
Se ho già visto il film da cui è tratto un libro, sono più restio a leggerlo. Così mi sono ridotto a leggere solo ora “Shining” (1977) di Stephen King, da cui fu tratto nel 1980 il film cult girato da Kubrik con Jack Nicholson come protagonista. Un grande film che rimane impresso nella memoria anche dopo tanti anni.
Finalmente, mi è parso fosse ormai sufficientemente sfumato nella memoria da poter affrontare il romanzo. Del resto, nel frattempo, è andata crescendo la mia ammirazione per questo autore e mi pare delittuoso non leggere almeno tutte le sue opere principali.
Certo avevo ancora ben in mente le due sorelle fantasma vestite uguali, i lunghi corridoi dell’hotel che

Danny percorreva con la sua automobilina a pedali, la scena di Jack Torrance che sfonda la porta del bagno con l’ascia, ma il ricordo dell’insieme si era finalmente perso.
Innanzitutto, sono tornato a riflettere sul titolo, che da ragazzino, quando vidi il film, non credo mi fossi mai preoccupato di tradurre in alcun modo. Il suono “Shining” mi riportava quello della parola “Ascia” e tanto bastava. Ascia-shining, assassino…
Nel film si spiegava, invero, che gli “Shining” sono le visioni paranormali del piccolo Danny e degli altri personaggi. In inglese, però, vuol dire “brillante, lucente”. Non so se possa essere in qualche modo collegato a visioni o telepatia. Interpretazione di King, insomma.
Ebbene, il libro mi è apparso subito diverso da quanto mi era rimasto del film: molto più ricco e articolato, con rimandi al passato dell’hotel, dello scrittore Jack Torrance, della sua famiglia.
A metà del libro, quindi, ho ceduto alla curiosità e sono tornato a vedere il film di Kubrick.
In effetti, quelle differenze ci sono. È diversa anche la trama e persino il finale.
King ci porta dentro la vicenda raccontandoci l’infanzia del padre di Danny, le drammatiche vicende dell’hotel, le tensioni tra Jack e sua moglie Wendy, mentre il film si apre con Jack che attraversa in auto splendidi paesaggi di montagna, del tutto deserti, con l’auto vista sulla strada vuota dall’alto. Il regista sembra quindi privilegiare l’impatto psicologico del luogo isolato, mentre lo scrittore punta di più sui precedenti psicologici dei personaggi e sull’influsso malefico dell’hotel, luogo maledetto dalla violenza che lo ha attraversato.
La cinepresa spesso si colloca alle spalle dei personaggi (pensate a Danny che pedala per i corridoi) dandoci un punto di vista che è quasi quello del personaggio, ma distaccato (direi come un’anima che guarda se stessa, librandosi sopra, in punto di morte). Questo ben rende la prospettiva del romanzo.

Nulla vorrei dire sui diversi finali, per non spoilerare ai pochi che non li conoscano, ma colpisce come siano diametralmente opposti nell’elemento scatenante: ghiaccio nel film, fuoco nel libro. Singolare mi pare anche la scelta di Kubrick di mostrare nell’ultima scena la foto degli anni ’20 del secolo scorso, con tutto ciò che questa implica.
Il Jack Torrance interpretato da Nicholson appare assai più nel ruolo del carnefice, del cattivo, del pazzo,

che non quello del romanzo, che in fondo è la prima vittima della “possessione” dell’hotel. È il male che vi alberga il vero nemico per King. Assai diversi anche alcuni particolari. Intanto, le due bambine del film paiono gemelle (a guardar bene non lo sono, ma sembrano almeno della stessa età), mentre nel libro si dice che il precedente guardiano aveva due figlie non gemelle, che assassinò, assieme alla moglie.
Insomma, due diverse storie che partono da una medesima traccia.
Da notare anche come anche qui emerga l’attenzione di King per la psicologia infantile, che ben abbiamo visto in “It”, “L’istituto”, “La bambina che amava Tom Gordon”, “Stand-by me” e persino nella saga della “Torre nera” o magari in “Cujo”. Non solo un personaggio importante è il figlio di Jack, ma analizza l’infanzia stessa dello scrittore-guardiano.
In seguito King ha scritto “Doctor Sleep” che vede il piccolo, traumatizzato, Danny Torrance alle prese con alcol e poteri paranormali. Ho iniziato a vedere il film e mi riprometto di leggere subito anche il romanzo. Certo senza Nicholson e Kubric, il film non mi pare sui livelli del precedente.