vede i russi avanzare in territorio polacco, in una strategia volta a “indurre i paesi alleati dell’Ucraina ad accogliere ondate gigantesche di profughi che ne piegavano la logistica e le risorse”, mentre “L’Ucraina era una distesa di macerie”.

A proposito del racconto del curatore, “Il mio processo come criminale di guerra”, lascerei la parola allo stesso Prosperi che così ne parla nell’introduzione “Ribaltando la situazione, ho immaginato che gli americani, occupata inopinatamente Mosca in un prossimo futuro grazie al solito virus, sottopongano a processo il Presidente e il governo russo per i crimini di guerra commessi durante l’invasione del confinante paese di Ukronia, ottenendo dalla difesa di questi personaggi risposte e argomentazioni surreali e non troppo dissimili da quelle usate nei mesi scorsi dalle fonti ufficiali moscovite”.

Il conflitto immaginato è quanto mai duro con “una serie di incendi di origine chiaramente dolosa” che “ha devastato il principale istituto di ricerca sulle armi biologiche ad Aralsk, scatenando un virus che in pochi giorni ha sterminato tra i dieci e i quindici milioni di persone tra bambini e adulti” e sebbene si svolga nel Paese immaginario di Ukronia, i riferimenti alla storia attuale sono evidenti. Quando il conflitto pare volgere a favore degli americani, tutto cambia a sorpresa.

Ne “La guerra di Aleksej” di Alberto Henriet, il conflitto si mescola con il sadismo di chi la combatte in prima persona. Come scrive l’autore, “Aleksej ha trentadue, ed è russo. Fa parte di un gruppo paramilitare di estrema destra di San Pietroburgo, il Rusich. Combatte come volontario nell’operazione militare speciale, lanciata da Putin in Ucraina il 24 febbraio 2022. È un ufficiale al comando di giovani soldati totalmente inesperti”. “Aleksej il lupo del Rusich, è un gran figlio di puttana. Non è un militare, ma una bestia sadica. Continua ad andare in quel fottuto capanno. Per torturare Viktor, il soldato gay di Kiev.”

Uno dei suoi militari dice “Col mio blindato, a volte Aleksej mi costringe a schiacciare auto di civili ucraini, uccidendoli senza una ragione militare apparente. Il loro unico torto è di trovarsi sulla mia traiettoria.”

In “Una cinica decisione” di Thomas M. Pitt gli alleati dell’Ucraina si interrogano su come sbloccare una situazione che pare ormai senza vie d’uscita.

La sola autrice donna del volume, Erica Tabacco, giustamente, dedica il proprio “Bersaglio numero 2” a un’immaginaria eroica First Lady ucraina, vittima di un drammatico attentato.

Massimo Acciai Baggiani nel suo “Osservatore”, che vede protagonista una bambina, fa intervenire nel conflitto un utopistico alieno, lanciando una speranza di pace.

Ecco poi, a chiudere il libro, un insolito Renato Campinoti in veste fantascientifica, che immagina in “Il passato non è mai morto” gli sviluppi del conflitto nel 2024 e i nuovi assetti politici del pianeta.

Insomma, un’immagine spesso drammatica e dura dei possibili sviluppi futuri di questo conflitto devastante, con racconti scritti con impegno, partecipazione ma non privi di ironia, perché anche nelle tragedie è lecito sorridere o fare della satira e questo non abbassa il tono di un messaggio politico forte di condanna di un conflitto che questo XXI secolo e quest’Europa (che pareva aver ormai imparato la lezione dopo due conflitti mondiali), non avrebbero mai dovuto vedere.

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Antonella Cipriani ne scrive qui su Testi e Parole.

LA NASCITA DEI MONDI DIVERGENTI DI DE FILIPPIS

Leggendo “Toba” (Lastaria Edizioni, 2021) di Bruno De Filippis (1953) avevo scoperto molti punti in comune tra la sua opera e le mie, in particolare l’idea ucronica di universi divergenti, in cui l’evoluzione e la storia umana abbiano preso corsi diversi. In “Toba” si parla di Terra 1, Terra 2, Terra 3 e Terra 4 per definire i mondi in cui si sono sviluppate alcune di queste linee temporali/ universi divergenti.

Incuriosito, sono dunque risalito alle origini della scrittura di De Filippis leggendo il suo primo romanzo “Cheronea” (Lastaria Edizioni, 2018) vi ritrovo non solo la medesima attenzione per gli eventi geologici (vulcani in “Toba”, terremoti in “Cheronea”) ma soprattutto il primo di questi mondi divergenti, Terra 2, un ambiente più evoluto e con diverse forme organizzative soprattutto per quanto concerne la famiglia e i matrimoni. In particolare, per esempio, immagina famiglie che definisce, coppia, doppia coppia, poker e tris a seconda di come siano combinate. In questo dimostra assai più fantasia, per esempio di Lois McMaster Bujold nel suo “Barrayar” e mi fa pensare alle differenze da me immaginate in “Via da Sparta”, anche se non si spinge alle fantasie di “Middlesex” di Jeffrey Eugenides o a immaginare i mutanti trisessuati di “Una favolosa tenebra informe” di Delany. Non posso poi non pensare  alla riflessione sul sesso libero, sulle limitazioni imposte alle sessualità dalla società e dalla struttura familiare, sulla libertà di andare in giro nudi (magari tatuati) che sembra anticipare la rivoluzione culturale del 1968, presente in “Straniero in terra straniera” di Robert Heinlein o ricordare, per le sessualità aliene, il mitico “Neanche gli Dei” di Isaac Asimov o “Il ritorno di Ender” di Orson Scott Card. Lo stesso Robert Heinlein, peraltro, descrivendo in “Lazzarus Long, l’immortale” un mondo futuro, cerca di mostrare soprattutto la differente morale di una società in cui il sesso sia libero (“La seconda nozione in ordine di assurdità è che l’accoppiamento sia peccaminoso in se stesso”), con famiglie allargate e serene, una nudità disinibita, liberi incesti, che molto mi fa pensare a questo “Cheronea”. Vorrei infine ricordare, in tema fantasessualità, “La mano sinistra delle tenebre” di Ursula Le Guin con la sua idea di un popolo in cui tutti sono nel corso della propria vita sia maschi che femmine, divenendo l’uno o l’altro solo in certi periodi.

Come mai De Filippis e altri autori si interrogano su formule familiari alternative? Io credo, che il calo

Bruno De Filippis

della natalità che porta a coppie con un solo figlio e a volte senza neppure quello, stia mettendo in crisi il concetto di matrimonio come istituzione. È bene interrogarsi su alternative. La morte della famiglia patriarcale, con tanti figli, fratelli, zii e cugini che, talora vivevano persino sotto lo stesso tetto o comunque a distanze ravvicinate è ormai morta. Non abbiamo più il supporto di vere famiglie estese. Spesso i pochi componenti delle famiglie moderne cambiano città o addirittura nazione, in una diaspora che crea solitudini e abbandoni. Le doppie coppie, i poker e le altre combinazioni suggerite dal gioco delle carte possono aiutarci a ritrovare una nuova dimensione solidaristica per la famiglia.

Non solo di questo parla “Cheronea”. Terra 2 è divisa in due diverse culture, dell’Est e dell’Ovest, diverse tra loro, soprattutto politicamente. Non mancano forme religiose alternative come una sorta di culto dell’evoluzione e dell’amore universale.

Ci sono persino strani mutanti, i cosiddetti animali doppi (gatto-topo, zanzara-ragno e così via) e persone prive di naso e orecchie, per effetto delle radiazioni.

Come in “Via da Sparta” con i Riti della Catarsi vengono uccise le persone di più di 55 anni, così in “Cheronea” per chi supera gli 80 o 81 anni (a seconda se viva all’Est o all’Ovest) l’eutanasia è la sola strada.

Tanti temi su cui riflettere!

Infine, un’ultima suggestione mi viene dal fiume che rappresenta una spaccatura dello spazio tempo, che mi ha richiamato alla mente “Il fiume della vita” di Philip Josè Farmer (con un misterioso fiume lungo cui sono disseminati uomini di ogni etnia ed epoca) ma anche “Il tempo è come un fiume” di Franco Piccinini.

Cheronea”, che può considerarsi un’ucronia con il suo punto di divergenza ai tempi dell’imperatore Commodo è, insomma, un romanzo intrigante, ricco di suggestioni e spunti di riflessione, che mi spinge ora a leggere anche il secondo romanzo di De Filippis!

GLI UNIVERSI DIVERGENTI DI DE FILIPPIS

In occasione dell’assemblea annuale della World SF Italia, l’associazione nazionale degli operatori del fantastico tenutasi a Pistoia il 23 luglio 2022, ho incontrato Bruno De Filippis con cui, sebbene si faccia entrambi parte di questa associazione, non ricordo di aver mai parlato prima. L’occasione è stata il Premio Vegetti, tenutosi durante il raduno pistoiese, in cui De Filippis ha vinto il premio più ambito, quello per il miglior romanzo di fantascienza con il suo “Toba” (Lastaria Edizioni, 2021), opera che ci parla di mondi paralleli e viaggi nel tempo.

Ho colto subito l’occasione per leggerlo, restando colpito dalla moltitudine di temi in comune con varie mie opere.

Quelle che lui chiama Terra 2, Terra 3, Terra 4 e così via, altro non sono, infatti, che gli universi divergenti del mio ciclo su “Jacopo Flammer e i Guardiani dell’Ucronia”: mondi ucronici nati da una divergenza temporale, mondi in cui la storia ha preso un diverso corso.

Il protagonista Claudio non solo si sposta tra questi universi divergenti, ma viaggia anche nel tempo con la mente, ritrovandosi nel corpo di altre persone, come gli Antichi di Lovecraft. La cosa strana è che quanto lo fa il suo corpo si mescola con quello dell’ospite. In particolare, si ritrova in una preistoria di 75.000 anni fa (Jacopo Flammer invece arriva ben 750.000 anni indietro) e si trova a combattere con una tigre dai denti a sciabola, in un’epoca in cui l’uomo non aveva ancora completato l’estinzione dei grandi mammiferi.

I suoi viaggi nel tempo creano mondi ucronici come con l’attentato alla vita del Presidente Truman, poco prima che questi impedisse a McArthur di usare la bomba H, creando così l’universo divergente detto Terra 51.

Se di solito nelle storie sui viaggi nel tempo gli autori si preoccupano dei paradossi temporali e di rimettere a posto il tempo alterato, “Toba” e i miei romanzi hanno in comune la medesima visione: i viaggi nel tempo creano universi divergenti, ma non mutano quello di provenienza del viaggiatore, che continua a esistere.

Al centro della trama c’è una grande catastrofe, che si ripete nelle varie epoche: l’eruzione del vulcano Toba, cui, forse, nel passato l’umanità è riuscita a sopravvivere per un pelo senza estinguersi ma che potrebbe ripetere la sua azione apocalittica.

Nei suoi mondi paralleli, De Filippis immagina delle realtà che mi hanno ricordato quella della mia saga “Via da Sparta”, soprattutto per le case che si estendono sottoterra e per la critica del sistema matrimoniale monogamico (i matrimoni sono a scadenza ma possono essere prorogati e “qualcuno ha formulato, di vietare per legge la quarta proroga della stessa unione. Patrick pensa che sia utile, per evitare quella che è stata definita la “sindrome di Stoccolma” dei matrimoni, vale a dire la situazione nella quale uno dei due, succube dell’altro, accetti un prolungamento che in realtà non vuole”). Se in “Via da Sparta” si immagina una struttura politica molto diversa dalle attuali, anche in “Toba” troviamo un sistema meritocratico per l’elezione dei politici, con delle pagelle per le loro varie capacità.

Quando leggo di telepatia e di Talia, non posso non pensare a “La bambina dei sogni” e a “Psicosfera”.

Un’altra visione che condivido è espressa da De Filippis con questa frase “Noi cambiamo. Le cellule della pelle si rigenerano continuamente. Anche le ossa si dissolvono e si ricostruiscono a ciclo continuo, tanto che, dopo sette anni, non è rimasto neppure un frammento della struttura che avevamo prima. I ricordi scompaiono, le sensazioni si volatilizzano, le esperienze ci modellano continuamente: come possiamo pensare di essere la stessa persona di dieci anni fa o di un anno fa o anche di qualche minuto prima?” ricca di implicazioni narrative oltre che scientifiche.

Come finisce questo romanzo? In un libro con tanti mondi paralleli (meglio sarebbe dire divergenti) come potremmo avere un solo finale? Bruno De Filippis ce ne offre ben tre e conclude affermando, da buon ucronico alla “Slidding Door”: “Noi umani vogliamo sempre tutto ed il contrario di tutto e, scelta una strada, non facciamo che chiederci cosa sarebbe successo se avessimo preso l’altra.”

Bruno De Filippis

IL PIACERE DELL’UCRONIA

Ho appena finito di leggere, con grande piacere, il volume curato da Massimo Acciai Baggiani Architettura dell’ucronia” che porta il significativo sottotitolo“Invito alla lettura di Pierfrancesco Prosperi”, che è stato edito da Solfanelli a maggio 2022 nella preziosa collana Micromegas.

Il volume, presentato per la prima volta al Salone del Libro di Torino 2022, è una sorta di saggio antologico, come già era stato il precedente “Il sognatore divergente” (Porto Seguro, 2018) di Massimo Acciai Baggiani, nel senso che si compone di una breve Introduzione in cui il curatore parla del volume e del soggetto del testo: il prolifico scrittore prevalentemente di genere fantastico Pierfrancesco Prosperi. Fanno seguito poi una parte composta da alcune recensioni di Massimo Acciai Baggiani a opere di Prosperi, un’intervista di Acciai a questo grande autore ucronico con alle spalle quasi sessant’anni di pubblicazioni con editori grandi e piccoli, un terzetto di racconti, una quarta parte composta dei contributi di altri autori che scrivono di Prosperi e della sua opera e, infine una bibliografia completa e aggiornata dell’autore, che ne evidenzia la grande ricchezza.

Il piacere di questa lettura deriva, innanzitutto, dal conoscere io personalmente sia l’autore/ curatore del saggio, sia Prosperi, sia, in misura forse minore, molti degli autori che hanno dato il loro contributo (Donato Altomare, Carlo Bordoni, Adalberto Cersosimo, Gianfranco De Turris, io stesso ed Errico Passaro). L’impressione è quindi quasi di fare una chiacchierata tra amici. Sento le loro voci tra le pagine.

Se per me l’interesse è accresciuto dunque da questa conoscenza personale, credo che questo rimanga comunque alto per un qualsiasi altro lettore, sia per la grande e varia produzione letteraria di Prosperi la cui esplorazione mantiene sempre desta la curiosità e l’attenzione, sia per la qualità di tutti i testi che compongono il volume.

Se le singole recensioni credo di averle già lette prima in rete e riguardavano soprattutto opere prosperiane a me ben note, la mia curiosità è cresciuta leggendo la bella e ricca intervista dalla quale ho potuto scoprire aspetti di Prosperi che ancora non conoscevo e, persino, nuove e ulteriori comunanze d’interessi. Siamo, infatti, entrambi autori che hanno scritto molte ucronie (in merito ho avuto anche il piacere e un po’ la sorpresa di veder citato il mio nome svariate volte nell’opera e di questo ringrazio Acciai e Prosperi).

Come non ritrovarsi allora in affermazione di Prosperi come: “Ritengo che per scrivere in modo decente occorra non solo aver studiato (magari anche senza seguire corsi regolari e tradizionali) ma ancor di più aver letto moltissimo e continuare a leggere, per tutta la vita”. A me pare scontato, ma non lo è. Ci sono autori che, incredibilmente, non leggono!

Carlo Menzinger e Pierfrancesco Prosperi

Come non ritrovarsi quando Prosperi definisce l’ABC della fantascienza: Asimov, Bradbury e Clarke. Da questo ABC credo di essere partito anche io, così come condivido le basi italiane in Buzzati e Calvino. Basi queste per moltissime altre letture ovviamente, ma l’amore per la lettura è nato lì.

Bella, semplice e condivisibile anche la sua definizione di fantascienza: “Letteratura del possibile (come dal titolo della prima, mitica antologia di Solmi & Fruttero)”: A chi confonde i generi è anche bene ricordare, come fa lui, che “Il fantasy è impossibile per definizione, la sf ha una possibilità anche infinitesimale di verificarsi”.

Sui sottogeneri di ucronia ho già scritto in altre occasioni ma in quest’intervista Prosperi ne fa una interessante: “Ci sono due tipi di ucronia, quelle che non contemplano passaggi tra gli Universi paralleli, ovvero si limitano a descrivere una realtà alternativa non comunicante con la nostra (…) e quelle in cui gli Universi paralleli, benché paralleli si incontrano, perché qualcuno riesce a passare, magari involontariamente, dall’uno all’altro”. Su questo ci sarebbe molto da dire e qualcosa ne scrivo nel mio articolo, contenuto in questo volume “Il re dell’ucronia italiana” (come definisco il nostro Prosperi), osservazioni alle quali Prosperi risponde nel libro stesso.

Bella anche l’idea che l’automobile sia “Un’occasione di progresso sprecata”. Se volete sapere perché, leggete l’intervista.

E non vi trovate anche voi nella sua frase: “Sono stato in Francia (tre volte a Parigi a distanza di circa dieci anni, e ogni volta la trovavo diversa mentre le nostre città non cambiano mai)”. Ma perché siamo così refrattari al cambiamento? Perché appena abbiamo qualche novità urbanistica gridiamo allo scandalo, invece di rendere le nostre città qualcosa di vivo e progressivo?

Fulminante e di grande ispirazione la frase, una sorta di uovo di Colombo, “Israele, un Paese che non avrebbe dovuto esistere, uno Stato la cui stessa esistenza è fantascientifica”. Un’idea a cui non avevo pensato neppure quando scrissi il racconto ucronico “L’altra Gerusalemme” apparso su IF – Insolito & Fantastico n. 18, in cui, appunto, Israele non è mai esistita.

Ed eccoci ai racconti, tre perle. Nel primo, “Francesco è scomparso”, il protagonista vede sparire dalla sua vita il figlio, senza che nessuno ne ricordi più l’esistenza. Solo il primo passo verso altro, ancor più sorprendente.

Di espressa ispirazione borgesiana è “Il computer di Babele” in cui una sorta di nerd appassionato dal racconto di Borges sulla biblioteca infinita, in cui sono contenuti non solo tutti i libri scritti, ma tutte le loro varianti e tutti i libri possibili, anche se privi di senso, decide di ricostruirla a casa sua,

Ritornano a volte” porta in un’ambientazione ucronica che vede una Firenze islamizzata il ritorno del celebre Mostro di Firenze, l’assassino di coppiette, che ha dato fiato a tante ipotesi e ispirato vari testi, tra cui ricorderei una mia recente lettura “Nelle fauci del mostro”, curato da Andrea Gammanossi, un’interessante antologia noir.

La maggior parte dei contributi sono di autori che ricordano Prosperi da molti anni, sia come persona e amico, sia come autore tra i più prematuri, avendo pubblicato per la prima volta, come, è qui spesso ricordato a quattordici anni, nel 1959, il racconto “Lo stratega” sulla rivista “Oltre il Cielo”. Come scrive Carlo Bordoni, a vent’anni aveva già un racconto tradotto e pubblicato in Giappone.

Da queste pagine, oltre a quanto già detto traspare la sua attenzione per la storia, i temi sociali e politici oltre che per il fantastico, la fantascienza e l’ucronia.

Due parole sul titolo: “Architettura dell’ucronia”, che sottende alcuni temi. Innanzitutto, fa riferimento al mestiere di Prosperi, Piero, per gli amici che ne scrivono qui, l’architettura e in particolare l’urbanistica, come emerge anche da alcuni suoi racconti (non molti) che risentono della sua formazione professionale (penso per esempio a quello contenuto nell’antologia “Accadeva in Firenze Capitale”, del Gruppo Scrittori Firenze, con cui di recente Prosperi ha collaborato in più occasioni, sebbene aretino). L’altra parola centrale del titolo è “ucronia”, non per nulla intitolo il mio articolo “Il re dell’ucronia italiana”, dato che, sebbene abbia sceneggiato fumetti (da Topolino a Martin Mystere), scritto fantascienza, gialli, horror e gotico, il suo genere prevalente appare proprio l’allostoria, la storia alternativa, il narrare come la storia avrebbe potuto essere e non è stata.

Massimo Acciai Baggiani e Pierfrancesco Prosperi – Febbraio 2020

Per scrivere ucronie, occorre, in effetti, una sorta di progetto architettonico, immaginare diversi sviluppi della storia e in questa struttura scrivere la narrazione. Mestiere che Prosperi ben conosce e che pratica con impegno e grande costanza, dote fondamentale di un autore per restare sempre attivo e prolifico come lui per decenni, producendo oltre 140 racconti e più di 40 romanzi, che ha pubblicato, un po’ con tutti, perché, come conclude PassaroPropseri è nel catalogo dei grandi editori, ma è anche e soprattutto il fiore all’occhiello di tanti marchi minori disdegnati da scribi con la puzza sotto il naso. Questo è il suo segreto, questo il suo esempio”.

Un autore, aggiungerei, sempre disponibile, pronto a lanciarsi in nuovi progetti per il gusto e il piacere di scrivere, senza domandare chi ci sarà con lui nell’antologia, chi la pubblicherà, che vendite avrà. Come solo chi ama lo scrivere e i libri in loro stessi può fare, come solo chi è consapevole di sé e non ha nulla da dimostrare perché la sua stessa esistenza dice tutto.

Ringraziamo, infine, Massimo Acciai Baggiani per averci consentito con questo suo nuovo volume di conoscere meglio uno caposaldo della letteratura italiana contemporanea.

IL SIGNORE DEI LUPI

L’ucronia è sia un modo per studiare la storia immaginandone sviluppi alternativi, sia un’occasione per raccontarli sotto forma di romanzo o racconto. Le divergenze storiche connesse al nazismo e al fascismo sono quelle più sfruttate dagli autori di ucronia. Basti pensare ai celeberrimi “La svastica sul sole” di Dick e “Fatherland” di Harris. Talora l’ucronia si mescola con la fantascienza e allora Turtledove nel ciclo “Invasione” fa interrompere la Seconda Guerra Mondiale da un’invasione aliena o Norman Spinrad immagina un Adolf Hitler divenuto scrittore di fantascienza in “Il Signore della Svastica”.

Altri esempi sono “Il complotto contro l’America” di Roth, “Il processo numero 13” di Pierfrancesco Prosperi, i film “Iron Sky” di Vorensola e “Bastardi senza gloria” di Tarantino, per finire con il mio racconto “Il pittore di Branau” (“Ucronie per il terzo millennio”, Liberodiscrivere 2007) in cui immagino che Hitler non sia bocciato alla scuola d’arte e prosegua le sue attività artistiche rinunciando alla politica.

Divergenze storiche del fascismo sono state scritte da Stocco (“Nero italiano”), Brizzi (“L’inattesa piega degli eventi”), Pierfrancesco Prosperi (“Il 9 maggio”), Davide Tarò (“Corazzata Spaziale Mussolini”), Michele Rocchetta (“Extrema Ratio” e “L’ombra del Duce”).

Che cosa potrebbe aggiungere allora “Wolf” (2016 – sottotitolo “La ragazza che sfidò il destino”) di Ryan Graudin a una simile produzione?

Aggiunge. Questa autrice del South Carolina, immaginando una Germania che ha invaso la Gran Bretagna e sconfitto la Russia con l’aiuto dei Giapponesi, vede Hitler ancora vivo nel 1956 e a capo di un Terzo Reich che domina l’Europa e non solo, costruisce sopra un’avventura vivace e appassionate. Anche in questo caso non mancano elementi fantascientifici, in quanto si immagina che i genetisti nazisti siano riusciti a creare dei mutanti in grado di assumere i connotati di altre persone. Il frutto di un simile esperimento è la piccola protagonista Yael che nel 1944 scappa da un campo di concentramento grazie a tale potere e viene poi reclutata dalla Resistenza per assassinare il Führer. Assume infatti l’aspetto di Adele Wolfe, ragazza che l’anno prima ha vinto la grande corsa motociclistica tra Berlino e Tokyo, sperando così, vincendo di nuovo, di avvicinare Hitler e assassinarlo.

La storia dunque non è semplice ucronia, ma, con tinte fantascientifiche, si snoda come romanzo di crescita adolescenziale e come romanzo ludico-sportivo con toni che mi hanno fatto pensare a “La lunga marcia” di King, a “Maze Runner” di Dashner, a “Hunger Games” di Collins, a “Player One” di Cline, a “Il gioco di Ender” di Scott Card o  a “L’unico sesso” di Linda Lercari.

Insomma, un’ucronia con la leggerezza di una letale corsa in moto tra ragazzi, che sanno essere più spietati degli adulti, come già insegnava “Il Signore delle mosche” di Golding.

Ryan Graudin

APOCALISSI E SUGGESTIONI FIORENTINE

La mia antologia di racconti “Apocalissi fiorentine” mi sta dando delle buone soddisfazioni. Con questo libro ho voluto raccontare momenti di crisi della storia della città, passati e futuri, per mostrare la fragilità del nostro mondo applicata a un contesto urbano. Spero si possa, comunque, considerare anche un libro divertente e piacevole. Lo arricchiscono le immagini realizzate dagli studenti della facoltà di architettura di Firenze.

Tra tutti quelli editi in Italia nel 2019, il racconto “Collasso domotico”, presente in questo volume, è stato scelto per l’antologia “Mondi paralleli” (Delos Digital) curata da Carmine Treanni e che riunisce, come recita il sottotitolo “Il meglio della fantascienza italiana indipendente 2019”. “Apocalissi fiorentine” è entrata in finale per il Premio Vegetti 2021 e l’antologia “Mondi Paralleli” ha vinto addirittura il Premio Italia!

E ora sta per uscire un intero saggio (autrice Chiara Sardelli, editore Solfanelli) dedicato a questi racconti: “Suggestioni fiorentine nella narrativa di Carlo Menzinger”!

Dopo che Massimo Acciai Baggiani mi aveva dedicato il volume “Il sognatore divergente” (Porto Seguro Editore, 2018), che analizza la mia produzione letteraria fino al 2018, sono stato dunque ora onorato da questo secondo saggio sulle mie opere.

Vorrei dunque ringraziare Chiara Sardelli e Massimo Acciai Baggiani per questo grande impegno, Carmine Treanni per aver selezionato il racconto, le giurie dei Premi Vegetti e Italia per il loro apprezzamento, i tre editori per aver pubblicato e sostenuto queste opere.

MAQUILLAGE UCRONICO PER FANTANAZISMO

Il Signore della Svastica” (“Iron Dream”, 1972) di Adolf Hitler… anzi, no, pardon, di Norman Spinrad (New York, 15 settembre 1940) è una scatola di cioccolatini dozzinali nascosta in una bella confezione regalo.

La confezione regalo sono la prefazione e la postfazione del romanzo, sicuramente le parti meglio riuscite. Con la prima si spiega ucronicamente che “Il signore della svastica è unanimemente riconosciuto come il capolavoro di Adolf Hitler il celebre scrittore di fantascienza morto a New York nel 1954. La genesi del romanzo, che precedette di poche settimane la morte dell’autore, è singolare come il contenuto del libro. Hitler scrisse la storia di Feric Jaggar, il signore della svastica, in una sorta di delirio allucinato.

Con la seconda, che si immagina scritta nel 1959 dopo la morte ucronica di Hitler, si fa un’analisi psicologica dell’autore (facendo emergere Hitler come un malato di mente) oltre a descrivere il nuovo contesto internazionale, conseguente alla divergenza ucronica della mancata ascesa al potere di Hitler, che nel 1919, dopo il fallimento del partito nazionalsocialista, emigra in America dedicandosi alla fantascienza, prima come illustratore e poi come autore: “L’Unione Sovietica tiranneggia l’Eurasia come un bruto ubriaco. La maggior parte dell’Africa subisce la sua influenza e le repubbliche del Sud America cominciano a sgretolarsi. Solamente quel grande lago nippo-americano che è il Pacifico si erge quale ultimo baluardo della libertà in un mondo che sembra destinato ad essere sommerso dalla marea rossa.”

L’idea di fondo è quella di un romanzo di fantascienza scritto da un Hitler americanizzato, ma ancora convinto delle sue idee di una razza superiore che debba dominare il mondo.

Norman Spinrad

La trovata è interessante e piuttosto buona, se non fosse che divergenze storiche connesse al nazismo e al fascismo sono quelle più sfruttate dagli autori di ucronia, prima e dopo di questo romanzo. Basti pensare ai celeberrimi “La svastica sul sole” di Dick e “Fatherland” di Harris. Poiché i nazisti di Spinrad si scontrano con degli alieni, appare inevitabile il confronto con la saga di Turtledove “Invasione”, opera notevolmente superiore, sia per la miglior caratterizzazione dei personaggi, alieni compresi, sia per la sua coralità, in cui tutte le parti in causa sono degnamente rappresentate, mentre nel romanzo Hitler-Spinrad la sola caratterizzazione degli alieni è di tipo fisico.

Altri esempi sono “Il complotto contro l’America” di Roth, “Il processo numero 13” di Pierfrancesco Prosperi, i film “Iron Sky” di Vorensola e “Bastardi senza gloria” di Tarantino.

Divergenze storiche del fascismo sono state scritte anche da Stocco (“Nero italiano”), Brizzi (“L’inattesa piega degli eventi”), Pierfrancesco Prosperi (“Il 9 maggio”), Davide Tarò (“Corazzata Spaziale Mussolini”), Michele Rocchetta (“Extrema Ratio” e “L’ombra del Duce”) per finire con il mio racconto “Il pittore di Branau” (“Ucronie per il terzo millennio”, Liberodiscrivere 2007) in cui immagino che Hitler non sia bocciato alla scuola d’arte e prosegua le sue attività artistiche rinunciando alla politica.

Adolf Hitler

Un Hitler scrittore non è ipotesi poi così campata in aria, avendo lui scritto quell’opera involontariamente surreale che è il “Mein Kampf” (nel volume troviamo persino una sua bibliografia immaginaria: L’IMPERATORE DEGLI ASTEROIDI, I COSTRUTTORI DI MARTE, ALLA CONQUISTA DELLE STELLE, IL CREPUSCOLO DELLA TERRA, IL SALVATORE DELLO SPAZIO, LA RAZZA SUPERIORE, L’ORDINE MILLENARIO, IL TRIONFO DELLA VOLONTÀ, DOMANI IL MONDO).

Pur non originalissime la prefazione e l’introduzione forniscono comunque un quadro suggestivo. Peraltro, la scelta di “dissociarsi” da Hitler fatta dal postfattore postumo (si immagina sia scritta nel 1959) evidenziando come l’opera sia frutto di una mente malata, mi ha lasciato piuttosto perplesso, come se lo stesso Spinrad fosse consapevole di aver scritto fantascienza dozzinale e cercasse di dire che l’ha fatto apposta, perché uno come Hitler non poteva certo scrivere meglio.

Così il fascino collettivo di questo romanzo di fantascienza scritto piuttosto male si rivela in una combinazione unica di fantasia, realizzazione politica, feticismo patologico e ossessione fallica, e nella malia che si crea osservando una mente strana, morbosa e completamente diversa dalla nostra che rivela se stessa senza esserne cosciente nell’illusione bizzarra che i suoi impulsi più violenti e perversi, lungi dall’essere causa di vergogna, siano princìpi nobili e nobilitanti giustamente abbracciati dal cuore dell’umanità” scrive lo stesso Spinrad nella postfazione.

Che sia scritto piuttosto maleemerge innanzitutto da:

  • la sovrabbondanza di scene di battaglia e guerra, che ho trovato assai poco coinvolgenti,
  • un assai poco originale uso di armamenti della Seconda Guerra Mondiale in un futuro lontano, su un mondo dominato da alieni; vediamo solo nel finale, con il trionfo del sogno eugenetico, una scienza un po’ più progredita;
  • la presenza di alieni (simboleggianti ebrei e sovietici) assai poco caratterizzati;
  • dalla scarsità di umorismo in un’opera che per le sue caratteristiche dovrebbe essere in qualche modo satirica;
  • dall’assenza di personaggi in cui immedesimarsi, con un eroe negativo quale Feric Jaggar, che non appare neppure abbastanza malvagio da renderlo antipatico, tutto preso a difendere il pianeta dagli alieni e a consegnarlo a Veri Uomini, Camice Grigie e SS.

Nella postfazione si fa notare come l’opera sia feticistica e piena di simboli fallici, a partire dalla Gran Mazza di Held, che Jaggar, novello Artù con novella Excalibur, è il solo a poter sollevare e usare, come le donne siano del tutto assenti e le SS, in un mondo alfine devastato e desertificato, si riproducano per clonazione (maschile).

Insomma, se volete stare al gioco di Spinrad e accettare che questo sia il romanzo di un esaltato, forse riuscirete ad apprezzarlo. Se il giochino, invece, non vi convincerà, forse vi verrà il sospetto che qualcuno (Spinrad o il suo editor) abbia preso un romanzo modesto e abbia avuto la (quasi) geniale trovata di infilarlo in una scatola (abbastanza) luccicante.

Peccato che il fiocco che lo chiude abbia un sapore anticomunista da Guerra Fredda, con questi russi cattivi che, senza Hitler, avrebbero conquistato il mondo. Figuriamoci se i russi si mettono a invadere un altro Paese! O no?

ALCUNI MIEI RACCONTI

Ieri mi sono arrivati due numeri della rivista Prospettive.Ing su cui scrivo sin dal primo numero. Si tratta di due numeri del 2021, quello di settembre, dedicato alla “Cognitive flexibility” e quello di dicembre sul “Follow-up”.

Il primo volume contiene il mio racconto “Passaggio per Fruchtbar”, il più lungo quelli da me scritti per la cosiddetta “Saga di Fruchtbar”, nonché quello cronologicamente inziale, in quanto racconta come i due protagonisti si ritrovino ad attraversare un worm-hole e a raggiungere un pianeta nuovo cui devono trovare un modo per adattarsi. Lo faranno con mutazioni genetiche su loro stessi.

Nel secondo volume si trova, invece, il mio racconto “Ireni e rane”, che si inserisce nella saga “Via da Sparta” e mostra un gruppo di mutanti anfibi. Il racconto non è un inedito assoluto dato che fu già pubblicato in esperanto (nella traduzione di Massimo Acciai Baggiani) su “Beletra Almanako”.

In questi giorni poi sulla rivista IF – Insolito & Fantastico dedicata al “Postumano” c’è la mia riflessione “Alla ricerca di una nuova casa” sui viaggi interstellari in fantascienza e non solo.

Il mio racconto “Il pescatore” su una Firenze post-apocalittica allagata è apparso sia sul numero di Febbraio de “Il salotto” sia a marzo su “L’Italia l’Uomo l’Ambiente”, entrambe riviste di Pro Natura Firenze.

Vari altri racconti spero usciranno presto in riviste e antologie.

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