Archive for settembre 2022

AVANTI E INDIETRO NEL TEMPO

In “Tahu-Nui-A-Rangi. Il grande incendio del cielo” di Raffaele Formisano (Edizioni Mea, 2021) in un futuro non troppo lontano (2077) dominato dalle multinazionali, un gruppo di cyborg (biodroidi, ex-uomini) indaga su strani meteoriti di origine marziana, tra viaggi nel tempo (che ci portano nell’antico egizio, ad assistere ai viaggi al polo di Amudsen e in molte altre epoche), una pandemia di Morbo Egiziano che ricorda il nostro covid-19, e segreti familiari.

Molte sono le storie che si intrecciano a formare una trama fitta e articolata, che cela misteri che riguardano le origini della nostra civiltà. Un’occasione per riflettere sul futuro, i limiti, gli sviluppi e la morale della tecnologia, soprattutto quando ci rende meno umani.

Una storia che solletica la nostra paura dell’ignoto e ci spinge a porci domande sull’eticità delle scelte della nostra civiltà.

Il romanzo, nella produzione di questo autore, fa seguito ad altre due opere di carattere fantascientifico, “Il paradosso di Schrödinger” (2016) e “Progresso” (2018), ma come si legge in postfazione è in realtà il primo da lui scritto.

Ho condiviso con Formisano la partecipazione alla bella antologia multimediale “Soundscapes” (Edizioni Scudo, 2021) che contiene il suo racconto “Loop”, ispirato al brano “Chiaroscuri flowers” di Jagorart (Marco Besana), in cui il protagonista rimane intrappolato in un ciclo temporale chiuso in cui rivive sempre la stessa fase del suo viaggio in autostrada. Di nuovo, dunque, un interesse dell’autore per le anomalie temporali.

In realtà di Formisano avrei letto anche “Vitreo”, un romanzo collettivo firmato da Joshua Di Bello, dietro cui si cela il collettivo letterario Gruppo Nove, di cui Formisano è membro.

Raffaele Formisano

COME SI DOVREBBE STUDIARE LA STORIA

Forse una trentina d’anni fa lessi un saggio (di cui non ricordo né titolo né autore) che trovai molto illuminante su come l’epoca moderna sia notevolmente meno violenta di quelle antiche, anche se la percezione comune sembra immaginare l’opposto.

Questa discrepanza tra realtà e percezione credo derivi dal fatto che anche una piccola dose di violenza appare come disturbante e quindi ci lascia insoddisfatti come se fosse assai maggiore di quanto è. I media poi ce la mostrano, amplificata, come se fosse onnipresente.

Leggo ora un saggio più recente e molto più elaborato che riprende la medesima idea: Il declino della violenza(“The Better Angels of Our Nature: Why Violence Has Declined”, 2011) di Steven Pinker, un saggio di ben 898 pagine nell’edizione italiana (Mondadori). Un libro impegnativo per dimensioni ma accessibile a tutti per contenuti e che tutti dovrebbero leggere per capire chi siamo, come siamo e perché.

Come lo stesso Pinker nota nelle sue conclusioni, infatti, il declino della violenza è il fenomeno storico più importante della Storia, ma anche il meno conosciuto e studiato. Occorre porre fine a questa situazione perché si porta dietro equivoci deleteri nella descrizione del mondo contemporaneo, che, come faccio notare spesso, tutto sommato, pur con i suoi difetti, sembra essere proprio uno dei migliori mondi possibili che si possano immaginare, ma rischia di non restarlo a lungo se non lo proteggiamo adeguatamente.

Secondo, enorme, pregio di questo libro è che sa esaminare la Storia con uno sguardo scientifico, facendo ricorso a statistica, demografia, psicologia e persino psichiatria.

Credo, infatti, che lo studio della Storia sia ancora, spesso, a livelli primitivi e molta strada debba essere fatta ancora per trasformarla in una Scienza. Anche l’uso dell’ucronia, con lo studio dei mondi alternativi possibili sarebbe uno strumento di cui ogni storico dovrebbe dotarsi nelle sue analisi. La Storia è, poi, molto poco scientifica nello studiare i propri numeri.

Non a caso Steven Arthur Pinker (Montréal, 18 settembre 1954), un canadese naturalizzato statunitense, è uno scienziato cognitivo, professore di psicologia all’Università di Harvard e non uno storico. Non per nulla un altro dei migliori autori di saggi storici per me è Jared Diamond (autore, per esempio, di “Armi, acciaio e malattie” e “Collasso”). Jared Mason Diamond (Boston, 10 settembre 1937) è un biologo, fisiologo, ornitologo, antropologo e geografo statunitense.

Steven Arthur Pinker

Solo grazie a veri scienziati si riesce a dare un approccio moderno e scientifico alla Storia.

Il declino della violenza” sostiene che questa nel mondo è diminuita sia nel lungo che nel breve periodo e in tutti i suoi aspetti (guerra, genocidio, stupro, bullismo, omicidio, trattamento di bambini, donne, minoranze, razzismo…).

L’autore affronta l’argomento sotto diversi punti di vista, tutti estremamente documentati, sia con dati statistici, sia con riferimenti alla letteratura precedente. Non solo analizza le tendenze storiche, ma ne cerca le motivazioni sia nel succedersi degli eventi, sia a livello psicologico e psichiatrico.

Come scrive wikipedia “Sottolinea il ruolo dei monopoli di stato-nazione sulla forza, del commercio (facendo in modo che “altre persone diventino più preziose vive che morte”), di maggiore alfabetizzazione e comunicazione (promotrice dell’empatia), nonché un aumento di un orientamento razionale alla risoluzione dei problemi come possibili cause di questa diminuzione della violenza. Egli osserva che, paradossalmente, la nostra impressione di violenza non ha seguito questo declino, forse a causa di una maggiore comunicazione, e che un ulteriore declino non è inevitabile, ma è subordinato alle forze che sfruttano le nostre migliori motivazioni come l’empatia e l’aumento della ragione.”

Innumerevoli sono stati per me gli spunti di riflessione. Vorrei ricordarne solo alcuni (per quanto abbastanza numerosi):

  • Leggendo la Bibbia avevo già evidenziato la quantità di violenza che vi è presente. Pinker esamina questo e altri testi antichi, che dipingono un mondo in cui la violenza era decisamente più diffusa e accettata.
  • La violenza non è un prodotto della civiltà: Anche i primi ritrovamenti di corpi umani evidenziano morti per violenza. L’uomo è un grande genocida fin dalla preistoria, come ci insegnano opere come “Da animali a dèi” di Harari e “La sesta estinzione” di Kolbert.
  • Nell’analizzare il cristianesimo ne emerge la grande ipocrisia tra la predicazione dell’amore fraterno e la pratica della violenza contro chi non professa la fede (crociate, inquisizione, streghe, cavalleria composta da gentiluomini assassini…).
  • Anche la letteratura successiva abbonda di violenza, basti pensare alle tragedie di Shakespeare e alle fiabe dei fratelli Grimm.
  • Interessante lo studio degli antichi galatei che, nell’indicare come ci si dovesse comportare, mettevano in evidenza i comportamenti antisociali dell’epoca in cui furono scritti. Si pensi all’introduzione delle posate in Europa al posto dei coltelli da guerra e caccia e alla loro totale eliminazione dalle tavole cinesi.
  • Come nell’evoluzione si passa dai microrganismi monocellulari a organismi complessi così nelle società umane si passa da nuclei più piccoli e meno organizzati ad altri che lo sono maggiormente. Questo, sia a livello evolutivo, sia a livello sociale, porta a una riduzione del conflitto tra le singole parti, che ora collaborano tra loro per un bene comune. La crescita della dimensione degli Stati fa diminuire la frequenza dei conflitti.
  • Nell’analizzare le differenze geografiche della diffusione della violenza, nota come alcuni Stati nordamericani abbiamo tassi di violenza tra i più alti del mondo. Analizza quindi come negli Stati Uniti del sud vi sia maggior tolleranza verso la violenza se serve a tutelare se stessi, e come vi sia più forte la cultura dell’onore. Alcuni sostengono che nel sud emigrarono gli scozzesi allevatori mentre nel nord maggiormente agricoltori. Gli allevatori sono più a rischio di essere derubati perché gli animali possono essere portati via la terra no e questo li rende più violenti. Questo però non sembrerebbe vero. Sembrerebbe invece che vi arrivarono popolazioni provenienti da zone montane e più impervie in cui il senso dell’onore era più importante essendo lo stato meno presente. Nell’ovest invece prevalse la cultura di cowboy (allevatori).
  • Il boom di natalità degli anni sessanta portò a un enorme impennata di violenza: difficile gestire questi nuovi barbari da educare. La tv rese la violenza una conoscenza comune degli adolescenti che si potevano ispirare a comportamenti che le generazioni precedenti non avevano conosciuto. I baby boomer rappresentavano un popolo interconnesso grazie a TV e radio. Le élite si sentirono logorate dalla informalizzazione dei rapporti (si veda la progressiva abolizione dell’uso del Lei).
  • Non c’è correlazione tra economia (come maggior ricchezza o povertà) e violenza in particolare omicidi. Casomai la povertà accresce i danni alla proprietà, se cresce la disoccupazione.
  • Un ambiente ordinato fa ridurre la criminalità.
  • La morale stabilisce i propri principi come frutto della ponderazione di costi e benefici.
  • Le guerre di religione, l’inquisizione, la lotta contro gli eretici hanno fatto molti più morti (in proporzione alla popolazione del tempo) delle guerre mondiali. Dare importanza all’anima al posto della vita porta a far perdere valore alla vita stessa e quindi fa aumentare gli omicidi. La morale può essere grave fonte di istigazione alla violenza. Pinker descrive poi le atrocità delle torture.
  • La diffusione della pulizia ha reso gli esseri umani meno ripugnanti e quindi meno soggetti a essere oggetto di violenza da parte di altri che li consideravano come non umani.
  • Il miglioramento dell’economia (ricchezza) ha portato in modo maltusiano a un incremento della popolazione e quindi a una ricchezza pro capite invariata fino alla rivoluzione industriale.
  • Nel 1700 la diffusione dei testi scritti e della lettura favorirono l’empatia e la rivoluzione umanitaria.
  • Raffrontando i morti nelle principali guerre della storia umana con la popolazione vivente in ciascuna epoca, si scopre come le guerre del ventesimo secolo in rapporto al numero di abitanti del mondo fossero confrontabili con quelle di molti altri conflitti dei secoli passati. Le morti per eventi singoli possono sommarsi raggiungendo numeri molto maggiori delle grandi guerre. Si pensi alle morti per incidenti automobilistici che nello stesso arco di tempo della Seconda Guerra Mondiale portano altrettante vittime. “delle 21 cose peggiori (a nostra conoscenza) che gli esseri umani hanno fatto gli uni agli altri, quattordici si situano in secoli anteriori al XX”. Di grandissimo interesse la tabella nel Capitolo V che riparametra i morti dei principali conflitti sull’entità della popolazione del tempo. “Il peggiore massacro di tutti i tempi fu provocato dalla rivolta e guerra civile di An Lushan che, scoppiata in Cina sotto la dinastia Tang, durò otto anni e, secondo i censimenti, comportò la perdita di due terzi dei sudditi dell’impero, un sesto della popolazione mondiale del tempo”. I suoi 36 milioni di morti, se parametrati alla popolazione mondiale del XX secolo, sarebbero stati ben 429 milioni, contro i 55 milioni della Seconda Guerra Mondiale. Si era negli anni tra il 755 e il 763 d.C.
  • Le guerre iniziano in modo casuale e finiscono in modo casuale. Non conta la durata del periodo di pace o di guerra precedente. Difficile quindi predire quanto dureranno o quanto dureranno i periodi di pace.
  • Dalle statistiche sulla pace emerge che dopo la Seconda Guerra Mondiale nei Paesi sviluppati tutti gli indici sulla violenza sono pari a zero. Questo non esclude, come abbiamo ben visto in questi mesi, che il processo possa arrestarsi. Il calcolo delle probabilità diceva nel 2011 come fosse pressoché inevitabile lo scoppio di una nuova guerra in Europa. La lunga pace nucleare sembra essere un’eccezione nella Storia. Già dal 1989 gli studiosi sostenevano che la lunga pace stava per finire.
  • Pare che non sia la minaccia nucleare a impedire la guerra ma la volontà di evitare una guerra convenzionale.
  • Gli Americani hanno un’esperienza della guerra molto ridotta rispetto agli Europei, che le hanno affrontate per secoli, forse per questo accettano la diffusione delle armi tra i cittadini e hanno una maggior volontà di combattere.
  • Guardando le statistiche, le democrazie fanno meno guerre degli stati illiberali.
  • Le grandi potenze sono diventate più interessate a far finire in fretta i conflitti scatenati dai loro alleati che non ha farli vincere.
  • Nei Paesi in via di sviluppo la morte per fame e malattie durante i periodi di guerra si sta riducendo. Questo sembra effetto dell’assistenza umanitaria fornita dalle altre nazioni a livello sanitario.
  • Nel XX secolo i genocidi hanno causato più morti delle guerre. Il disgusto spesso è alla base del genocidio e l’ideologia lo sostiene. Ideologie utopiche ricercano la perfezione e portano al genocidio per eliminare chi non risponde ai canoni. Gli utopisti si sentono molto buoni ma non si rendono conto che la loro ideologia portata all’estremo può diventare razzista e generare genocidi. I genocidi sono stati molto meno studiati delle guerre dagli storici. Primi esempi di genocidi furono gli stermini delle altre specie di Homo. A leggere la Bibbia uno dei primi grandi genocidi fu… Dio.
  • In alcune specie, pensiamo ai leoni per esempio, quando ci sono più maschi adulti sono i maschi che lasciano il gruppo. Nei primati (scimpanzè e uomini in particolare) invece semmai sono le femmine che si allontanano, mentre i maschi rimangono nello stesso gruppo familiare e questo crea forme di solidarietà che poi degenerano, per meccanismi di conservazione genetica, in una maggior propensione a sacrificarsi per i propri parenti e quindi anche una propensione alla guerra. Molti terroristi suicidi sono affetti da questa forma di sacrificio per la famiglia. A volte i terroristi suicidi sono scapoli giovani con numerosi fratelli, che beneficeranno di eventuali guadagni offerti dalle cellule terroristiche e per collocare poi il resto della famiglia in modo migliore nella società.
  • Terrorismo nel lungo periodo si estingue, degenerando in violenza estrema che non trova più supporto nella società civile.
  • Nell’analizzare il rischio di guerra provocata da paesi islamici e lo stato della democrazia di questi, emerge dai dati una forte diffusione del pacifismo islamico.
  • Nell’evidenziare l’importanza della cultura nel ridurre la violenza, cita Voltaire “Coloro che possono farvi credere assurdità, possono farvi commettere atrocità”.
  • Un altro assurdo luogo comune è che i bambini siano innocenti e la violenza si impari. Già la psicoanalisi ci ha mostrato come questo sia del tutto falso. I dati di Pinker mostrano come l’età in cui siamo più violenti è fino ai due anni: i bambini non imparano la violenza, imparano a non praticarla.
  • Come diceva Platone e ripeteva Freud, i buoni sognano di compiere violenza, ma i cattivi la fanno.
  • Nella psicologia della violenza, il colpevole ha sempre una motivazione.
  • Pinker passa poi a esaminare quali parti del cervello si attivino in casi di violenza vendetta e simili, quali sostanze o comportamenti rendano più violenti: l’ossitocina rende più empatici, la lettura di opere di narrativa espande l’empatia, fondamentale lo sviluppo dell’autocontrollo, le tendenze aggressive possono essere ereditabili, il calo della violenza è stato troppo veloce per essere giustificato a livello genetico biologico, il senso morale genera violenza.
  • La tolleranza e le regole di mercato allontanano la violenza come soluzione ai conflitti. Le sanzioni economiche come nuova forma di guerra (lo vediamo anche ora in Ucraina).
  • Studi sulla gravità delle guerre intraprese dagli USA mostrano come sia collegata con l’intelligenza (Q.I.) dei loro presidenti.
  • L’irrazionalità genera violenza.
  • Il Quoziente di intelligenza medio della popolazione (americana) da un secolo a questa parte è aumentato enormemente. Un cittadino medio del 1910 oggi avrebbe un quoziente intorno a un 70. Nei test sui Q.I. risultano migliorati i risultati soprattutto su somiglianze e matrici.
  • Capacità di immaginare mondi ipotetici ci rende più intelligenti, comprensivi e meno violenti. In ambito letterario sottolineerei l’importanza della diffusione di ucronia e fantascienza per aprire le menti.
  • La scuola prima insegnava a imparare a memoria ora insegna a comprendere. È cresciuta l’intelligenza astratta.
  • La stupidità morale favorisce il razzismo.
  • I liberali hanno un Quoziente di intelligenza superiore a quello dei conservatori, ma le persone più intelligenti pensano in modo economico, hanno una visione commerciale dei rapporti umani e questo le porta a una minore violenza. L’educazione prepara alla democrazia. La politica per slogan ne ha abbassato il livello di razionalità portando al ritorno di alcuni episodi bellici.

Insomma, come già scritto, un libro ricchissimo di spunti, che si possono anche non condividere ma da cui partire per comprendere meglio il nostro mondo e migliorare il nostro modo di ragionare. Anche perché una cosa che questo saggio non dice è che se la violenza contro la nostra stessa specie è diminuita, quella contro il nostro mondo sta aumentando vertiginosamente e rischiamo di distruggerlo: non è forse una violenza peggiore che poi si ritorcerà contro tutti noi, che, anzi, già si sta ritorcendo?

UN FANTASMA STORICO FUGGITO DALL’INFERNO DANTESCO

Il mistero di Branca Doria – Alessandra Casati

Nel IX cerchio dell’Inferno di Dante, in un grande lago ghiacciato i traditori degli ospiti scontano la loro pena, immersi nel ghiaccio, le loro lacrime gelano, impedendo ad altre lacrime di fluire e causando loro immensa sofferenza. Tra questi troviamo il nobile genovese, Brancaleone Doria, detto Branca. A lui Alessandra Casati dedica un intero romanzo “Il mistero di Branca Doria” (Porto Seguro, 2017), che lo vede protagonista. L’espediente narrativo è fantastico, in chiave quasi dantesca. L’autore si rivolge in seconda persona a un nostro contemporaneo che s’imbatte nel fantasma di Branca Doria. Lungi dal fuggirne via, intavola una discussione e il genovese gli

Alessandra Casati

racconta così la sua intera vita. Vita di scontri, battaglie, intrighi politici, violenza, ma anche di un uomo che difende e protegge una famiglia che, anno dopo anno, si accresce.

Il romanzo, molto ben documentato, ci rende un Branca Doria quanto mai vivido, una trama ricca di avventure ed eventi, che rendono la lettura piacevole.

La copertina realizzata dall’editore si nota per l’originalità in quanto non riporta alcun testo, a parte il nome della casa editrice, né il titolo, né il nome dell’autrice.

PSICOSFERA: un romanzo e un progetto di antologia cui aderire

LE FONTI DI “PSICOSFERA”: TUTTE LE OPERE DIETRO IL LIBRO

Il romanzo “Psicosfera”, scritto da Massimo Acciai Baggiani e Carlo Menzinger di Preussenthal ed edito da Tabula Fati nel 2022, si ricollega e ispira a varie opere precedenti.

La bozza di romanzo scritta da Massimo Acciai e presentata a Carlo Menzinger con la proposta di completarla assieme faceva riferimento soprattutto a “Viaggio al centro della Terra” di Jules Verne nonché a tutta la letteratura ESP e paranormale.

Il file iniziale faceva espresso riferimento anche a molte altre opere che immaginavano la Terra cava: i miti greci, norreni, ebraici e cristiani, le teorie di Edmond Halley, che immaginava il pianeta fatto a strati con altrettante atmosfere tra un guscio roccioso e l’altro e con l’aurora boreale causata dalla fuoriuscita di atmosfera interna luminescente. Si citava John Leslie, che ipotizzava due soli interni al pianeta: Plutone e Proserpina. Si accennava anche a John Cleves Symmes, per il quale il guscio avrebbe lo spessore di 1300 chilometri con due grossi “buchi” ai due poli. Si citavano poi le opere di Ludvig Holberg, Giacomo Casanova, Edgar Allan Poe, James De Mille, Edgar Rice Burroghs.

Quando, però ci mettemmo a dare una diversa forma al romanzo, abbandonammo del tutto le teorie

della Terra cava a favore di quella una Terra popolata in profondità da creature senzienti e telepatiche fatte di magma e tutti questi riferimenti furono cancellati.

Un’altra parte del romanzo che è stato vittima dell’editing è un mio racconto ispirato ad alcune opere di Ursula Le Guin, in cui immaginavo una telepate in grado di comunicare mentalmente con creature sotterranee. Lo avevo inserito nel romanzo. La storia aveva un forte messaggio ecologista. Il racconto è stato poi in gran parte cancellato e frammentato in piccoli accenni. Vi citavo “Le tombe di Atuan” (“La Terra girando al cospetto del sole alterna il giorno e la notte, ma dentro di lei non esiste giorno”), “La salvezza di Aka” (“ma la notte era uguale su qualsiasi mondo. L’assenza di luce non era altro che quello”), “Il mago” (“È il sorgere dell’alba che crea tutte le terre e i mari, che genera le forme dalle ombre ricacciando i sogni nel regno del buio.”), tutti riferimenti poi cancellati, mentre la Soglia continua invece ad avere un ruolo importante nella versione finale di “Psicosfera”. Deriva dall’omonimo romanzo “La soglia”. Un’altra frase della Le Guin che mantiene la sua importanza nel romanzo è “Noi possiamo vedere le stelle, ma non possiamo udirle” (da “Il mondo della foresta”). Gli esseri abissali possono sentire le stelle ma non possono vederle, gli umani, al contrario, possono vederle ma non riescono a sentirne i messaggi telepatici. È per questo che hanno bisogno delle creature di superficie per raggiungerle.

Va detto che sebbene le opere della Le Guinn abbiano spunti interessanti non mi hanno mai soddisfatto

appieno. Per renderle onore ed esplicitare i riferimenti a quest’autrice le citazioni erano in bocca a un personaggio che avevamo chiamato Ursula e che all’inizio era la sorella di Natalja Tarkovskij, detta Natascia. Il cognome era quello del regista di “Solaris”, opera che rappresenta la fonte d’ispirazione principale del romanzo. Si decise poi di non farle essere più sorelle e quindi mutammo il cognome in Lem, l’autore del romanzo “Solaris”, anche se Lem era polacco e il nostro personaggio della Ciuvascia.

In “Solaris” gli astronauti studiano per anni un pianeta il cui mare sembra essere un essere senziente, capace di materializzare i loro sogni e i loro desideri. Il protagonista, per esempio, si ritrova nella stazione spaziale la moglie morta da dieci anni Harey. Qualcosa del genere avviene nella Psicosfera in cui sono rinchiusi i nostri protagonisti: gli esseri magmatici che li hanno rapiti materializzano attorno a loro cose e persone dai loro desideri.

La moglie del protagonista Anatoli Adamov si chiama appunto Harey, come tributo a tale personaggio di Lem anche se il cosmonauta farà materializzare la figlia Yelena e non la moglie.

Adamov è, invece, il cognome dello scrittore russo di fantascienza Grigorij Adamov (1886-1945), autore, tra l’altro di “La conquista del sottosuolo” oltre che di opere in cui già immaginava problemi climatici come lo scioglimento dei ghiacci. Il cognome Adamov, peraltro, richiama il nome del nostro progenitore biblico Adamo, dato che alla fine del romanzo, Anatoli Adamov sarà uno dei primi uomini sul nuovo pianeta.

Quando Acciai mi propose di completare il suo romanzo (che aveva chiamato “Il tenebroso ignoto cuore”) la sua idea era di ibridarlo con la mia serie di “Jacopo Flammer e i Guardiani dell’Ucronia”, dato che il protagonista ha delle (modeste) doti telepatiche. Non mi parve il caso. Ragionando ancora sull’idea di una Terra cava, pensammo anche di popolarla di vampiri, riallacciandoci in tal modo al romanzo “Il Settimo Plenilunio” che scrissi con Simonetta Bumbi. Anche quest’ide ci parve però troppo banale.

Visto che ci teneva a quest’ibridazione con qualche mia opera, proposi “La bambina dei sogni”, la cui protagonista ha il potere di materializzarsi nei sogni altrui e di manipolarli, rendendoli concreti, sino al punto di far soffocare il sognatore. Concetto un po’ diverso dalla materializzazione dei desideri di “Solaris” ma non poi così distante. L’Elena Dati de “La bambina dei sogni” è così diventata Yelena Adamov, portandosi dietro il suo padre folle/ antagonista Oberon. Questo personaggio, peraltro, giunge in “Psicosfera” passando da “La bambina dei sogni” ma la sua origine è il Re delle Fate di “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, opera che Oberon in “Psicosfera” cita quasi ogni volta che compare. L’intero romanzo, ambientato in estate, è un po’ un sogno “estivo”, shakespeariano soprattutto quando la Psicosfera induce i protagonisti a liberare i propri istinti erotici. Elena fa una comparizione anche nel mio “La figlia del ragno”.

Centrale per l’intera opera è anche la frase del bardo inglese “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” tratta da “La tempesta”. Concetto che ritorna più volte nel romanzo, man mano che i personaggi scoprono la consistenza di una simile affermazione.

I sogni in “Psicosfera” non sono solo materia, capaci di generare nuove realtà, come in “Solaris” ma divengono anche energia capace persino di superare i limiti del tempo e dello spazio. Se in questo nostro tempo la possibilità di realizzare i viaggi spaziali appare pura illusione (come ho scritto nell’articolo “Alla ricerca di una nuova casa” appena uscito nel numero “Postumano” di IF – Insolito & Fantastico), solo una nuova forma di energia psionica, l’energia onirica, che, come si dice nel romanzo, la scienza ancora non è in grado di spiegare, potrà riuscire a superare gli spazi interstellari.

Un altro riferimento è all’autore di fantascienza Isaac Asimov, che presta il cognome a uno dei

cosmonauti. L’omaggio qui non è per le sue opere più note, come i cicli Impero, Robot e Fondazione, né per le celeberrime leggi della robotica, ma a “Nemesis”, che parla di un pianeta i cui microbi sono collegati in una rete che pare quasi una rete neuronale e rendono il pianeta intelligente, in modo diverso da “Solaris” ma non dissimile dall’idea che possano esserci esseri intelligenti diversi dall’uomo. Inoltre anche i procarioti di Asimov comunicano telepaticamente.

Infine, un altro importante riferimento per questo romanzo è “2001 Odissea nello spazio”, con la sua idea di un’evoluzione eterodiretta, da degli alieni in Clarke, dagli esseri magmatici che vivono nelle profondità della Terra in “Psicosfera”. Il Popolo di Gaia, ovvero gli esseri magmatici, da sempre ha anche influenzato la civiltà umana, dando vita a Dei, fenomeni soprannaturali, sogni e visioni.

In “Psicosfera”, il Popolo sotterraneo di Gaia non solo ha pilotato la civiltà umana, ma, essendo diviso tra “correnti” favorevoli e avverse all’umanità, alcune sue componenti l’hanno osteggiata o hanno favorito lo sviluppo di altre razze.

Questi sono solo alcuni dei riferimenti di questo romanzo, ma dietro ci sono tutti i romanzi letti, in particolare tutta la fantascienza a noi nota. Nessun libro nasce dal nulla. Non si può scrivere senza leggere.

AMORE TRA NAUFRAGHI RIVALI

Parte assai bene “L’onore dei Vor” (1986) di Lois McMaster Bujold (Columbus, 2 novembre 1949), con i due protagonisti Cordelia Naismith e Lord Aral Vorkosigan, due nemici, naufragati da soli (a parte un militare privo di conoscenza) su un pianeta alieno, dove devono cercare non solo di fronteggiare interessanti creature extraterrestri, ma anche trovare un modo per collaborare e cooperare in questo sforzo, scoprendosi meglio l’un l’altra, nonostante l’atavica rivalità tra i loro due popoli, i mondi di Beta e Barrayar. Certo, non si respira né l’atmosfera della lotta tra Montecchi e Capuleti ma neppure quella di “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” o di Robinson Crusoe, ma la McMaster Bujold sa trovare la sua.

Poi la scena si popola, la lotta per la sopravvivenza e lo spazio per la reciproca conoscenza passano in secondo piano, il romanzo perde mordente e anche fantascientificità, dato che gli intrighi e i conflitti che seguono potrebbero essere benissimo quelli tra qualunque nazione della Terra, senza scomodare mondi lontani. Romanzo di fantascienza quindi ma molto mainstream, per la sua attenzione ai rapporti sociali più che alla tecnologia e alle biologie aliene, senza peraltro, mi pare spostarsi nel campo della fantascienza sociologica. Pregio o difetto? Dipende dai gusti, credo. Io avrei preferito un’ambientazione con la stessa fantasia delle prime pagine anche nel resto del romanzo.

Lois McMaster Bujold

Il volume fa seguito a “Gravità zero” (1987-88), ambientato molto prima e poco connesso a questo volume, che appare del tutto autonomo come lettura. È, in sostanza, l’inizio di una saga di vari volumi, il cui seguito è “Barrayar”, in cui incontreremo Miles Vorkosigan, figlio dei due protagonisti de “L’onore dei Vor”.

Vari volumi dopo troveremo Miles a 28 anni in “I due Vorkosigan” (1994), che avevo già letto in precedenza.

In questi tre romanzi della saga noto una grande varietà di temi (quadrumani che vivono senza gravità, naufragi, amori tra rivali, cloni) e storie molto diverse tra loro, cosa che forse dà poca unitarietà alla serie (ma questo potrò valutarlo solo dopo averne letti di più), ma che di sicuro rende la lettura più interessante.

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