Strani anni questi con cui è iniziato il decennio. Prima bloccati in casa per la pandemia, con l’economia in crisi per assenza di turismo, riduzione dei consumi, imprese chiuse, poi una guerra in Europa che sembra quasi sia la prima dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ma purtroppo non è per nulla così, persino in Ucraina già si era combattuto, ma anche in Bosnia, Kosovo, Cecenia e questo evitando di considerare atti bellici i numerosi attentati di varia matrice. La differenza sono le parti in causa e chi le sostiene, che sommano agli orrori di chi la guerra la subisce con morti, feriti e devastazioni gli effetti inusitati sulle tasche degli italiani e degli altri europei, che si apprestano a patire un gelido inverno russo con bollette di energia e gas e spese per riscaldamento alle stelle.
Ho appena finito di leggere lo splendido saggio “Il declino della violenza” di Pinker che, giustamente, sostiene che questa si sia ridotta enormemente in tutte le sue manifestazioni, anche quella bellica. Tra le tante cose, però, notava (il volume fu pubblicato nel 2011) che la cosiddetta Lunga Pace in Europa non sarebbe potuta durare ancora a lungo (statisticamente e storicamente parlando) e che il momento in cui le guerre iniziano e quello in cui finiscono non sono prevedibili, ma anche se la tendenza verso la pace è sempre più forte, questo non c’avrebbe esonerato da un nuovo importante conflitto europeo. Tra le possibili aree di crisi accennava ai rapporti tra la Federazione Russa e gli stati dell’ex-URSS.
Ebbene, eccoci qua, nel mezzo di questa invasione russa dell’Ucraina i cui sviluppi ed esiti restano ancora misteriosi. La Russia, ossessionata dall’idea dell’accerchiamento NATO e dell’avanzata di questa e dell’Unione Europea su quelli che un tempo furono suoi territori, volenterosa di riportare sotto l’ala di Mosca zone popolate da numerosi russi, ha sferrato un attacco che, si presume, immaginasse veloce, ma la comunità internazionale ha reagito come non aveva fatto nel caso di altre sue azioni in Georgia, Cecenia e nella stessa Ucraina, creando una drammatica situazione di stallo da cui appare difficile uscire.
In questo clima uno dei più importanti autori di genere ucronico e fantascientifico italiani, Pierfrancesco Prosperi, dopo aver scritto un racconto ispirato a queste vicende, ha pensato bene di chiamare a sé alcuni amici perché dessero ciascuno il proprio contributo narrativo.
Realizza così il volume “SLAVA UKRAÏNI!” con l’esemplificativo sottotitolo “9 Penne contro l’Orco”: “Poi mi è venuta l’idea di allargare il tiro, coinvolgendo altre penne, fantascientifiche e no, in un’Ùantologia partita col titolo provvisorio PENNE CONTRO L’ORCO, tanto per essere chiari, e poi diventata SLAVA UKRAÏNI!, dal grido di battaglia novecentesco che in italiano suona “Gloria all’Ucraina!”. Sarebbe stata, chiaramente, un’antologia di parte; non che non si potessero criticare gli ucraini, per carità, ma doveva essere ben chiaro chi era l’aggressore e chi l’aggredito” scrive lo stesso Prosperi nella sua introduzione.
Gli autori sono Massimo Acciai Baggiani, Renato Campinoti, Mauro Caneschi, Alberto Costantini, Alberto Henriet, Carlo Menzinger di Preussenthal, Thomas M. Pitt, Pierfrancesco Prosperi ed Erica Tabacco. L’editore è Tabula Fati. Acciai, Campinoti, Menzinger e Prosperi sono tutti membri dell’associazione culturale Gruppo Scrittori Firenze e già hanno collaborato tra loro in altri progetti.
Apre l’antologia Alberto Costantini con il suo “Nata il 24 febbraio” che ci mostra un “futuro allucinato e distopico” attraverso il diario di una ragazza nata il giorno in cui è iniziata la guerra e che ora vive in un’Italia e in un Europa soggiogate e in perenne stato di guerra.
Ho avuto l’onore di essere uno degli autori di questa raccolta e il mio “Ucronie ucraine” è il secondo della serie. Amo spesso usare allitterazioni nei miei titoli e questa volta ci stava proprio bene dato che vi si racconta di uno scienziato ucraino, fervente patriota, che, nel 2222 cerca di liberare la sua patria dal bisecolare dominio russo con strampalati e sempre più sfortunati viaggi nel tempo che creano universi ucronici distopici fino a un ironico e surreale finale.
“Cuore di ghiaccio”, la “cinica e beffarda cronaca di Mauro Caneschi, intrisa di echi dickiani” (come scrive Prosperi) ci porta in un’estensione del conflitto che vede i russi avanzare in territorio polacco, in una strategia volta a “indurre i paesi alleati dell’Ucraina ad accogliere ondate gigantesche di profughi che ne piegavano la logistica e le risorse”, mentre “L’Ucraina era una distesa di macerie”.
A proposito del racconto del curatore, “Il mio processo come criminale di guerra”, lascerei la parola allo stesso Prosperi che così ne parla nell’introduzione “Ribaltando la situazione, ho immaginato che gli americani, occupata inopinatamente Mosca in un prossimo futuro grazie al solito virus, sottopongano a processo il Presidente e il governo russo per i crimini di guerra commessi durante l’invasione del confinante paese di Ukronia, ottenendo dalla difesa di questi personaggi risposte e argomentazioni surreali e non troppo dissimili da quelle usate nei mesi scorsi dalle fonti ufficiali moscovite”.
Il conflitto immaginato è quanto mai duro con “una serie di incendi di origine chiaramente dolosa” che “ha devastato il principale istituto di ricerca sulle armi biologiche ad Aralsk, scatenando un virus che in pochi giorni ha sterminato tra i dieci e i quindici milioni di persone tra bambini e adulti” e sebbene si svolga nel Paese immaginario di Ukronia, i riferimenti alla storia attuale sono evidenti. Quando il conflitto pare volgere a favore degli americani, tutto cambia a sorpresa.
Ne “La guerra di Aleksej” di Alberto Henriet, il conflitto si mescola con il sadismo di chi la combatte in prima persona. Come scrive l’autore, “Aleksej ha trentadue, ed è russo. Fa parte di un gruppo paramilitare di estrema destra di San Pietroburgo, il Rusich. Combatte come volontario nell’operazione militare speciale, lanciata da Putin in Ucraina il 24 febbraio 2022. È un ufficiale al comando di giovani soldati totalmente inesperti”. “Aleksej il lupo del Rusich, è un gran figlio di puttana. Non è un militare, ma una bestia sadica. Continua ad andare in quel fottuto capanno. Per torturare Viktor, il soldato gay di Kiev.”
Uno dei suoi militari dice “Col mio blindato, a volte Aleksej mi costringe a schiacciare auto di civili ucraini, uccidendoli senza una ragione militare apparente. Il loro unico torto è di trovarsi sulla mia traiettoria.”
In “Una cinica decisione” di Thomas M. Pitt gli alleati dell’Ucraina si interrogano su come sbloccare una situazione che pare ormai senza vie d’uscita.
La sola autrice donna del volume, Erica Tabacco, giustamente, dedica il proprio “Bersaglio numero 2” a un’immaginaria eroica First Lady ucraina, vittima di un drammatico attentato.
Massimo Acciai Baggiani nel suo “Osservatore”, che vede protagonista una bambina, fa intervenire nel conflitto un utopistico alieno, lanciando una speranza di pace.
Ecco poi, a chiudere il libro, un insolito Renato Campinoti in veste fantascientifica, che immagina in “Il passato non è mai morto” gli sviluppi del conflitto nel 2024 e i nuovi assetti politici del pianeta.
Insomma, un’immagine spesso drammatica e dura dei possibili sviluppi futuri di questo conflitto devastante, con racconti scritti con impegno, partecipazione ma non privi di ironia, perché anche nelle tragedie è lecito sorridere o fare della satira e questo non abbassa il tono di un messaggio politico forte di condanna di un conflitto che questo XXI secolo e quest’Europa (che pareva aver ormai imparato la lezione dopo due conflitti mondiali), non avrebbero mai dovuto vedere.