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UN FANTASMA STORICO FUGGITO DALL’INFERNO DANTESCO

Il mistero di Branca Doria – Alessandra Casati

Nel IX cerchio dell’Inferno di Dante, in un grande lago ghiacciato i traditori degli ospiti scontano la loro pena, immersi nel ghiaccio, le loro lacrime gelano, impedendo ad altre lacrime di fluire e causando loro immensa sofferenza. Tra questi troviamo il nobile genovese, Brancaleone Doria, detto Branca. A lui Alessandra Casati dedica un intero romanzo “Il mistero di Branca Doria” (Porto Seguro, 2017), che lo vede protagonista. L’espediente narrativo è fantastico, in chiave quasi dantesca. L’autore si rivolge in seconda persona a un nostro contemporaneo che s’imbatte nel fantasma di Branca Doria. Lungi dal fuggirne via, intavola una discussione e il genovese gli

Alessandra Casati

racconta così la sua intera vita. Vita di scontri, battaglie, intrighi politici, violenza, ma anche di un uomo che difende e protegge una famiglia che, anno dopo anno, si accresce.

Il romanzo, molto ben documentato, ci rende un Branca Doria quanto mai vivido, una trama ricca di avventure ed eventi, che rendono la lettura piacevole.

La copertina realizzata dall’editore si nota per l’originalità in quanto non riporta alcun testo, a parte il nome della casa editrice, né il titolo, né il nome dell’autrice.

TERRORISMO, VIOLENZA E STALKING

Laura Gronchi è un’altra autrice della “scuderia” della fiorentina Porto Seguro, di cui ho già letto molti volumi. L’ho conosciuta virtualmente in occasione della Fiera del Thriller e del Noir, organizzata on-line dal Collettivo Scrittori Uniti.

ioleggopisano: il 'diario' di Laura Gronchi - Cosa Fare - lanazione.it
Laura Gronchi (Pontedera – Pisa, 1967)

Il suo romanzo “Ossessione” si può dunque definire un noir, anche se prevalgono i temi dei rapporti umani tra i personaggi, le ambientazioni africane, il terrorismo internazionale di matrice islamica, il peso della memoria di un rapimento terroristico, violenze domestiche e stalking.

La storia è breve ma intensa, ricca di temi, e scorre via veloce, senza annoiare.

Ossessione - Porto Seguro Editore

SE ZUCKERBERG FOSSE UN ALIENO

Mark Zuckerberg ha donato 13,6 milioni alla ricerca - Periodico Daily

Mark Zuckerberg

Quando durante una presentazione collettiva di autori della casa editrice Porto Seguro (i cosiddetti Porto Seguro Show) ascoltai una brevissima descrizione del romanzo “Social control” (sottotitolo “La verità di Tim Works”) di Lamberto Burgassi mi feci l’idea che fosse quasi un saggio sulle “devices” (termine spesso usato in tale occasione) o quanto meno un romanzo che mettesse in guardia dall’uso inconsulto di tablet, smartphones e PC da parte dei bambini.

Quello che mi sono trovato a leggere è stata piuttosto una storia di fantascienza “con” bambini (direi, piuttosto che “per” bambini), in cui un fanciullo della scuola primaria si trova a fronteggiare, con ben pochi alleati, un’invasione aliena attuata tramite il “Social control”, permesso da un uso pervasivo degli strumenti informatici e del web, dove al posto di Facebook abbiamo una cosa assai simile chiamata Ferguson e allo stesso modo sono mascherati i nomi di altri prodotti elettronici.

Forse, in definitiva, “Social control” è proprio quello che mi ero immaginato all’inizio, ma sotto forma di metafora, in quanto il rischio (reale) di un uso inconsulto del web è qui amplificato dall’idea che sia favorito da degli alieni, per motivi loro di colonizzazione del nostro pianeta, attuata tramite l’indottrinamento, soprattutto delle giovani generazioni, avvalendosi in questo del supporto della scuola e dei docenti (conniventi o alieni mascherati).Amazon.it: Social control. Le verità di Tim Works - Burgassi, Lamberto -  Libri

Certo, suona un po’ strano che questo bambinetto riesca quasi da solo a mettere in crisi un piano che scopriamo avere origini che affondano indietro nel tempo per millenni e, in questo, c’è forse la volontà dell’autore di fare un prodotto rivolto alla stessa fascia d’età del protagonista Tim Works, un ragazzino considerato un po’ turbolento e che è poco gradito ai propri insegnanti.

L’altra peculiarità di questa storia è che è stata ambientata in un passato recente, in cui lo sviluppo del web era ancora ai primordi e se ne immagina la crescita esponenziale, poi avvenuta, come una previsione per un (tetro) futuro di “Social control”.

 

AVVENTURE SULLE PERIGLIOSE STRADE TOSCANE

20° Puntata -UN LIBRO CON TE - YouTubeKiller on the road” (Porto Seguro, 2018) è un thriller di Patrizia Torsini (già autrice di “Acqua alla gola”), che partendo dalla testimonianza casuale da parte di due ragazzi di un duplice omicidio, ci porta in un giro per la Toscana che è un po’ anche romanzo “on the road”, se non fosse che il viaggio si snoda nel mondo del narcotraffico, della prostituzione e del riciclaggio di denaro.

Del romanzo “on the road” mantiene, però, gli incontri casuali, la scoperta di nuove amicizie e nuovi amori, nonché di un territorio che, qui, è la Toscana, dove il mistero dei suoi antichi abitatori, gli etruschi, aleggia sullo sfondo con piccole suggestioni fantascientifiche. La Toscana che ci mostra non è quella di Firenze e dei centri turistici più noti, ma è tutta da scoprire. Questo secondo romanzo della Torsini è anche occasione per sottolineare alcune problematiche ambientali come il progetto di cementificazione della Val di Lima, contro cui si battono alcuni Amazon.it: Killer on the road - Torsini, Patrizia - Libripersonaggi. Tra le pagine ritroviamo una grande passione dell’autrice: il kayak.

Il titolo si ispira a una canzone dei Doors che ritorna ossessiva nella mente di uno dei protagonisti.

La storia si dipana da Prato verso Lucca e sorprende un po’ vedere una Toscana così “pericolosa” e malata, ma, in fondo, se la fantascienza può e deve far atterrare i dischi volanti a Lucca, perché il thriller non dovrebbe far parcheggiare i narcotrafficanti a Prato?

Patrizia Torsini ha pubblicato in questi giorni il nuovo, terzo, romanzo “L’importanza di chiamarsi Bloody Mary”.

ITALIANI NELLO SPAZIO

UN LIBRO CON TE CON MARIO RAGIONIERI 16 ottobre 2019 - YouTubeChi legge poca fantascienza tende spesso a confonderla con la space opera (l’epopea spaziale o epica spaziale) che, in realtà ne sarebbe solo un sottogenere, ambientato tipicamente nello spazio esterno, caratterizzato dall’avventura romantica e spesso melodrammatica con viaggi interstellari e, non di rado, battaglie spaziali, in immensi universi spesso dominati da imperi galattici (come ci spiega wikipedia). La fantascienza offre molti altri scenari.

Nell’ambito della space opera appare assai frequente l’incontro con alieni umanoidi. Basti pensare alla celeberrima saga Star Trek o a Star Wars (seppur caratterizzata da una maggior varietà di tipologie aliene).

Personalmente credo altamente improbabile incontrare alieni antropomorfi. Sono certo che la natura ha molta più fantasia di noi e dubito che eventuali razze intelligenti abbiano fattezze simili alle nostre. Dubito anche che le razze intelligenti debbano diventare per forza razze tecnologiche. Come ho già scritto penso, anzi, che le specie tecnologiche siano condannate a una brevissima esistenza, cosa che le rende particolarmente rare.

Mario Ragionieri, fiorentino della scuderia di Porto Seguro, è un autore assai prolifico ma che si diletta abitualmente nello scrivere corposi saggi storici sugli ultimi secoli. Lessi, per esempio, un suo studio sui rapporti tra Togliatti e Stalin.

Tra un saggio e l’altro, Ragionieri si dedica talora anche alla fantascienza, di cui si professa cultore.

Ho letto così il suo “Viaggio nel cuore del sistema di Antares” (Porto Seguro Editore, Ottobre 2018) che rientra appunto nella space opera con alieni antropomorfi.

Il romanzo ha molto di Star Trek o di Spazio 1999, con il continuo passare di questa nave da esplorazione da un mondo sconosciuto all’altro, incontrando ogni sorta di ominidi, da quelli tecnologicamente evoluti a quelli che vivono come cavernicoli. Certo le differenze tra loro e noi non sembrano essere molte, se ogni tanto nasce persino qualche rapporto erotico. Più che far l’amore, i nostri astronauti direi però che pensano a far la guerra. Su ognuno dei numerosissimi mondi visitati non mancano occasioni per sparatorie, incendi (strano nello spazio vuoto!) e scontri di ogni tipo con armi laser o di altro genere.

Come Ragionieri ricorda ripetutamente, la nave spaziale è armatissima e si trova assai spesso coinvolta in pesanti Viaggio nel cuore del sistema di Antaresscontri militari con varie razze aliene. Siamo nel 2287 e l’umanità è ormai in grado di padroneggiare i viaggi nell’iperspazio, anche se spesso vediamo i nostri esploratori muoversi alla velocità di 70.000 chilometri al minuto tra un pianeta e l’altro, affrontando ominidi cannibali o variamente aggressivi. Sebbene gli umani cerchino sempre di lanciare messaggi di pace, lo fanno assai goffamente, come quando bombardano, a mo’ di saluto, una nave aliena, facendola oscillare pericolosamente e poi si stupiscono che il loro saluto sia confuso con un atto ostile.

Ho più volte scritto (a proposito, per esempio, de “L’enigma di Pitagora”, “Fantaetruria” o “Apocalissi fiorentine”) che gli autori italiani di fantastico dovrebbero cercare di ambientare le loro storie nel proprio Paese. Ragionieri è andato oltre questo proposito. Su questa nave i personaggi hanno tutti nomi italiani (il protagonista si chiama Mario come l’autore): insomma, sembrerebbe che l’autore, patriotticamente, immagini che tra 267 anni avremo un’Italia superpotenza spaziale! Se gli italiani già ora si possono incontrare in ogni parte del pianeta, sembrerebbe che in questo futuro saranno ovunque nella Galassia! Italia ovunque! (per parafrasare il titolo di un’antologia cui partecipo, di prossima pubblicazione). E mi viene in mente il film “Fascisti su Marte” (2006) di Corrado Guzzanti e Igor Skofic.

E voi che ne dite? Credete negli alieni antropomorfi? Ci saranno italiani fuori del sistema solare?

LE DISAVVENTURE DI UN IMPRENDITORE

IL PRECIPIZIO Marcovalerio Bianchi, Porto Seguro editore - YouTube

Massimo Acciai Baggiiani e Marcovalerio Bianchi

Di Marcovalerio Bianchi, autore della vivace casa editrice Porto Seguro, guidata da Paolo Cammilli, avevo già letto “Le cinque vite di Simone Bosco”  (PSE, 2018), opera che affrontava il tema delle “sliding-doors” e delle vite alternative.

Il nuovo romanzo di questo autore fiorentino, classe 1966, membro del Gruppo Scrittori Firenze, si chiama “Il precipizio” (PSE, 2019) ed ha poche cose in comune con il primo: innanzitutto le dimensioni. Entrambi sono volumi piuttosto poderosi e, devo confessare, che affrontare “Il precipizio”, dall’alto delle sue 566 pagine, un po’ mi ha intimorito e mi ha spinto a rimandare la lettura fino alla soglia di quest’estate. Eppure, nonostante le sue molte pagine l’ho letto con piacere e relativa velocità. Il romanzo, infatti, è densissimo di eventi, soprattutto disgrazie, di ogni tipo, che capitano in sorte al povero (si fa per dire, dato che è un miliardario) Giacomo.

La seconda cosa che hanno in comune credo sia l’esplorazione degli sviluppi dell’esistenza di un uomo.Amazon.it: Il precipizio - Bianchi, Marcovalerio - Libri

Non voglio spoilerare, ma in estrema sintesi, Bianchi ci racconta di come possa mutare la vita di un giovane uomo, ricchissimo, con un’azienda di successo, una seconda moglie che ama, dei figli con cui ha un buon rapporto, quando la sorte non arride. Inutile che vi dica che non si tratta di semplice sfortuna. Non sempre almeno.

Bianchi ci porta in giro per questo mondo di ricchi, di finanza, di yacht, di viaggi importanti, facendoci però capire che la felicità non è lì che va ricercata.

Si rimane incollati alle pagine con il desiderio di sapere come se la caverà il nostro Giacomo.

Forse un po’ di cura dimagrante al volume avrebbe giovato, ma va bene anche così.

 

Trovo sempre interessante leggere i ringraziamenti finali dei romanzi. Credo che ci aiuti a sapere molto del modo in cui è nata un’opera. I grandi best-seller elencano spesso numerosi consulenti. Capirete la mia sorpresa quando in queste pagine finali, ho letto il mio nome, con un ringraziamento e delle parole forse immeritate:

Ringrazio in modo particolare Carlo Menzinger di Preussenthal, che ammiro molto per i suoi numerosi romanzi e anche per la sua generosità nell’avermi fornito utilissimi suggerimenti riguardanti alcuni passaggi chiave del libro”.

Colgo l’occasione per rispondergli:

«Di nulla, Marcovalerio, è stata ben poca cosa e comunque un piacere. Sono lieto di aver contribuito, nel mio piccolo, alla nascita di questa nuova opera, cui auguro ogni fortuna.»

 

QUEI PEDERASTI DI ALDO, GIOVANNI E GIACOMO

La pederastia nell’antica Grecia era uno strumento per l’educazione dei giovani, la cosiddetta “agoghé” e non certo la pratica aborrita dalla civiltà contemporanea. Il romanzo di Renato CampinotiNon mollare Caterina” si svolge su due piani. Nel primo troviamo la bella investigatrice Caterina che indaga su un giro di pedofili, nell’altro sentiamo dalla viva voce di uno di questi il loro punto di vista.

Dice, appunto, “E poi, dio io, che male c’è a provare soddisfazione con dei giovinetti? Quelli che si scandalizzano tanto l’hanno studiata un po’ di storia? I Greci prima e poi i Romani, gli Imperatori, per intenderci, avevano il loro giovinetto imberbe con cui sollazzarsi per qualche ora” e c’avrebbe pure ragione, storicamente parlando, anche se costringere un ragazzino a fare sesso o a anche solo convincerlo a farlo con degli adulti è, in realtà una forma di violenza, psicologica e fisica, che forse neppure gli antichi spartani o ateniesi avrebbero accettato.

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Renato Campinoti (Certaldo, 1948)

Campinoti non si limita denunciare la diffusione di un fenomeno che trova nel web un nuovo strumento per diffondersi, ma anche un certo modo di approcciare la vita sociale, fatto di corruzione e prevaricazione, dove chi ha i soldi e il potere si può permettere di tutto, non per nulla, il nostro pedofilo conclude sempre i suoi monologhi con frasi tipo “Ma, ripeto, ce lo potevamo permettere”. Spendono, infatti, per accedere a questo giro di bambini e bambine, pagano per insabbiare le indagini, pagano per corrompere la giudice, pagano per togliere di mezzo chi si mette tra i piedi, pagano per tirar fuori di galera quello dei tre che rimane incastrato, ma il loro mantra è sempre lo stesso, abbiamo pagato, ma che importa, “ce lo possiamo permettere”, quasi che il solo fatto di poter fare qualcosa autorizzi a farlo, come se la morale passi in secondo piano rispetto ai soldi e ai mezzi per realizzare ciò che si vuole o, anzi, non esista proprio.

Si possono permettere tutto, ma non di farsi scoprire, loro che sono importanti figure del mondo professionale, e quindi tra di loro usano nomi falsi. Si fanno chiamare Aldo, Giovanni e Giacomo, come il famoso trio comico, anche se non c’è molto di comico nelle loro azioni.

Riescono a mettere più volte in difficoltà la bella Caterina, ma la poliziotta è perspicace e, soprattutto, “non molla” e riesce a entrare in empatia con le vittime.

Nel corso delle indagini, è dirottata su un altro caso, l’omicidio di una madre e della figlia, ma poi torna sulle tracce di Aldo, Giovanni e Giacomo, che si mettono a giocare sempre più pesante.

Il volume, edito da Porto Seguro, è il primo romanzo di questo autore, membro del GSF Gruppo Scrittori Firenze, che già aveva pubblicato con lo stesso editore fiorentino due raccolte di racconti e che ha dimostrato qui di sapersi muovere bene anche in opere di più ampio respiro.

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Il trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo

UN RIFUGIO UTOPISTICO CONTRO IL SURRISCALDAMENTO GLOBALE

L'ultimo rifugioC’è una nuova etichetta che è da poco più di un decennio è attribuita a una parte della fantascienza: “climate fiction”. Si tratta di storie che parlano delle problematiche legate alle variazioni climatica, in primo luogo il surriscaldamento globale, generato dal buco nello strato di ozono che protegge la nostra atmosfera, ma anche il suo opposto, ovvero improvvisi congelamenti del pianeta. La “climate fiction” puoi, poi, estendersi agli effetti collaterali del clima, come la perdita di biodiversità (vera emergenza della nostra civiltà), l’innalzamento del livello dei mari, gli incendi, la desertificazione e così via. A sua volta, può considerarsi parte dell’eco-fiction.

Persino nella mia ultima antologia “Apocalissi fiorentine” ci sono alcuni racconti che si potrebbero far rientrare nel genere e l’intero volume vuol essere un tentativo di portare vicino alle persone (parlando di una città italiana) le fragilità ambientali e, nello specifico, urbane.

Piero Dolara ha scritto un romanzo, “L’ultimo rifugio” (sotto titolo “Armageddon”, nel volume si parla, giustamente, spesso di warmageddon), che rientra a pieno titolo nella “climate fiction”.

Immagina, infatti, che in un futuro inquietantemente prossimo il 2029, le scorte alimentari della Terra si esauriscano per effetto, appunto, del surriscaldamento e che l’intera civiltà umana collassi.

Editor del volume, pubblicato da Porto Seguro, è stato Massimo Acciai Baggiani, che un giorno mi ha chiesto, per quale motivo sia Dolara, sia io nel mio racconto “La giusta paura”, di prossima uscita sulla rivista “L’area di Broca”, avessimo scelto il 2029 come anno per eventi similmente drammatici.

Nel mio caso è stato solo il desiderio di mostrare come l’emergenza climatica sia un problema attuale, nostro, e non di generazioni future. Posso immaginare che lo stesso valga per Piero Dolara.

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Piero Dolara

Il romanzo mescola questa situazione distopica con la creazione del tutto utopistica di una comunità di artisti e uomini di ingegno vario, che si è riunita in grandi grotte sui Monti Sibillini, vicino Roma, per preservare la cultura umana. Come antichi monaci atei, riproducono opere esistenti ma cercano anche di produrne di nuove, soprattutto in campo musicale e pittorico. Lo stesso ultimo rifugio è stato realizzato da un grande architetto, dando sfoggio di inventiva.

Questo volume andrebbe fatto leggere a chi sostiene che la fantascienza si dimentica troppo spesso dell’arte, come è stato di recente sostenuto in un convegno a Stranimondi (Milano, 12-13 ottobre 2019, “Michelangelo e la luna. Perché le arti hanno un ruolo così marginale nella fantascienza?”, relazione di Franco Ricciardello): è vero, ma ci sono delle eccezioni.

Incredibilmente questa comunità utopistica sopravvive per anni senza avere quasi contatti con l’esterno e senza saperne nulla. Quando, finalmente, si decideranno a uscire dal loro rifugio, scopriranno un mondo assai diverso da come lo avevano lasciato.

Da leggere per riflettere sul futuro e su quello che stiamo facendo (o non facendo) per il nostro pianeta.

 

illustrazione di Valentina Pellizzari, tratta da “Apocalissi fiorentine”.

PISA BOOK FESTIVAL E ALTRI EVENTI

Gli ultimi giorni sono stati tutti una successione di eventi letterari, che mi hanno visto coinvolto in vari modi.

Venerdì 8 Novembre 2019 sono stato ospite dell’Associazione Arcobaleno (Firenze) per la presentazione del volume collettivo “Perché non siamo fatti per vivere in eterno?, curato da Massimo Acciai Baggiani, con la partecipazione di 11 autori, e i cui proventi vanno all’associazione stessa. È stata per me occasione per raccontare le mie esperienze di scrittura collettiva e le diverse tecniche di coordinamento usate in tali occasioni. “Perché non siamo fatti per vivere in eterno?” è stato, per esempio scritto con la tecnica del round robin, ovvero ogni autore riprende quanto scritto dagli autori precedenti e lo sviluppa. Tra gli undici autori c’è anche un misterioso K. Von Zin.

Poiché il romanzo presentato era  una storia di vampiri, ho anche fatto un piccolo approfondimento sulle motivazioni che spingono, a mio avviso, oggi gli autori a scrivere storie di licantropi e vampiri, riprendendo quanto da me scritto ai tempi della pubblicazione del volume collettivo illustrato da me curato “Il Settimo Plenilunio” (Ed. Liberodiscrivere, 2010). Da una parte credo che le creature della notte rappresentino un po’ la paura del diverso e siano espressione delle perplessità verso l’arrivo di “migranti”, dall’altra, credo che il successo del genere presso gli adolescenti deriva dal fatto che i giovani vivono in tale fase un forte mutamento e provano una sorta di paura-attrazione verso l’adulto che emerge in loro, che ricorda in qualche modo la mutazione in lupo del licantropo o la trasformazione in vampiro di chi è morso da uno di essi (non dimentichiamone le implicazioni sessuali a questo spesso connesse).

 

Paolo Ciampi e l’editore Luca Betti

Sabato 9 Novembre ero al Porto Seguro Show, che questo mese si è tenuto al Porto di Mare (Firenze). Come da consuetudine venivano presentati i nuovi autori del mese della casa editrice Porto Seguro, questa volta circa una ventina, più alcuni dei precedenti. Come di consueto, mi sono ritagliato un piccolo spazio per presentare la mia trilogia ucronica “Via da Sparta”, che descrive le avventure di una giovane schiava violentata e incinta in fuga attraverso un presente distopico in cui Sparta domina il mondo e la cultura ateniese è stata cancellata. A luglio, infatti, è uscito il terzo volume della saga “La figlia del ragno”. L’editore Paolo Cammilli mi ha coinvolto in un dibattito pubblico sul mondo dell’editoria. Non ha, infatti, condiviso l’analisi fatta durante il recente

Gaia Rau, vanni Santoni e Alberto Casadei

incontro da me organizzato assieme a Barbara Carraresi, per il GSF Gruppo Scrittori Firenze presso l’ASD Laurenziana con Vanni Santoni sul tema “Come pubblicare con un grande editore”, tema poi approfondito nel successivo incontro “Riflessioni sull’editoria”. Cammilli, sostiene, infatti, che le grandi casi editrici prendono in considerazione gli autori solo dopo che hanno venduto grandi numeri e che questi si possono fare anche con case editrici come Porto Seguro e che, anzi, alcuni loro autori già hanno raggiunto vendite significative. Nell’incontro della Laurenziana era stato sostenuto, invece, che alle grandi case editrici, si passa solo arrivando da certe riviste letterarie e da queste a case editrici di un  certo tipo.

 

Domenica 10 Novembre sono stato a visitare il Pisa Book Festival assieme a Massimo Acciai Baggiani, che ha già scritto un ampio resoconto della nostra giornata, cui rimando per chi ne volesse sapere di più. In sostanza, a parte il giro degli stand, soprattutto di case editrici di media e piccola dimensione, ho partecipato a quattro incontri, la presentazione dell’antologia di climate fiction “Antropocene” curata da Roberto Paura e Francesco Verso (era presente quest’ultimo); la presentazione della nuova antologia di racconti del poeta della narrativa di viaggio Paolo CiampiTra una birra e un racconto”; la presentazione dell’ultimo giallo di Vichi da parte del giallista Leonardo Gori (di recente incontrato alla relazione di Sergio Calamandrei sulla “Struttura nascosta del giallo e del noir”, tenuta alla Laurenziana per il GSF) e, infine, la presentazione del nuovo romanzo familiare di Vanni SantoniI fratelli Michelangelo”, edito da Mondadori, e della riedizione del romanzo “Gli interessi in comune” con Laterza (la prima edizione era Feltrinelli).

Con l’occasione ho conosciuto gli autori del Collettivo Scrittori Uniti e Claudio Secci è stato così gentile da farmi intervistare da Chiara De Muro

Francesco Verso

Massimo Acciai Baggiani e Carlo Menzinger di Preussenthal

Arrighetta Casini, Vincenzo Sacco e Clara Vella

 

Lunedì 11 Novembre mi sono recato presso la SMS di Rifredi dove le professoresse Clara Vella e Arrighetta Casini tenevano il loro consueto incontro letterario del lunedì e presentavano il nuovo romanzo di Vincenzo Sacco, già presidente del GSF Gruppo Scrittori Firenze,  “L’uguaglianza delle ossa”. Il romanzo giallo ambientato nella Napoli di fine XVIII secolo, ci porta nel mondo dei lazzeri napoletani. Ne avevo già una copia, che spero di leggere presto. Di Sacco, ho  apprezzato di recente “Come la sabbia nel deserto”.

 

Martedì 12, Vanni Santoni, reduce dal Pisa Book Festival, è stato di nuovo ospite del GSF Gruppo Scrittori Firenze presso l’ASD Laurenziana, questa volta per presentare, da me intervistato, i medesimi libri appena illustrati a Pisa “I fratelli Michelangelo” e “Gli interessi in comune”. Santoni c’ha raccontato come i personaggi de “Gli interessi in comune” si siano nel tempo sviluppati in altri tre romanzi e abbia quindi sentito l’esigenza di riproporre la storia di partenza. “I fratelli Michelangelo” sono, invece, un grande affresco familiare nel quale Santoni racconta di un padre con cinque figli, avuti da quattro madri diverse, che non si conoscono tra loro e, ormai adulti, sono chiamati a incontrarsi, per motivi misteriosi, da questo padre assente. È occasione per parlare di paesi diversi, spostando la scena in varie parti del mondo, e per descrivere il nostro tempo, così svuotato d’ideali. Il tema della droga, centrale ne “Gli interessi in comune”, come momento di sperimentazione ed esperienza, ritorna qui soprattutto nella sua accezione economica. Anche l’India che vi compare è più un contesto economico sociale, che non il mondo in cui nel secolo scorso, si andava alla ricerca di sé, di nuovi cammini spirituali o di esperienze con sostanze stupefacenti.

Come evidenziavo durante l’incontro, mi sono riletto la mia recensione del 2008 della prima edizione de “Gli interessi in comune”, dove concludevo: “E segnatevi questo nome: Vanni Santoni, perché ne sentirete parlare presto ancora”. Credo di non essermi sbagliato.

Carlo Menzinger presenta Vanni Santoni

Infine, ieri, mercoledì 13, sono stato ospite della più antica associazione ambientalista italiana, Pro Natura, di cui sono membro, per presentare il mio nuovo romanzo, pubblicato con il Gruppo Editoriale Tabula Fati, con marchio World SF Italia, uscito in occasione del festival Stranimondi 2019 di Milano, “Apocalissi fiorentine”.

Massimo Acciai Baggiani presenta “Apocalissi fiorentine” di Carlo Menzinger

Introdotto dal presidente di Pro Natura Firenze, Gianni Marucelli, Massimo Acciai Baggiani, già autore della mia biografia letteraria “Il sognatore divergente”, ha fatto un excursus sulle mie opere precedenti e introdotto il volume.

Era presente anche il professor Marcello Scalzo, curatore delle immagini che arricchiscono il volume con rielaborazioni grafiche della città di Firenze, che ha illustrato il progetto grafico portato avanti con i suoi studenti per vari anni, di cui il volume riporta solo una selezione.

Apocalissi fiorentine” è un’antologia di racconti distopici che, in ordine cronologico, affronta momenti di crisi della città di Firenze, dalla sua fondazione a un futuro immaginario, con l’intento di evidenziare la fragilità della storia, delle città e del mondo nel suo insieme, in una sorta di piccolo campanello d’allarme per le tante problematiche che ci minacciano, quali perdita di biodiversità, surriscaldamento, deforestazione, desertificazione, inquinamento, tensioni sociali, terrorismo, guerre. Il volume si muove così tra ucronie, fantascienza, climate fiction e surreale.

La serata è stata intensa e le tematiche affrontate hanno scatenato un acceso dibattito.

Carlo Menzinger intervistato da Chiara Di Muro

Come risultato di queste intense giornate letterarie, la già lunghissima lista dei libri da leggere si è arricchita di nuovi volumi che vanno ad aggiungersi ai miei scaffali (per fortuna che ora leggono soprattutto e-book, perché gli spazi vanno scarseggiando):

  • Lamberto Burgassi – Social control – La verità di Tim Works – PSE
  • Renato Campinoti – Non mollare Caterina – PSE
  • Marcovalerio Bianchi – Il precipizio – PSE
  • Vincenzo Sacco -L’uguaglianza delle ossa – PSE
  • Roberto Paura e Francesco Verso, a cura di – Antropocene – Future fiction
  • Jean-Pierre Filiou – Le apocalissi nell’Islam – O barra O Edizioni
  • Paolo Ciampi – Tra una birra e una storia – Betti
  • Vanni Santoni – I fratelli Michelangelo – Mondadori
  • Alberto Pestelli – Un etrusco tra i nuraghes – Vol. III – Youcanprint

Oggi poi mi è arrivato per posta anche:

  • Pierparide Tedeschi – La mutazione – Edizioni Solfanelli

Di seguito i link ai video:

Chiara Di Muro intervista Carlo Menzinger al Pisa Book Festival

Presentazione di Apocalissi fiorentine

Presentazione di “Perché non siamo fattio per vivere in eterno?”

SCRIVERE IN UNDICI

Perchè non siamo fatti per vivere in eterno?I modi per collaborare in un’opera di narrativa possono essere molti. Da quando c’è il web, credo che la tentazione di scrivere assieme per gli autori sia aumentata, essendo più facile sentirsi, scambiarsi idee e testi. Non per nulla ricordo di aver tentato già all’inizio degli anni ’90 a scrivere qualcosa in una dozzina di autori. Gestire un numero così elevato di teste nella realizzazione di un’opera unitaria è tutt’altro che facile e, all’epoca non riuscimmo a realizzare nulla. Erano però gli anni di Luther Blisset e poi di Wu Ming e questi esperimenti qualcosa partorivano. Io stesso nel 2007 pubblicai un romanzo scritto in tre e illustrato da 17 artisti (“Il Settimo plenilunio”) e un’antologia di cose scritte a quattro mani (“Parole nel web”). Devo dire che nel caso de “Il Settimo plenilunio” ci fu molto lavoro preparatorio per decidere cosa scrivere e poi molti scambi di e-mail per capire come andare avanti.

Perché non siamo fatti per vivere in eterno?” (Porto Seguro, Settembre 2019) è un romanzo gotico collettivo, scritto da una dozzina di autori (“I già dimenticati“, nome da me suggerito), che nasce con la tecnica del round-robin applicata in modo quanto mai semplice.

Il primo autore (Massimo Acciai) ha scritto il primo capitolo (in cui un gruppo di ragazzi decide di partire per una gita) e l’ha passato al secondo (il “misterioso” K. Von Zin) che ha integrato quanto già scritto e sviluppato il seguito (immaginando una meta più lontana, la Transilvania e allargando il gruppo dei personaggi), passando poi il testo a chi veniva dopo, e così via fino all’ultimo. C’è stata, infine, un’opera di correzione del testo finale da parte dei due curatori Massimo Acciai Baggiani e Federica Milella.

Stupisce dunque che la storia sia riuscita a giungere a conclusione, dato che gli autori non hanno avuto alcuno scambio tra di loro! Eppure, ne è venuto fuori qualcosa: una storia nata come racconto di viaggio, mutatasi poi in storia gotica di vampiri, nello stile più classico.

Questo approccio, privo di scambi collaterali e di comunicazione nel gruppo, ha fatto sì che la storia divenisse qualcosa del tutto diversa da come era stata immaginata all’inizio. Difficile, io credo, per ciascun autore riconoscersi nel libro, che di fatto è figlio di tutti loro e di nessuno, ma sorprendente appare il risultato di un simile esperimento.

Qui il video della presentazione del 21/10/2019.

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