Posts Tagged ‘futuro’

DICK ERA UN C… DI PRECOGNITIVO

Leggendo oggi l’antologia “Tutti i racconti – Vol. 3 (1955-1963)” di Philip K. Dick colpisce la sua grande capacità di anticipazione di molte tematiche tipiche del nostro tempo. Affronta infatti temi tipici della fantascienza di quegli anni come i viaggi spaziali e gli incontri con alieni, ma sono davvero rilevanti i racconti sociologici in cui immagina i mutamenti del nostro modo di vivere, riuscendo a cogliere nel segno le tendenze attuali, pur svuotate dei contenuti tecnologici dell’elettronica, dei videogiochi e del web, come a dimostrare che certe deformazioni comportamentali non sono implicite in tali strumenti ma in una tendenza evolutiva della società che Dick, molto meglio di altri, ha saputo cogliere con decenni di anticipo.

Nel racconto “Veterano di guerra” (1955) siamo in un futuro di quelli che la fantascienza immaginava nei suoi anni d’oro, con Venere e Marte abitate ma non da alieni bensì da mutanti umani giunti dalla Terra, rispettivamente i cosiddetti “piedi palmati” e i “corvi”. Due popoli in lotta con i terrestri. Un uomo ritorna dal futuro annunciando l’esito della guerra che deve cominciare e pregiudicandone quindi il suo stesso avvio. Trama già ricca ma che riserva altre sorprese.

Philip K. Dick, all’anagrafe Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982)

In “Commercio temporale” (19559 una commerciante si sposta attraverso speciali portali offrendo le sue merci in epoche in cui sono carenti o assenti: gli effetti sull’economia dei viaggi tra universi.

Nanny” (1955), uno dei racconti avveniristici più inquietanti, specula sul tema della facile obsolescenza degli elettrodomestici immaginando delle tate-robot che vengono costruite sempre più grosse e armate in modo che quando si incontrano si combattono e distruggono a vicenda. I genitori ne vogliono di sempre più potenti e le fabbriche speculano sulla possibilità di venderne a ritmi sempre maggiori e prezzi sempre più alti.

In “Mutazione imperfetta” o “Il fabbricante di cappucci” (1955) i telepati sono usati per il controllo sociale ma delle speciali cuffie impediscono loro di carpire i pensieri in un mondo in cui l’innocenza deve essere dimostrata la colpevolezza è sempre presunta. I nuovi impianti di intelligenza artificiale che potrebbero connettersi direttamente alla mente degli utenti potrebbero essere le prime avvisaglie dell’avverarsi, ancora una volta di uno dei presagi ammonitori di Dick.

I personaggi di “Incursione in superficie” (1955) fanno pensare a “La macchina del tempo” di Wells. L’umanità, come nel romanzo ottocentesco, si è evoluta dividendosi in due specie diverse, una, i Tecno, che vive in superficie come gli Eloi e una, gli omo, che vive sottoterra come i Morlock. I Tecno salgono in superficie per catturare alcuni Omo ma il ragazzo protagonista, colpito dall’industriosità di quelle creature considerate primitive e incuriosito da una giovane artigiana, rinuncia alla copertura dell’invisibilità dei suoi compagni per farsi vedere da una ragazza di superficie, scatenando una grande agitazione.

Inquietante la vicenda di “Servizio Assistenza” (1955) in cui un tecnico riparatore di misteriosi sbibli, per errore giunge dal futuro. Nel suo tempo gli sbibli esistono sin dal lontano 1963, nati dopo la piccola guerra mondiale del 1961, assai minore di quella degli anni ’70, per controllare le devianze politiche. Il protagonista cerca di scoprire qualcosa del futuro e di queste macchine organiche che controlleranno l’umanità. Anche questo racconto ci mette in guardia dall’invadenza delle IA.

Oltre il recinto” o “Saltare il fosso” (1955) affronta il tema dell’invadenza della pubblicità, immaginando un futuro diviso tra il partito dei Puristi, ossessionati dalla pulizia (e dall’uso dei prodotti per l’igiene pubblicizzati) e i Naturalisti non assoggettati a tale visione. È un racconto che oggi appare addirittura iperrealista, con quei poliziotti che arrestano chi non è ben pulito o ha l’alitosi! La pubblicità al potere: fantascienza?

Qui come altrove Dick dimostra di saper cogliere gli aspetti più surreali del nostro mondo, anticipandone gli sviluppi o esasperandoli per mostrarne l’intrinseca follia.

Ancor più profetico e, quindi, inquietante, è il racconto “Yanci” (1955) che anticipa il mondo dei social (pur senza parlarne) e degli influencer, immaginando che sulla luna Callisto, popolata da 80 milioni di persone, un certo Yanci abbia un grande seguito, dicendo ovvietà o facendo affermazioni che la volta dopo contraddice, influenzando il comportamento della popolazione e portandolo verso l’omologazione e l’assenza di capacità critica. Spoilero dicendo che in realtà Yanci non esiste: è un personaggio “artificiale” creato apposta per suggestionare la gente. Ne deriva un totalitarismo non violento ma basato sulla persuasione ma che ha come obiettivo persuadere gli abitanti di Callisto a fare la guerra a Ganimede, perché “le guerre sono male ma una guerra è giusta quando difende il nostro modo di vivere”. Un’anticipazione dell’IA ma anche di certe forme di marketing e di politica.

Autofac” (1955) ci porta al nostro presente dominato da Amazon e dalle consegne a domicilio. Ben prima che la società e il sistema nascessero, Dick ne mostrava la degenerazione, con la grande fabbrica globale Autofac che continua a produrre merci, depauperando e inquinando il pianeta, anche se la gente non ne ha bisogno e non le vuole. I protagonisti cercano disperatamente di fermare le consegne continue di beni non richiesti, senza riuscirci e scontrandosi contro un sistema dominato dall’intelligenza artificiale, verso il quale l’uomo sembra non poter intervenire. Altro tema è la capacità di sistemi complessi automatizzati.

In “PSI” troviamo un personaggio in grado di teletrasportarsi indietro nel tempo per incontrare un generale spiegandogli che da lì a un anno lui e quasi tutto il mondo saranno morti nella guerra che sta per scatenare tra Russia e America. Entrambe le parti vorrebbero coinvolgere gli ESP per averli dalla loro parte ma telepati e precognitivi non vogliono schierarsi.

In “Umano è” (1955) abbiamo la tematica resa celebre da “L’invasione degli ultracorpi”, che trova le sue origini nella scrittura di Lovecraft, di un alieno che prende possesso del corpo di un bambino che comincia a comportarsi in modo diverso dal solito, in quanto i Rexoriani, fuggiti su Venere dal loro pianeta morto, hanno conoscenze della Terra di duecento anni prima e quindi anche il loro comportamento è antiquato. Non è detto ma il classico problema, centrale per esempio nel ciclo “Invasione”, che i tempi dei viaggi stellari sono tali da rendere vetuste le informazioni assunte in partenza, quando abbiamo civiltà in rapida evoluzione. Centrale peraltro è la speculazione su che cosa ci renda davvero umani.

In “Foster, sei morto” (1954) un bambino si trova bullizzato e isolato perché non ha diritto di accedere ai rifugi durante i bombardamenti sovietici. Quando suo padre finalmente decide di sacrificarsi comprando un bunker per la famiglia, i sovietici inventano nuovi missili perforanti che lo rendono desueto e inutile, salvo aggiornarlo ma le griglie da applicare sono troppo costose e la famiglia deve rinunciarci. Oltre al tema del bullismo legato alla ricchezza personale, c’è qui, come spesso in Dick, una forte critica del consumismo, con prodotti effimeri che devono sempre essere aggiornati, secondo un’esigenza che non più solo di adeguamento sociale ma estremizzata diventando del tipo “compra o muori”.

Moltissimi sono i racconti di Dick che hanno dato vita a film celebri, in primis “Gli androidi sognano

Minority report

pecore elettriche?” da cui deriva una pietra miliare della fantascienza come “Blade Runner”. “Minority report” è uno di questi, nato dal racconto “Rapporto di minorità” (1957) che vede un sistema di prevenzione del crimine effettuato mediante i pre-cog, i precognitivi, persone in grado di vedere i delitti prima che accadano. Questo ha portato a un mondo con un solo omicidio in 5 anni. Il meccanismo alla base è che se due precog hanno la stessa visione, quella del terzo precog (in minoranza) deve essere errata. Questo però può non essere sempre vero, perché chi ha accesso ai rapporti dei precognitivi può alterare il futuro e quindi anche i rapporti dei precognitivi che ancora non si sono espressi.

In “Al servizio del padrone” (1956) è in corso una guerra contro i robot perché c’è chi sostiene che il lavoro nobiliti l’uomo e quindi gli uomini debbano lavorare, ma ne deriva un mondo senza automi, in rovina, in cui gli uomini sono schiavizzati e costretti a lavorare sottoterra. Ma è davvero per questo che gli uomini avevano abolito gli androidi o piuttosto questi volevano dominare il mondo?

In “Diffidate delle imitazioni” (1956) troviamo un’umanità decaduta aiutata dagli alieni che riproducono gli oggetti per uso quotidiano anche se ormai non riescono a farlo più bene e questi oggetti non funzionano più. Gli stessi alieni nello sforzo di aiutare l’umanità sono diventati sterili e si stanno estinguendo. Così gli uomini sono costretti a imparare di nuovo a costruire oggetti per conto loro.

La macchina” (1956) è quasi un giallo con robot mutaforma che dopo aver ucciso un uomo si trasforma in televisore. Anticipazione della micro-robotica modulare, in cui numerosi moduli intelligenti possono aggregarsi per dar vita a macchine diverse. Forse un possibile futuro.

In “Allucinazioni” o “Le illusioni degli altri” (1957) ci sono alcuni individui paracinetici (con poteri PK), capaci di passare attraverso i muri, che il governo cerca di tenere sotto controllo. Un po’ come ne “La bambina dei sogni” o in “Psicosfera”, hanno la capacità di manipolare le proprie allucinazioni.

Modello 2” (1953) descrive una guerra tra Russi e Americani, in cui questi ultimi hanno costruito dei robot militari capaci di autorigenerarsi in forme sempre più evolute. Sono detti Artigli. L’arma si ritorce contro l’intera umanità, perché le nuove generazioni di Artigli assumono aspetto umano, spesso inerme o ferito, per avvicinarsi ai militari e ucciderli, senza badare più alla loro nazionalità, portando ciascuno a dubitare degli altri, temendo che ogni uomo possa essere un robot assassino. Se le macchine costruiranno altre macchine lo faranno sempre per il bene dell’umanità?

In “Zero-0” o “Non-0” (1958) troviamo un paranoide perfetto senza nessuna capacità empatica che considera tutto il mondo in guerra contro di lui. I mutanti paranoici Zero-0 sono in collegamento telepatico tra loro e mirano a distruggere il mondo. Vedono la suddivisione dell’universo in singoli oggetti come una convenzione e pensano che tutto vada ricondotto a unità mediante esplosioni di bombe sempre più potenti.

Tornando a casa” (1959) vede il rientro di sei astronauti da Marte, creduti morti e scambiati per alieni.

In “Meccanismo di richiamo” o “Meccanismo di ricordo” (1959) la paura dell’altezza si contrappone alla passione per questa.

Selvaggina pregiata” o “Una preda allettante” (1959) un fisico ha strane visioni di un grande occhio che lo osserva e trova persino un misterioso lingotto d’oro. Si è forse aperta una breccia tra il nostro e un altro mondo?

Ne “Il gioco della guerra” (1959) una fabbrica produce giocattoli “bellici” per educare i bambini ad affrontare le difficoltà della vita. Produce anche “Sindrome” una sorta di monopoli al contrario in cui vince chi perde tutto, mentre i soldatini robotizzati danno l’assalto alla cittadella e programmano la costruzione di bombe atomiche. Ulteriore riflessione sull’evoluzione dell’automazione e anticipazione dell’AI e della robotica.

In “Presidente di riserva” (1969) il sostituto del Presidente degli USA è un uomo qualunque che si trova a fronteggiare un’invasione aliena. Deve affrontare anche un uomo che controlla le TV durante le elezioni. Vi ricorda qualcuno?

In “Cosa ne facciamo di Ragland Park?” (1963) Culture è un programma ministeriale per la ricostruzione delle città abbandonate per lo spopolamento della Terra a seguito della colonizzazione di altri mondi. Un tizio che scrive ballate che si rivelano fare riferimento a persone reali forse grazie a suoi particolari poteri telepatici, è assunto da Culture per scrivere ballate politici che incastrino i loro nemici.

Come in “Yanci” anche con “Se non ci fosse Benny Cemoli” (1963) Dick affronta l’idea di personaggi immaginari che influenzano l’opinione della gente, anticipando i nostri tempi. Benny Cemoli è un presunto agitatore politico che nessuno ha mai visto. Esiste davvero? Di lui parla il Times, un giornale omeostatico che si scrive da solo.

Ancor più inquietante e attuale è “I giorni di Perky Pat” (1963). Dopo una Catastrofe che ha reso inabitabile la superficie della Terra, ricoperta di polvere e abitata da pseudogatti e pseudocani feroci, gli adulti passano in tempo ad arredare la casa della bambola Perky Pat, che ricorda il mondo ante-Catastrofe. Un’anticipazione della realtà virtuale, senza elettronica e web. I giocatori spendono tutto quello che hanno per migliorare la loro bambola. Quando scoprono che in un altro Pozzo c’è una bambola diversa, sono presi dal desiderio di conoscerla e possederla. I bambini invece sembrano immuni e passano il tempo cacciando animali mutanti in superficie.

Tante visioni diverse di un futuro che somiglia sempre più al nostro presente o che pare avvicinarsi pericolosamente. A che cosa servono, allora, gli avvertimenti degli autori di fantascienza? Siamo ancora in tempo per imparare dal genio anticipatore di Dick o le sue derive sociali sono ormai inevitabili per noi? Un autore che se tutti avessero studiato a scuola negli anni ’60, forse avrebbe potuto cambiare il mondo.

LA MODERNITÀ DELLA FANTASCIENZA INDIANA

Acquistai una copia di “Avatar – Indian Science Fiction – Fantascienza indiana”, curato da Francesco Verso, allo stand di Future Fiction presso la fiera del fantastico Stranimondi 2021. È un singolare volume per metà in inglese e per metà con la traduzione italiana di racconti fantascientifici scritti da autori indiani, con particolare attenzione alle “questioni impellenti dei nostri tempi, soprattutto nei settori dell’informatica e della tecnocultura, così come della biotecnologia” (come si legge nell’introduzione di Tanur K. Saint).

Il titolo “Avatar” fa riferimento oltre che all’alter-ego dei videogiochi alla “discesa di una divinità sulla terra e in particolare ciascuna delle 10 incarnazioni del Dio Visnù”.

L’introduzione ci spiega che “la fantascienza indiana acquisì, invece, soprattutto dopo l’indipendenza, una spinta pedagogica, cercando di rendere popolari le idee scientifiche mettendo il concetto di autosufficienza alla base della storia, o raccontando una storia con alla base un problema scientifico”. Rilevanti appaiono le “preoccupazioni etiche”.

Il primo racconto “L’uomo della quintessenza” di Anil Menon solleva problematiche connesse al controllo pervasivo dell’identità, con i molteplici sistemi di tracciamento delle persone già tipico dei nostri tempi. Il protagonista Mann “non poteva essere localizzato perché non era possibile collegarlo a un identificativo unico e permanente. In altre parole, Mann, non aveva quintessenza”. La sostanza della storia e quasi quella di un giallo in cui si cerca di “localizzare qualcuno che non può essere localizzato”.

In “Microbiota e le masse: una storia d’amore” di S.B. Divya, la protagonista vive isolata da anni in un proprio microbiota, per difendersi da microbi, batteri e inquinamento del mondo esterno. Come si regolerà quando l’amore la spingerà a spezzare questo suo isolamento?

Il bel racconto “Comunitari” di Shikhandin mi ha fatto pensare ai “Costruttori” (in “Apocalissi fiorentine”, Tabula Fati 2019 e ProgettandoIng-Costruzioni, Gen-mar. 2016), con questa dilagante invasione verde, ma qui è la vegetazione della Terra stessa a dilagare e a far trasformare in vegetale tutto ciò che era animale, uomini compresi, in una storia non priva di poeticità nel suo lanciare l’allarme verso il degrado ambientale.

Nella storia di Vandana Sing, “La rete di Indra”, (“la rete cosmica assoluta in cui ogni nodo rispecchia l’intero”) ci parla dell’utopica costruzione di Ashapur, la Città della Speranza, costruita a imitazione di una rete micelica, una rete fungina, una miconet, con una rete energetica intelligente che pare quasi assumere autocoscienza. “Una rivoluzione che potrebbe salvare la nostra terra dall’emergenza climatica” realizzata da un gruppo di brillanti studenti, pronti a “distruggere vecchi paradigmi quasi tutti i giorni.

A New Singapore vivono i climies, le climate victims di uno tsunami che ha distrutto Old Singapore nel 2023. Non solo loro, a dir il vero: “New Singapore è la prima società al mondo composta interamente di individui dal patrimonio netto ultra alto e dalle loro famiglie”. A New Singapore “religione, sesso, credo, nascita, razza non significano nulla”. La protagonista di “Sostituzione” di Rimi B.Chatterjee vi arriva con una borsa di studio per studiare medicina con il suo idolo il Dottor Shankar che, tra le altre cose ha creato “un vaccino progettato per assicurarsi che dopo averlo preso, un uomo abbia in prevalenza figli maschi”, per risolvere il problema della sovrappopolazione, riducendo il numero delle “riproduttrici” a vantaggio dei “produttori”. La ragazza si trova a salvare il progetto del suo idolo, ma costretta a un radicale cambio di look.

In “Upgrade” di Manjula Padmanabhan, un’anziana signora si trova a dover sostituire la cuoca morta con un domestico robotico che prima rifiuta ma di cui poi scoprirà insospettabili pregi che le cambieranno la vita.

La “Madre” del racconto di Shovon Chowdhury è una sorta di Grande Fratello digitale, amorevole e pervasivo, che ha plasmato il proprio essere studiando 60 milioni di madri, un software nato come sito di incontri, che ora controlla l’intera società come una vera madre ossessiva con i suoi consigli, le sue regole e le sue imposizioni.

Con “Messo in PausaPrya Sarukkai Chabria ci racconta di un futuro molto lontano in cui su una Terra devastata l’umanità si nascose nelle profondità marine evolvendosi artificialmente in una specie di cozze senzienti. Quando la vita non fu più possibile neanche in quegli abissi riversò le sue conoscenze in una Testa, dall’esistenza sospesa, in attesa del ritorno a un ambiente adatto a rigenerare la vita.

Ne “La via della setaGiti Chandra ci spiega come sia stato possibile nel 2241 d.C. ritrovare sulla Luna i resti di un cinese del 241 a.C. e delle incredibili proprietà di una seta geneticamente modificata. Difficile non pensare ad analogo ritrovamento ne “Lo scheletro impossibile” (1977) di James Patrick Hogan, ma diversi sono gli sviluppi.

Quest’antologia, ricca di sogni distopici in cui si celano aneliti di speranza, sebbene all’apparenza non troppo dissimile da altre antologie fantascientifiche occidentali, ha un respiro diverso, risente di un’antica cultura differente da quella dominante anglo-americana che non si limita a trasparire dai nomi esotici di autori e personaggi ma è il substrato fondante dell’opera, che riunisce racconti di qualità e capacità inventiva che nulla hanno a invidiare a quelli di altre raccolte americane o europee. Se questo è certo merito del curatore Francesco Verso è anche sintomatico della maturità ormai raggiunta dalla fantascienza indiana, di livello decisamente internazionale, come i curricula degli autori presenti che dimostrano di ben conoscere la fantascienza dei nostri Paesi ma di saper innovare rispetto a questa.

L’UMANITÀ TRA MILIONI DI ANNI

Difficile immaginare un futuro lontano un miliardo di anni. Altamente improbabile immaginarlo con un’umanità non estinta e ancora presente, sebbene relegata in due sole città che non si conoscono. Eppure la fantascienza classica del dopoguerra sapeva essere ottimista anche quando dipingeva distopie. “La città e le stelle” (1957) di Arthur Clarke, in effetti è, scusate l’ossimoro, un po’ una distopia utopistica. L’umanità, che aveva conquistato le stelle è stata sconfitta, parrebbe, milioni di anni prima, da una razza aliena che l’ha relegata sulla Terra. Sebbene questa sia ormai piuttosto arida, gli abitanti di Diaspar vi sopravvivono in un ambiente incredibilmente ancora tecnologico, in cui nessuno muore più, ma in cui i corpi vengono riciclati e le menti conservate da un immane computer per essere reimpiantate in corpi rinnovati. Penso qui al più recente “Problema dei tre corpi” di Liu Cixin con gli alieni che disidratano e reidratano. Eppure, questa gente così tecnologica non sa che poco lontano dalla loro città ce n’è un’altra dove le persone ancora nascono, invecchiano e muoiono, hanno poteri telepatici e meno tecnologia.

Diaspar è programmata in modo che ogni tanto (dopo alcuni milioni di anni) nasca un individuo (un Unico) capace di pensare fuori dagli schemi e di uscire dagli angusti confini della città. Sarà uno di questi, Alvin, a mettere in comunicazione le due città e a guidare di nuovo l’uomo verso le stelle.

Sir Arthur Charles Clarke (Minehead16 dicembre 1917 – Colombo19 marzo 2008) è stato un autore di fantascienza e inventore britannico.

Alcune visioni di Clarke sono buone anticipazioni del nostro presente come le Saghe che paiono realtà virtuali o le pareti schermo.

Il mondo appare distopico nella sua omologazione e piattezza sociale e nella mancanza di ogni iniziativa e stimolo individuale. Appare utopistico nel lieto fine e nel riuscire a tornare a “riveder le stelle”.

Opera che si legge ancora bene, piacevole il rapporto tra il robot di una città e il computer dell’altra e l’arcaica creatura psichica artificiale ancora infantile sebbene antichissima e capace di rapida crescita intellettiva. Un po’ scontato il meccanismo narrativo di illustrare un mondo diverso con gli occhi di un personaggio proveniente da un’altra realtà.

Forse non un capolavoro ma romanzo intelligente ed evoluto per i tempi in cui è nato.

COMPUTER COLOSSALI, ROBOT E ALTRE FRAGILITÀ UMANE

Amazon.it: Sogni di robot - Asimov, Isaac, Gaffo, Mauro - Libri

L’antologia di racconti di fantascienza di Isaac Asimov (nato Isaak Judovič Azimov, in russo: Исаáк Ю́дович Ази́мов; Petroviči, 2 gennaio 1920 – New York, 6 aprile 1992) “Sogni di robot” (1986), a differenza da quanto mi aveva fatto immaginare il titolo non è una parte dell’antologia “Tutti i miei robot” e le celebri tre leggi della robotica, nonché la Dottoressa Calvin vi compaiono solo occasionalmente. Vi troviamo, invece, un’ampia rassegna di tematiche fantascientifiche quanto mai varie, il tutto condito con la straordinaria verve narrativa di questo eccelso scrittore, autore di tre delle saghe interconnesse più celebri della fantascienza (“Robot”, “Impero” e “Fondazione”), che anche qui da ottima prova di sé.

I racconti che lo compongono, scritti tra il 1947 e il 1982, appaiono anche in altre antologie e sono:

  • Il piccolo robot perduto
  • Sogni di robot
  • Coltura microbica
  • L’ospite
  • Sally
  • Crumiro
  • La macchina che vinse la guerra
  • Occhi non soltanto per vedere
  • Le acque di Saturno
  • Diritto di voto
  • Barzellettiere
  • L’ultima domanda
  • Che cosa importa a un’ape
  • Luciscultura
  • Nove volte sette
  • S come Zebatinsky
  • L’ultimo nato
  • La palla da biliardo
  • Vero amore
  • L’ultima risposta
  • Una questione di memoria

Il primo racconto vede alla prova le capacità logiche della Dottoressa Susan Calvin nel ritrovare “Il piccolo robot perduto”, che aveva preso alla lettera un incauto ordine umano.

In “Sogni di robot” (unico inedito e che dà il nome all’antologia) la Dottoressa Calvin si deve confrontare con le problematiche nate dall’imprevista capacità di sognare di un automa.

La “Coltura microbica” oggetto del terzo racconto è l’intera umanità, frutto di un esperimento scientifico,

Amazon.it: Sogni di robot - Asimov, Isaac, Gaffo, M. - Libri

che con la creazione delle bombe atomiche pare giunto a conclusione.

Affascinante “L’ospite”, in cui una coppia si trova a dover ospitare in casa propria un alieno, di cui non posso non riportare questo illuminante passaggio:

I batteri, in genere, sono esseri extracellulari. Lottano con le cellule del corpo per procurarsi il sostentamento, a volte con successo, e riversano i prodotti di rifiuto, o tossine, nella corrente sanguigna. Il virus fa di più. Esso vive dentro la cellula, utilizzando il meccanismo cellulare ai propri scopi. Lei già sa tutto questo, signora Smollett, e forse anche suo marito.

«Continui» disse Drake.

«Facciamo dunque un altro passo avanti. Immaginiamo un parassita che viva non solo dentro la cellula, ma dentro i cromosomi della cellula. In altre parole, un parassita che si mescoli ai geni, qualcosa che potremmo chiamare uno pseudo-gene. Esso interverrebbe nella creazione degli enzimi, che è la funzione primaria dei geni, e in tal modo influenzerebbe indirettamente anche la biochimica dell’organismo terrestre.»

«Perché particolarmente quella terrestre?» disse Rosa.

«Non avete ancora capito che lo pseudo-gene di cui parlo è originario della Terra? Gli esseri terrestri hanno vissuto con lui fin dal principio, si sono adattati a lui, fino a essere inconsapevoli della sua presenza. I batteri si nutrono di cibo normale, i virus di cellule; gli pseudo-geni vivono sull’economia dell’intera macrostruttura cellulare attraverso il controllo della biochimica dell’organismo: Ecco perché le specie più evolute tra gli animali terrestri, incluso l’uomo, non crescono più dopo aver raggiunto la maturità e muoiono di morte chiamata naturale. È la fine inevitabile di questa universale infezione parassitica.»

Si tratta di un raro esempio di alieno immaginato da Asimov, la cui galassia fantascientifica vede spesso come sole intelligenti esseri umani. Fanno eccezione soprattutto le ottime prove di “Neanche gli Dei” e “Nemesis”.

In “Sally” la fantasia di riesce a immaginare l’automazione dei veicoli oltre i notevoli livelli ora già raggiunti, con automobili dotate di una propria coscienza e volontà.

In “Crumiro”, sul pianeta Altrovia, rigidamente diviso in caste, nessuno accetta di sostituire l’addetto alla spazzatura in sciopero, mestiere troppo disonorevole.

Ne “La macchina che vinse la guerra” troviamo uno dei principali protagonisti di questa raccolta, l’immenso computer Multivac. A quei tempi si credeva che la potenza dei calcolatori fosse legata alle loro dimensioni! L’ironia asimoviana vuole però che le decisioni di Multivac siano in questo caso assunte in modo assai particolare.

In “Occhi non soltanto per vedere” esseri di pura energia, per arte, manipolano la materia, creando l’uomo.

Ne “Le acque di Saturno” Asimov affronta assieme il grande problema del futuro (quanto mai prossimo), la scarsità d’acqua, e nel contempo immagina brillanti soluzioni per i viaggi spaziali.

In “Diritto di voto” ritroviamo il colossale Multivac, incaricato di selezionare un uomo che sarà il solo a votare ed eleggere il Presidente della Repubblica. Una sempre attuale riflessione sulla democrazia nell’era informatica.

Ne “L’ultima domanda” Multivac deve scoprire come sopravvivere quando anche l’ultima stella si sarà spenta: lo farà in modo… divino.

Come riesce la Signora Lardner a creare così belle “Lucisculture”? E perché non vuol far riparare il suo robot?

In “Nove volte sette”, l’errata convinzione che computer molto potenti debbano essere anche molto grandi, porta ad abbandonarli per tornare al calcolo umano.

La grande lezione dell’ucronia è che piccole differenze possono avere enormi impatti sulla storia, così cambiare una sola lettera di un cognome può mutare la vita di un uomo in “S come Zebatinsky”.

Assai toccante l’incontro con il bambino di Neanderthal, prelevato dal passato per un esperimento scientifico in “L’ultimo nato”.

Giocare con l’anti-gravità può rivelarsi molto pericoloso, anche se si usa solo “La palla da biliardo”.

Utilizzare un computer per trovare un “Vero amore” oggi pare normale, grazie agli algoritmi dei molteplici siti web di incontri. Quando il racconto fu scritto, il programmatore si doveva muovere di nascosto.

Morire e incontrare una sorta di essere ultraterreno onnisciente e onnipotente non necessariamente vuol dire incontrare Dio, come si vede ne “L’ultima risposta” e anche un mortale può esser d’aiuto per una simile creatura.

Diventare più intelligenti, per un uomo comune, può rivelarsi un pessimo affare: il mondo non ama i geni, come si legge in “Una questione di memoria”.

Insomma, una variegata rassegna di storie intelligenti e che fanno riflettere, mostrandoci il futuro alla maniera del grande Asimov, spesso piuttosto utopistico.

100 anni dalla nascita di Isaac Asimov, uno dei padri della fantascienza |  Wired Italia

I NOSTRI DEMONI PROTETTORI

Le guide del tramonto by Arthur C. Clarke

Trai grandi autori del periodo classico della fantascienza, Arthur C. Clarke spicca per una visione globale della storia e del futuro dell’umanità non scevra di stimoli che provengono da altri generi e dalle suggestioni fantastiche della religione.

Le guide del tramonto” o “L’Angelo custode” (“Childhood’s End”) è un romanzo di fantascienza del 1953 che ci parla di invasioni aliene, apocalisse, evoluzione e futuro della specie umana con grande razionalità e nel contempo con tocco magico.

L’idea è quella di una razza umana eterodiretta, come nelle grandi religioni monoteiste moderne ma anche in tante altre antiche, solo che i nostri angeli custodi arrivano qui su immense astronavi e per cinquant’anni non rivelano il proprio aspetto, per non turbare l’umanità, che devono guidare nell’evoluzione. Quando si rivelano, gli angeli hanno l’aspetto di demoni e questo non è un caso, perché Clarke riflette anche sulla natura del tempo.

Non era precisamente un ricordo, il vostro; avevate già avuto la prova che il tempo è molto più complesso di quanto la vostra scienza abbia mai potuto prevedere. Vedete, quel ricordo non era del passato, ma del futuro: di quegli anni in cui la vostra razza avrebbe saputo che tutto era finito.

Magari il tempo non sarà il frattale che immagino nei miei romanzi, ma forse un giorno guarderemo ai

Arthur C. Clarke - Books, Quotes & Facts - Biography
Sir Arthur Charles Clarke (Minehead16 dicembre 1917 – Colombo19 marzo 2008) è stato un autore di fantascienza e inventore britannico.

sostenitori del tempo lineare monodirezionale come oggi si guarda ai terrapiattisti.

In questo romanzo c’è un po’ dell’utopismo tipico dell’hard SF di quegli anni, ma il finale lo stravolge consegnandoci a una cupa distopia che sopravvive persino all’ultimo uomo e al disgregarsi della Terra.

La suggestione del viaggio spaziale a velocità quasi pari a quella della luce è occasione per proiettare uno dei personaggi avanti nel tempo e assistere alla trasformazione del mondo e alla fine dell’homo sapiens.

La descrizione dei Superni dalle sembianze demoniache e della Supermente onnipresente ribalta i clichè cattolici e la categorizzazione del Bene e del Male. Lo sviluppo evolutivo immaginato ha una sua potenza descrittiva non trascurabile che richiama, nel finale, altre storie di invasati del periodo, in primis proprio “Gli invasati” o “L’invasione degli ultracorpi” (1954) di Jack Finney.

Come autore di una saga su una Sparta ucronica, mi ha colpito l’idea che l’umanità, nel reagire al dominio dei Superni, abbia creato due comunità, una scientifica e artistica, chiamata Atene e una sportiva e salutistica chiamata Sparta, mentre i Superni e la Supermente in qualche modo richiamano il Popolo di Gaia e i suoi poteri telepatici del romanzo, scritto con Massimo Acciai e di prossima uscita per Tabula Fati, che non si ispira a questo romanzo ma che ha tra sue massime fonti di ispirazione oltre al mondo pensante di “Solaris” di Lem, proprio “2001 Odissea nello Spazio” di Clarke, eppure “Psicosfera” ha involontariamente qualcosa proprio di quest’umanità eterodiretta e del potere ESP della Supermente.

BOLLITO MISTO DI CLONI DIGITALI

Bay City - Morgan Richard K. | Libro Tea 09/2006 - HOEPLI.it

Pare che Richard K. Morgan nello scrivere il suo romanzo “Bay City” (“Altered Carbon”, 2002) si sia ispirato all’hard boiled, ai film francesi e giapponesi, a William Gibson e a Blade Runner. Passi per “Blade Runner” che rimane anche per me un cult (anche se mi sono addormentato guardando il sequel), ma le detective story, compreso l’hard boiled mi annoiano alquanto. Ci sono ottimi film francesi e giapponesi ma mi pare difficile accomunarli in tutto unico. Certo, rispetto a quelli americani o inglesi il rischio che siano noiosi è più alto. Quanto a Gibson e al Cyberpunk, se l’idea di fondo su cui si basa la sua scrittura mi affascina, nulla di quanto letto sinora mi ha davvero preso. Non dovrei, dunque, stupirmi se ho fatto una gran fatica a leggere “Bay City”, trovando alquanto noiose e confusionarie queste indagini.

Per carità, anche qui, l’idea iniziale, di un mondo in cui non si muoia mai, ma le menti vengono immagazzinate digitalmente e poi trasferite in nuovi corpi (“custodie”) è molto buona anche se non del tutto originale e poteva essere ottimo spunto, ma sulla fantascienza prevale ahimè il giallo e tutte queste indagini su presunti suicidi, omicidi, traffico di stupefacenti, gangster spaziali

Richard Morgan - Wikipedia
Richard K. Morgan

non mi interessa per nulla in un contesto mainstream, mentre l’idea delle personalità che cambiano continuamente aspetto serve solo a incasinare le indagini, senza rendere più divertente la trama o particolarmente fantascientifica. Oltretutto il fatto che superi le 500 pagine non aiuta davvero, rendendo il tutto piuttosto ripetitivo. Comunque, forse il problema non è il libro, ma io, dato che non è proprio il mio genere e, come mi capita di rado, ho fatto fatica a concentrarmi nella lettura. Ho dunque deciso di abbandonarlo, anche se mancano solo poche pagine al finale, che non mi importa per nulla sapere quale sarà.

Ora che sto scrivendo queste righe vado a leggerne qualcosa in rete e scopro che il titolo originale è “Altered Carbon”, lo stesso di una serie TV di cui ho visto solo la prima puntata, senza poi osare andare avanti (anche questa cosa assai rara per me, che di solito finisco almeno la stagione). Mi ripromettevo di riprenderla un giorno, ma ora non penso più di farlo, sapendo da quale fonte proviene.

Per la cronaca il romanzo è stato vincitore del Premio Philip K. Dick nel 2003.

Altered Carbon: The Art and Making of the Show : Bernstein, Abbie:  Amazon.it: Libri

LA TECNOLOGIA COME ERRORE EVOLUTIVO E IL SILENZIO DELLE STELLE

Il polacco Stanislw Lem ha scritto forse il miglior romanzo di fantascienza di sempre o comunque uno dei più intelligenti e stimolanti: “Solaris” (1961), opera ben resa al cinema da Tarkowsky e rovinata dagli americani nel loro

Biografia di Stanislaw Lem
Stanislaw Lem

remake.

Leggo ora un altro suo romanzo, “Il pianeta del Silenzio” (1986), provando sensazioni contrastanti.

Affronta quattro temi, uno più interessante dell’altro:

  1. la colonizzazione di Titano,
  2. la possibilità di risorgere,
  3. l’assenza di contatti con civiltà aliene e
  4. la difficoltà di entrare in contatto con altre culture.

La ricchezza e l’importanza di tali questioni lo rendono un’opera imperdibile.

A differenza che in “Solaris”, qui, però, l’autore indulge un po’ troppo in spiegazioni tecniche, scientifiche e persino filosofiche, alzando forse la qualità culturale dell’opera ma abbassando la qualità narrativa, rendendo la storia meno scorrevole di quanto avrebbe potuto essere.

L’esplorazione di Titano costituisce solo un antefatto per presentarci il protagonista che muore ma viene conservato (e qui lascio ai lettori di scoprire gli aspetti innovativi proposti da Lem in merito) per essere poi fatto risorgere molto tempo dopo, ma l’argomento mi pare d’interesse non essendo ancora pienamente sfruttato dalla letteratura come ambientazione.

Cresce, però, l’attenzione quando Lem analizza le possibilità della resurrezione, tema da sempre caro al fantastico sin da ben prima della nascita della fantascienza, basti pensare all’immaginario delle fiabe, alle fonti dell’eterna giovinezza, se non alle mitologie di molte religioni. Argomento, per l’appunto spesso centrale nella fantareligione, si pensi al grandioso ciclo di dei Canti di Hyperion (1989-1999) di Dan Simmons.

Quando, però, leggo Lem fare considerazioni assai simili a quelle già da me fatte sull’impossibilità di trovare alieni intelligenti nello spazio, mi si rizzano le antenne.

La vita sorgeva su innumerevoli pianeti, ma produceva creature intelligenti solo per una rarissima concatenazione di eventi assai improbabili.”

La scintilla dell’intelligenza compariva in molte forme, ma era di breve durata. Lo sviluppo della vita richiedeva miliardi di anni, ma solo per le fasi che precedevano l’intelligenza.

“Nonostante questo, l’intelligenza poteva maturare sotto trilioni di soli. Poteva seguire lo stesso percorso della sua varietà terrestre e in tal caso il biglietto vincente della lotteria stellare, dopo mille o duemila anni, rischiava di trasformarsi in catastrofe, perché il campo della tecnologia era pieno di trappole mortali e chiunque entrava in esso aveva grandi probabilità di fare una brutta fine.

Le creature intelligenti erano in grado di vedere questo rischio, ma solo quando era ormai troppo tardi.

Il pianeta del silenzio (Fiasko)

Insomma, come scrivevo qualche tempo fa, non riusciamo a trovare segnali di vita aliena nello spazio, perché la tecnologia è una strategia evolutiva perdente, che porta all’estinzione in fretta le specie che la sviluppano.

L’argomento centrale è, però, il quarto tema, che giustifica anche il titolo “Il pianeta del silenzio”: l’umanità, constatata l’estrema difficoltà di incontrare altre intelligenze, vista l’estrema brevità delle loro esistenza, parte in un viaggio interstellare verso un pianeta dove, in base a certi studi, l’intelligenza dovrebbe avere buone probabilità di svilupparsi. Vista la lunga durata dei viaggi spaziali, gli umani sperano di arrivare prima dell’estinzione di tale razza.

Arrivati scoprono che davvero si è sviluppata a livelli tecnologici, ma non riescono a comunicare. Sono così costretti a studiare gli alieni a distanza, senza scendere sul loro pianeta, scoprendo o deducendo l’esistenza di un conflitto che prevede un delicato equilibrio da guerra fredda (non per nulla il romanzo precede la caduta del muro di Berlino e pare anche una metafora del conflitto russo-americano).

Ogni tentativo di comunicazione pare trasformarsi in sempre più gravi dichiarazioni di guerra, come a dire che tra diversi non ci può essere alcuna speranza di comunicazione.

La visione cinica delle ultime due tematiche è purtroppo colma di intenso realismo e fa di questo romanzo un importantissimo spunto di riflessione su chi siamo e dove stiamo andando, anche se il quadro che ne esce è tutt’altro che incoraggiante.

Come scrivevo, traspare troppo la volontà dell’autore di giustificare con ragionamenti logici e spiegazioni scientifiche le sue posizioni per rendere pienamente godibile questo che potrebbe essere un’opera imperdibile e da inserire nelle antologie scolastiche.

L’UOMO CHE VISSE DUEMILA ANNI E TORNO’ INDIETRO DA SUA MADRE

Quando scrivo un romanzo, di solito sono convinto di realizzare un’opera nuova, qualcosa che non sia mai stato scritto prima. La storia che sto scrivendo ora era nata come una riscrittura dell’Apocalisse di Giovanni e si è trasformata poi nella vita eterna di Lazzaro, quello fatto risorgere da Gesù.

Capirete quindi la mia curiosità quando mi cadde l’occhio su un titolo che mi faceva pensare al mio protagonista: “Lazarus Long, l’immortale” (“Time enough for love”, 1973), dove il cognome pareva già una premessa di anticipazione di quel stavo scrivendo e il seguito del titolo lo confermava! Andai allora a ricercare la trama:

“Lazarus Long, il Capostipite, è l’ultimo sopravvissuto dei componenti originari delle Famiglie Howard, un gruppo di persone che tramite selezione genetica e tecniche di rigenerazione biologica ha aumentato di molto la propria aspettativa di vita. Siamo nel 4272 e l’umanità ha colonizzato l’intera galassia, anche grazie al contributo di quest’uomo, che nelle sue molte vite si è spesso spinto oltre le nuove frontiere, rendendolo una leggenda vivente.” Queste le prime parole della trama secondo wikipedia. Sufficienti a farmi tirare un respiro di sollievo: storia ben diversa dalla mia.

Ugualmente, il fatto che questo Lazarus abbia vissuto duemila anni, mi ha indotto a leggere al più presto il romanzo. Una precisazione: Lazarus non ha molte vite come scrive wikipedia, ma una lunga vita di cui vengono raccontati alcuni episodi.

L’autore è nientemeno che l’americano Robert Anson Heinlein (Butler, 7 luglio 1907 – Carmel-by-the-Sea, 8 maggio 1988), uno dei massimi autori della fantascienza classica e il testo è considerato il suo testamento letterario. Si colloca alla fine del ciclo di opere sulla cronologia del futuro ed è anche il romanzo più lungo di Heinlein.

L’ho letto, ovviamente, con interesse e abbastanza con piacere, anche se non mi ha entusiasmato, soprattutto per la sua frammentarietà, essendo, di fatto, una raccolta di racconti ambientati in vari periodi della vita di Lazarus. Quando, poi, per dimostrare la saggezza di questo matusalemme del futuro Heinlein comincia a elencare aforismi a volte reazionari, mi ha piuttosto disturbato. Se è questo il suo “testamento”, mi pare poca e triste cosa.

Eccone qualche aforisma a caso:

L’uccisione di un anarchico o di un pacifista non dovrebbe essere considerala «omicidio» in senso legale.Amazon.it: Lazarus Long, l'immortale - Heinlein, Robert A ...

Nel caso dei «naturalisti» questo odio è comprensibile: sono tipi poco amabili. Ma l’odio è un’emozione troppo forte per provarla nei loro confronti: meritano al massimo pietà e disprezzo.

Un «maschio pacifista» è una contraddizione in termini. Quasi tutti i sedicenti «pacifisti» non sono pacifici; assumono semplicemente colori falsi. Quando cambia il vento, innalzano la bandiera pirata.

La specializzazione va bene per gli insetti.”

Guardati dall’altruismo. È basato sull’autoinganno, radice di tutti i mali.”

Scrivere non è una cosa di cui ci si debba necessariamente vergognare… ma fallo in privato, e dopo lavati le mani.”

Se l’universo ha uno scopo più importante di portare a letto la donna che ami e di fare un bambino con la sua entusiastica collaborazione, io non l’ho mai saputo.”

Ogni volta che le donne hanno preteso l’eguaglianza assoluta con gli uomini, hanno finito invariabilmente per ritrovarsi nei guai. Ciò che sono e ciò che possono fare le rende superiori agli uomini, e la loro tattica giusta consiste nel pretendere privilegi speciali, tutti quelli che possono ottenere. Non dovrebbero accontentarsi mai dell’eguaglianza. Per le donne, l’eguaglianza è un disastro”.

La storia registra qualche caso in cui la maggioranza avesse ragione?

La visione molto americana di un progresso inevitabile, nonostante momenti di crisi e di regresso, associata al concetto di miglioramento della razza umana nelle sue caratteristiche di longevità e salute sono portanti nella visione che sostiene questo romanzo

 

Time Enough for Love: The Lives of Lazarus Long: Amazon.it ...Tra tante affermazioni reazionarie, però, se ne possono trovare anche alcune su cui riflettere:

Non danneggiate i vostri figli rendendo loro facile la vita.”

Non sottovalutare il potere della stupidità umana.”

In una discussione in famiglia, se salta fuori che hai ragione tu… chiedi subito scusa!

Non spaventare mai un piccolo uomo. Ti ucciderà.”

La differenza tra la scienza e le discipline confuse è che la scienza richiede il ragionamento, mentre le altre discipline richiedono soltanto erudizione.”

È possibile che la percentuale delle puttane oneste e competenti sia superiore a quella degli idraulici e molto superiore a quella degli avvocati. Ed enormemente superiore a quella dei professori.”

La competenza in un campo non si estende in altri campi. Ma spesso gli esperti la pensano così. Più il loro campo di competenza è ristretto, e più è probabile che la pensino così.”

Se «tutti sanno» che una cosa sta così, allora non sta così per niente: puoi scommetterci diecimila a uno.”

Si possono fare impazzire gli animali mettendone troppi in un recinto troppo piccolo. L’Uomo sapiens è l’unico animale che lo fa volontariamente a se stesso.”

 

Comunque, non temete, si tratta di un vero romanzo e non di una collezione di aforismi, che sono solo degli intermezzi tra le varie storie.

Del mondo futuro Heinlein cerca di mostrare soprattutto la differente morale di una società in cui il sesso sia libero (“La seconda nozione in ordine di assurdità è che l’accoppiamento sia peccaminoso in se stesso”), con famiglie allargate e serene, una nudità disinibita, liberi incesti. Su quest’ultimo punto insiste particolarmente, sia, per esempio, con l’episodio dei gemelli allevati per accoppiarsi tra loro con la lunga disquisizione statistico-genetica sui rischi di accoppiamento da consanguinei, sia con il viaggio nel tempo e l’incontro con la propria madre, con cui il protagonista, affetto da un non dichiarato complesso di Edipo, si innamora e vorrebbe fare sesso.

Tra i racconti sono privilegiati quelli ambientati nel tempo reale (ovvero non nel futuro dell’autore), percui non abbiamo una vera e completa visione sul futuro immaginato dall’autore. Nell’ultima parte l’eternamente giovane Lazarus, per esempio, ritorna sulla Terra nel 1917, per assistere alla propria infanzia e incontrare i propri genitori. Nella prima Lazarus ricorda come fosse diverso guidare un aereo nel XX secolo, ma poco capiamo di come si guidi nel 4272 (2200 anni dopo la stesura del romanzo, immagino).

Lo sguardo sul mondo e la società è marcatamente americano e risente dell’epoca storica post-1968, in cui fu scritto, gli aspetti tecnico-scientifici del futuro descritto non presentano particolare originalità al punto che considererei l’opera essenzialmente fantascienza sociologica.

C’È ANCORA SPERANZA PER LA TERRA?

Premiazione 2018 – Premio Sergio MaldiniGianni Marucelli è stato dirigente nazionale della più antica associazione ambientalista italiana, Pro Natura, ed è tuttora presidente della sessione di Firenze. Nei suoi scritti traspare spesso questa sua passione e attenzione per l’ambiente, come ebbi modo di evidenziare anche commentando il suo romanzo “L’isola del muflone azzurro” (Betti, 2019).

Questa attenzione traspare anche nella precedente antologia “Undici novelle per l’ora del tè e altri racconti” (Liberodiscrivere, 2012) e Marucelli lo dichiara proprio all’inizio “la vera passione della mia vita: l’amore per la natura, per la Madre che accomuna tutti gli esseri viventi su questo piccolo pianeta, sperduto nel gran vortice della galassia”.

 

Colpisce, innanzitutto, l’uso del termine “novelle” nel titolo. Il volume è, infatti diviso in due parti, le “undici novelle per l’ora del tè” e i racconti di “Domani accadrà?”.

Ho trovato questa distinzione tra i due termini:

la novella è incentrata su un avvenimento o su un personaggio e presenta una struttura rigida (inizio-sviluppo-conclusione); il racconto è caratterizzato da uno sviluppo più libero e dà importanza, più che alla vicenda, all’ambiente in cui i personaggi agiscono e ai loro stati d’animo ed emozioni.

Non saprei dire se la differenza tra la prima e la seconda parte del volume coincida con questa e credo, anzi, che la differenza tra novella e racconto non sia comunemente nota e si tenda a usare indistintamente i due sostantivi, con la differenza che il termine “novella” appare più antico e forse desueto. Non per nulla Marucelli lo ha accostato a “l’ora del tè”, altro concetto che rimanda a tempi passati.Nessuna descrizione della foto disponibile.

Ebbene, in effetti, se la prima parte contiene storie spesso ai limiti della fiaba o su tematiche religiose, la seconda, quella dei racconti, appare più moderna, è puntata verso il futuro e ha spesso toni fantascientifici.

 

Si comincia con “Vangelo apocrifo”, che ci restituisce un quadretto familiare della famiglia di Gesù ancora tredicenne con al centro la sua capra, lanciando un messaggio quasi francescano di rispetto per gli animali.

Con “La luna e la rosa” ci si sposta a Granada, ai tempi dei mussulmani e si segue la vicenda di un’insolita rosa bianca.

Assai emozionante è la lunga novella “Giuliana”, in cui una seduta spiritica fatta per gioco da un gruppetto di amici, li segnerà per sempre.

La “Storia della pietra verde” è praticamente una fiaba e, nel contempo, una toccante storia d’amore.

In “Tre colpi di fucile” troviamo grande protagonista la natura, personificata in un astuto vecchio camoscio.

Ne “L’uomo di parola” il suggestivo incontro sulle montagne rivela una sorpresa paranormale.

In “Christmas’ cat” sarà una gatta a risolvere una difficile e pericolosa situazione.

In “Tutte quelle che ho posseduto” il protagonista nel confessionale si prende gioco del prete e, forse un po’, del lettore.

In “Faust a San Silvestro” sarà di nuovo un gatto, anche se di proporzioni immani, a risolvere un patto mefistofelico.

Ancora gatti troviamo in “Fata Dorina e i suoi angeli”, con una disgrazia vista attraverso gli occhi dei felini e anche questa volta, da loro stessi risolta.

In “Rondine d’autunno” sarà, invece, un bambino con la sua mamma a salvare una piccola rondine e forse qualcos’altro.

Con “Psiconatura” inizia la seconda parte del volume, quella futuristica. In questo racconto, scritto alla fine degli anni ’70, l’autore aveva già immaginato la realtà virtuale, come soluzione per vivere nella natura in un mondo distopico in cui questa è stata distrutta.

Ne “La querce e lo scultore” abbiamo il superamento, grazie agli alberi, di un’analoga distopia, che prima li aveva fatti sparire.

In “Stille nacht”, in un mondo devastato del futuro, sopravvive l’abitudine a fare un presepe, anche se non se ne ricorda più il senso e si cantano ancora, senza capirle, le parole di un’antica musica di Natale.Undici novelle per l'ora del tè e altri racconti - Gianni Marucelli - copertina

Ne “Il gatto” (ancora una volta questa bestiola è protagonista) l’umanità ventura vive sottoterra, in un mondo senza altri animali che i ratti. Una bambina sogna e deifica l’idea di Gatto, come difensore dagli imperanti ratti.

Infine, con una nuova nota di pessimismo, l’antologia si chiude con il volo di Anghelos, messaggero da mondi lontani de “La buona novella”, che non trova nessuno sulla Terra cui portare il proprio messaggio di speranza.

Nel complesso speranza e irritata rassegnazione si alternano in questa raccolta, ma la scelta di porre i mondi distopici alla fine non appare solo di tipo cronologico, descrivendo il futuro, quanto indice di un pessimismo, quanto mai giustificato, verso l’irresponsabilità dell’uomo verso il piccolo pianeta che abbiamo la ventura di abitare.

 

Di recente il volume è stato recensito anche da Massimo Acciai.

 

UNA GALLERY NOVEL DI FANTAMUSICA PSICHEDELICA

Soniche oblique strategie", l'antologia-romanzo è fantarock - Il ...

Mario Gazzola

Come definire “S.O.S. – Soniche Oblique Strategie”, sottotitolo “8 storie di musica ai confini del delirio”, volume curato da Mario Gazzola ed edito da Arcana nel 2019?

Intanto, sarebbe banale parlare di antologia di racconti, dato che questi sono collegati tra loro in vario modo e inseriti in un contenitore boccacesco (intendendo con struttura simile al Decamerone), in cui un racconto principale contiene e rimanda agli altri. La fusione è tale da poter parlare di romanzo collettivo. Ci sono poi persino delle illustrazioni e allora mi viene in mente l’etichetta che avevo inventato per definire “Il Settimo Plenilunio”: gallery novel. Anche quello era un romanzo scritto a più mani e illustrato da ben 17 artisti con 117 immagini, tra dipinti, disegni e foto.

Qui la parte di “galleria” è meno marcata, ma ci sono comunque sette illustratori che accompagnano gli otto autori.

Fermiamoci allora un attimo per dire di chi si tratta. Gli scrittori sono Danilo Arona, Ernesto Assante, Andrea Carlo Cappi, Giovanni De Matteo, Mario Gazzola, Lukha B. Kremo, Maurizio Marsico e Claudia Salvatori. Gli illustratori sono Andrea Carlo Cappi,Erika Dagnino, Mario Gazzola, Tonia Gentile, Sandro Lettieri, Lucia Polo e Valentina Tanca. Come potete vedere ci sono dei nomi che ricorrono in entrambi gli elenchi, e il curatore compare con ben tre cappelli.

Innumerevoli sono le definizioni del fantastico e non basta certo per catalogare tutto ciò che è stato scritto dividerlo in fantascienza, fantasy, paranormale e surreale. Nel mezzo o al confine con altri generi ci sono molte altre categorie come l’ucronia o il gotico, tanto per dirne due, e ogni genere si divide in sottogeneri.

Per “S.O.S.”, la definizione del genere è ancor più complessa di quella della strutura narrativa, poiché vi sono toni da fantascienza classica, new age, psichedelico, connettivismo, cyberpunk  e, ovviamente, tanta musica con riferimenti a musicisti, brani e generi più disparati e spesso, immagino, inventati.

L’idea è che ciascun autore si immedesimi in un personaggio del mondo della musica e scriva come se fosse lui, in un’ambientazione fantascientifica. Diciamo, insomma, tanto per provare a semplificare che si tratta di un volume di “fantamusica”.

Il racconto contenitore è scritto da Gazzola, che, con un quarto cappello, scrive anche l’introduzione, nella quale si colgono alcuni riferimenti culturali: Brian Eno, David Bowie, J.G. Ballard (con la sua Mostra delle atrocità), William S. Burroughs, i Beatles, Madonna (che in un racconto appare decapitata), Duran Duran, Cat Power, Miles Davis, Sun Ra, Ornete Coleman, i Pink Floid e i Tangerine Dream. Altri riferimenti li troveremo strada facendo: Asimov, Douglas Adams, Lovecraft (e il suo Erich Zann), Philip K. Dick, Led Zeppelin, Miles Davis, Dizzie Gillespie, Don Cherry, Laurie Anderson e Mark Rotkho, in un miscuglio di letteratura, musica e persino pittura. Non mancano le autocitazioni o le citazioni reciproche tra gli autori.

Non sono un esperto di musica e certo i riferimenti a Ballard e Burroughs sono quanto di più lontano si possa immaginare per la mia idea di letteratura, ma non mi lascio scoraggiare, se non altro in onore del Duca Bianco, e mi tuffo in questo sogno psichedelico ed eccomi, con Gazzola, nel 2058 in un collettivo d’improvvisazione neo-m-base, al suono di lastre di ghiaccio atonali. Non capisco, ma mi lascio suggestionare dall’atmosfera psichedelica.

Si parla subito del mitico produttore Brain One, anagramma di Brian Eno, che distribuisce carte sulle quali sono indicati i profili delle band immaginarie da imitare/creare e gli strumenti da usare.

È quindi la volta di Lukha B. Kremo, che riprende, con il primo racconto, l’ambientazione del suo pianeta discarica “Pulphagus”, anche se qui siamo su Asteroid, un altro micro-mondo, per la ricerca da parte di un musicista della figlia di un riccone, scomparsa alla ricerca di una nuova identità.

Quando riprende la parola Gazzola ritroviamo “un aborto di essere vivente piovuto nonsisacome nel nostro studio di registrazione blindato e perfettamente insonorizzato” che “rantolava sul pavimento della saletta, forse malato, se non addirittura moribondo”.

Claudia Salvatori ci introduce al potere psicotico del dreamwater presentandoci il suo Catman, un “organismo geneticamente modificato da gatto” dopo aver letto in “Do android dreams of electric sheep?” di Dick dell’estinzione di tutte le specie animali sulla Terra.

Catman ha “artigli che imprimono alle corde della chitarra un tremolio da brividi”.

Il dreamwater è come un virus che si trasmette per via aerea, come un’epidemia. È sufficiente che uno solo si droghi per drogare un’intera comunità”. Droga inquietante per questi gironi da covid-19.

Quanto alla protagonista, “posseduta dalla Nota Sola” (“un’unica nota in cui sentivo l’intera scala musicale”, dice di sé: “Qualcuno, di cui per fortuna non ho memoria, mi ha abbandonato a tre anni in un supermercato. Il mio primo ricordo è una scatoletta di ragù alle larve che cercavo di aprire senza riuscirci. Avevo molta fame. Già allora sapevo di essere il Diavolo” e “per la collera sono corsa a casa e ho avvelenato tutta la mia famiglia”. “Secondo il vescovo mi ero convinta di essere il Diavolo perché lo stupro mi aveva sconvolto la mente”.

Riecco che, chiuso il racconto della Salvatori (ma nessuna storia qui si chiude del tutto, fondendosi con le altre, come in un concerto), riprende la parola Gazzola e ci racconta che “il coso non era più un aborto ma aveva assunto delle forme propriamente umane, anche se ancora non perfettamente definite”. “Il coso-uomo aprì lentamente la bocca come per cantare, ma nessuno di noi riuscì a sentire veramente la sua voce, perché era fusa all’unisono con quelle dei nostri strumenti che attaccarono a suonare simultaneamente. Tutti sulla stessa nota, la Nota Sola di Aleister”.

Soniche oblique strategie", l'antologia-romanzo è fantarock

Alcune illustrazioni di S.O.S.

Ma ecco che il coso inizia a “perdere consistenza sfarinandosi in spirali d’ombra”, mentre la voce narrante passa a Danilo Arona che afferra al volo i suggerimenti di Kremo e Salvatori e ci parla di nuovo di Puphagus e di dreamwater: antologia di racconti, sì, ma legati dal racconto-contenitore e che si richiamano a vicenda. È Arona ad offrirci la decapitazione della pop star Madonna per opera di un cavo di scena, seguita “un’esperienza onirica lucida e inquietante perché nelle mie orecchie tambureggia una musica che non conosco” in una “pista da ballo martoriata di effetti di luce”, del tutto occupata da “brandine ospedaliere e da un incalcolabile numero di persone”: “Le macchine musicali sono anche in grado di curare le patologie del mondo”.

Ed eccoci in una “inquietante ribellione tecnologica chiamata in codice Mad Machinery Possession”.

Giovanni De Matteo ci riporta nell’Absolute Beginners, locale già incontrato, in cui “la musica si fece sincopata, poi in qualche modo ci trovammo ad agganciare una scala pentatonica maggiore in Fa diesi che conferì alla nostra melodia un sapore esotico”. “Il marchio di fabbrica era la metamorfosi: trasformazioni della carne, evoluzione del pianeta, mutazioni psichiche incontrollate detonavano come testate nucleari nello spazio mentale delle nostre percezioni”. Quando compare in pista una ballerina sconosciuta la reazione del protagonista è: “fantasticai di tramutarmi in un treno d’onde sonore solo per potermi andare a infrangere sulle sue forme”. Strana ragazza, capace di “catalizzare la vitalità dei presenti”, “Aisha poteva ascoltare la mia musica, io vedere il suo stato d’animo”. Aisha è capace di “far ballare anche i murales!” Non con la magia, ma con “l’inserimento di nanomacchine in sospensione nella vernice delle bombolette spray”.

Ernesto Assante introduce  Max, un trafficante di “intelligenze artificiali musicali”: “della band vera non c’era più bisogno, che le AI potevano fare il lavoro meglio e con meno stress”. Solo che queste band artificiali, quando restano senza pubblico suonano “sempre di più, sempre più forte” per richiamare ascoltatori e alla fine “tutto esplode”.

C’era, in chilometri di container invisibili agli scanner interstellari tutta la musica che gli esseri umani avevano creato in millenni”. “La musica è la cosa immateriale più importante che noi esseri umani possediamo”, “è presente senza esserci”.

Andrea Carlo Cappi ci parla di un’indagine per omicidio che riguarda la Matsui, una megacompagnia A cura di Mario Gazzola - S.O.S. Soniche oblique strategie. 8 ...extraterritoriale.

Con Maurizio Marsico incontriamo “realtà parallele su linee temporali simmetriche ma dissonanti. Ricordi autentici e falsi ricordi panpottati dall’uno all’altro soggetto in una quadrifonia psicotica” e il tentativo di “far scaturire l’intera opera teatrale di Samuel Beckett dalle narici in forma ectoplasmatica” mediante un “rinovaporizzatore” con “tutte le possibilità dello spettro sonoro e di quello visivo, ma che soprattutto agisca sulla trasformazione della mente e della carne. In fondo è una semplicissima operazione  di psicoplasmica, causare uno shock tra cervello e corpo nel modo in cui l’acting–out isterico simula la falsa pazzia”.

Con queste nuvole di parole astratte, si conclude questo trip psichedelico in onore di Brian Eno e David Bowie, in cui “un cantante già morto aveva cantato per l’ultima volta, accompagnato da una band che non sarebbe mai più esistita, inghiottita dal Nulla insieme a lui”: “la session di registrazione più cosmica e insieme maledetta della storia della musica si era conclusa” chiosa Gazzola nelle pagine finali “per l’estinzione di tutti i musicisti” e non c’è spiegazione per “gli abissi insondabili delle fisica quantistica applicati alla generazione sonora”.

Libro da gustare con il cuore più che con la mente o meglio con il suo lato musicale, se mai ne avesse uno, lasciandosi guidare o, meglio, trascinare, dalle suggestioni sonore, visive e letterarie.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: