Nei giorni scorsi, con l’idea di leggere qualcosa che potesse ispirarmi in merito alla possibile scrittura di una storia della famiglia, lessi “La sposa normanna” dell’australiana Margaret Moore, lettura piacevole ma per nulla istruttiva dal punto di vista storico, incentrata sulla storia d’amore immaginaria tra una nobile normanna e uno scozzese.
In realtà, il libro che avrei voluto leggere e ho ora letto, omonimo, era “La sposa normanna” di Carla Maria Russo, romanzo storico sulle vicende della monaca normanna Costanza d’Altavilla, che fu costretta a rinunciare ai voti per sposare Enrico VI di Hohenstaufen, detto il Severo o il Crudele (Nimega, 1º novembre 1165 – Messina, 28 settembre 1197), che fu re dei Romani (1190-1197), imperatore del Sacro Romano Impero (1191-1197) e re di Sicilia (1194-1197) col nome di “Enrico I di Sicilia”. Era il secondo figlio dell’imperatore Federico Barbarossa e della sua consorte Beatrice di Borgogna e fu costretto a sposare Costanza di Altavilla (Palermo, 2 novembre 1154 – Palermo, 27 novembre 1198), la figlia postuma del re normanno Ruggero II di Sicilia, erede designata del nipote Guglielmo II di Sicilia e reggente del medesimo regno per conto del figlio Federico II di Svevia e imperatrice consorte (come moglie di Enrico VI di Svevia).
Il romanzo narra in modo concreto e vivace come la donna fu costretta a rinunciare al convento, a sposarsi ormai trentatreenne con il diciannovenne Enrico, con il quale non ci fu mai un buon rapporto. La sovrana non riesce a dare al Regno di Sicilia e all’Impero un erede fino ai quarant’anni, quando nel 1194 diede alla luce colui che diverrà Federico II di Svevia. Lo partorisce in viaggio dalla Germania alla Sicilia, a Jesi, secondo Carla Maria Russo, perché il marito non credeva fosse davvero incinta e voleva assistere al parto, costringendola così a un viaggio in pieno inverno con una gravidanza a rischio, portandola quindi a partorire anzi tempo lungo la strada. Nel romanzo, per far sì che il parto non sia messo in discussione, vi fa assistere tutte le donne del villaggio e si mostra poi agli uomini mentre allatta in un toccante passaggio.
Donna forte, appare nel libro, che affronta un marito distante ed egoista, che sostiene la nobiltà locale contro l’Impero e difende con le unghie il figlio Federico, pur dovendolo abbandonare bambino a quattro anni, per la propria morte prematura.
Vediamo poi come Federico, con l’appoggio del popolo, riesca a crescere e a ottenere il ruolo che gli spettava per nascita.
Lettura quindi ricca di informazioni, ben scritta, con personaggi ben caratterizzati e per giunta, quanto mai utili ai miei fini, dato che discendo proprio da una figlia di Federico II, che sposo un d’Aquino (famiglia di mia madre) e quindi, tramite lei, discenderei anche da questa “sposa normanna”. Una nobildonna sveva, Richina von Wolfsölden, sarebbe stata la madre di una delle figlie di Federico, Margherita di Svevia, nata intorno al 1230 (1227-1298 per altre fonti), che divenne poi moglie dal 1247 di Tommaso II d’Aquino conte di Acerra.
Tommaso II d’Aquino (nato dopo il 1225 – Palermo, 15 marzo 1273) è stato un politico italiano, figura di rilievo della cerchia di Federico II di Svevia, del quale divenne anche parente avendone, appunto, sposato la figlia naturale Margherita. In seguito, si allontanò dagli Hohenstaufen, abbandonando la causa ghibellina per aderire alla parte guelfa.
I d’Aquino erano una famiglia di antica nobiltà feudale e di origini longobarde, fedele agli Hohenstaufen e ferocemente avversa agli Altavilla normanni. Tommaso II era nipote per via paterna di Tommaso I d’Aquino.
Le parentele dei d’Aquino con i sovrani normanni non si limitano a queste: in seguito al matrimonio tra Sibilla d’Aquino, dei conti di Acerra, sorella di Riccardo, I conte di Acerra, e re Tancredi, i d’Aquino si imparentarono con i re Normanni di Sicilia. Riccardo d’Aquino, primo conte di Acerra, fu accanto a re Tancredi durante le lotte dinastiche per il trono di Sicilia e fu ucciso, come la moglie Sibilla, per ordine dell’Imperatore Enrico VI nel 1197.
Quanto a San Tommaso d’Aquino (Roccasecca, 1225 † Fossanova, 1274), era figlio del conte Landolfo feudatario di Roccasecca e di Teodora di Napoli probabile nipote di Federico Barbarossa. Dunque, ancora una volta la famiglia si sarebbe intrecciata con gli Hohenstaufen.
Di Carla Maria Russo avevo già letto l’interessante “Il cavaliere del Giglio” sulla famiglia Uberti e la battaglia di Montaperti.