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PERDERSI NELLA DROGA

Bianca di polvereHo conosciuto la M. McLaw a Firenze Libro Aperto in occasione del lancio de “Il regno del ragno” e ho acquistato per caso il suo libro “Bianca di polvere”. Si tratta di un’autrice italiana e McLaw è solo un alias di Marianna Cimmino (così si legge nel risvolto di copertina) o, come si dice oggi, un nickname, termine più appropriato per un’autrice che come lei viene dal mondo del web e dei social, in particolare Instagram e lo sottolineo, perché io che pur mi considero autore web sono ancora legato al mondo morto dei blog trovo Facebook troppo sintetico e continuo a vedere Instagram come un mondo di immagini difficile da adattare alla scrittura).

Da Instagram approda dunque nel 2018 a questo suo primo romanzo, un’opera forte e dura come un pugno nello stomaco, che ti colpisce subito con un incipit sanguinolento e prosegue trascinando il lettore nel mondo della droga e dello spaccio, con personaggi spinti “da un avido, selvaggio e sempre più costante bisogno di cocaina” (pag. 73).

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M. McLaw (Palermo, 1987)

Il romanzo però non si ferma lì, perché la protagonista, la Bianca del titolo, ha una personalità complessa, che si rivela un po’ per volta e nasconde segreti importanti, che lei stessa ignora, avendoli rimossi. Già, perché pur essendo un romanzo d’azione questo è anche un lavoro di ricostruzione psicologica, realizzata con un buon tocco, che difficilmente si trova in opere d’esordio, con un vicino di casa “Buco di Culo” che è una sorta di “nemico immaginario”. Un romanzo che ci parla di un mondo difficile, che è un po’ quello di tutti noi, anche se ne mostra il risvolto più cattivo, in cui “ci si diverte a denigrare il prossimo fino al momento in cui, all’improvviso, quello da liquidare diventi tu” (pag. 11) e “alle persone non importa nulla di comprendere il dolore di un altro” (pag. 39).

Leggendo mi viene alla mente “Gli interessi in comune” di Vanni Santoni (che il 5/9/19 sarà ospite del GSF alla Laurenziana), ma per notare la totale differenza di approccio al tema droga. Santoni esplora in ogni capitolo gli effetti di una specifica droga e mostra un mondo di amici che vivono le esperienze con gli allucinogeni in modo quasi goliardico. La McLaw invece ci parla solo della cocaina e della pesantezza della dipendenza, di come questa svuoti la vita di chi l’assume.

Non ho idea se questa storia abbia basi autobiografiche o se si rifaccia in qualche modo a esperienze di qualcuno di conosciuto. Spero non sia così, sia per la salute dell’autrice, sia soprattutto perché questo sarebbe segno che la McLaw ha una buona capacità inventiva e potrebbe dunque presto sfornare altre opere interessanti, essere insomma una buona promessa per la letteratura italiana, soprattutto se saprà spostarsi anche su narrazioni diverse.

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