Archive for luglio 2019

VIA DA SPARTA Famiglia, matrimonio e sesso

Nel tempo alternativo di VIA DA SPARTA, uomini, donne e bambini vivono separati tra loro e, sebbene esistano i matrimoni, sono solo accordi economici e riproduttivi, mentre sesso e amore (tra loro spesso separati) si svolgono al di fuori. L’amore omosessuale è considerato quello vero, ma è accettato sebbene visto un po’ come una perversione) anche quello eterosessuale. Il sesso è libero. Le donne devono essere sempre disponibili quando un uomo le vuole. La violenza sessuale è accettata, soprattutto se rivolta contro ilote. Le spartiate possono opporsi. La pederastia fa parte dell’agoghé, la formazione dei ragazzi.

Il matrimonio d’amore e come base della famiglia è considerato una stravaganza delle minoranze ebraiche o di sette come i gesuisti.

Gli uomini non si sentono legati né alle mogli, né ai figli, di cui spesso ignorano l’esistenza, dato che prima vivono con le madri nel gineceo e poi da soli nel Ginnasio.

 

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Il sogno del ragno

Il regno del ragno

La figlia del ragno

ORGANISMI CIBERNETICI PER IL COMPLEX PROBLEM SOLVING

Risultati immagini per ProspettiveIngContinua la mia collaborazione alla rivista dell’ordine degli ingegneri anche se questa ha ora cambiato nome da ProgettandoIng in ProspettiveIng e il curatore non è più Giuliano Gemma ma Beatrice Giachi.

Il primo numero della nuova veste della rivista è dedicato al Complex Problem Solving e così anche il mio racconto “La soluzione al problema”, che non poteva quindi che essere fantascientifico e che immagina degli organismi cibernetici organici per la soluzione dei problemi.

 

LA FIGLIA DEL RAGNO – IL SOGNO MUTA IN INCUBO?

Proseguono le avventure della schiava Aracne, del suo figlio mutante Lucius e della sua padrona e amante Nimphodora attraverso lo spietato Impero di Sparta in questo mondo alternativo in cui il presente non somiglia al nostro oggi. Aracne e i suoi amici riescono finalmente a sfuggire alla tela di Sparta, ma troveranno nell’estremo nord dei Regni Perieci un gelo che non è solo quello del clima ad accoglierli. Il sogno si muterà in incubo? L’utopia diverrà distopia?

In un susseguirsi di avventure e colpi di scena, con “La figlia del ragno”, la saga di “Via da Sparta” si avvia a conclusione rivelando aspetti inattesi del mondo e segreti impensabili che riguardano la tessa vita della protagonista.

E nei sogni appaiono collegamenti con altri mondi e altre storie che non possono che aprire nuovi interrogativi sulla stessa natura dell’universo.

 

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Il sogno del ragno

Il regno del ragno

La figlia del ragno

UNA DOCCIA EMOZIONALE DI TOSCANITÁ

Toscani per sempreToscani per sempre”, sottotitolo “Viaggio emozionale nel cuore della Toscana” è un’antologia di racconti ambientati in Toscana e scritti per lo più da autori della regione.

Il volume è curato da Paolo Mugnai, la prefazione è dell’assessore Eugenio Giani e la postfazione dell’attore Alessandro Benvenuti.

L’impostazione storica accomuna molti racconti, sebbene le epoche scelte dagli autori siano varie. Prevalgono nella raccolta i ricordi personali e le ricostruzioni storico-geografiche a voler testimoniare il forte radicamento culturale che l’essere toscani si porta appresso.

Tra i numerosi autori (oltre venti) spicca Massimo Acciai Baggiani, il solo che già conosca e cui ho persino dedicato un volume che parla di lui e del quartiere fiorentino in cui vive “Il narratore di Rifredi”, sia per il ricco curriculum di opere al suo attivo, sia per la qualità del suo contributo (“Un racconto casentinese”), d’ambientazione storica ma con note surreali, che apre la raccolta.

Si prosegue con una storia di violenza medievale con “L’osteria bruciata” di Enrico Baccani.

Ci parla di un’urna cineraria al mare “L’ultimo scatto” di Milena Beltrandi.

Di nuovo storico-paranormale è la storia del fantasma cinquecentesco di Francesco Ferrucci in “Fiorenza e Francesco” di Nicola Biagi.

Tinte ben più nere nella storia del killer in vespa di Luigi Bicchi “Fernando il proiezionista”.

Post-apocalittica è la ricerca di una cantina ne “La promessa” di Andrea Brancolini.

Ci parla degli ebrei a Firenze durante la seconda guerra mondiale Antonia del Sambro in “I rami delle betulle”.

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Alessandro Benvenuti (Pontassieve, 31 gennaio 1950) è un attore, cabarettista, commediografo, regista, sceneggiatore e scrittore italiano.

Sara Ficocelli, invece, ci racconta di un gatto disperso in Piazza dei Miracoli a Pisa e di un vagabondo che lo trova ne “La scelta di Ciccio”.

Protagonista de “La vedova e l’acqua santa” di Luca Frati è un prete innamorato che ottiene il perdono dei suoi parrocchiani.

Praticamente un piccolo saggio su San Piero a Ponti è “Anima di campagna” di Andrea Claudio Galluzzo.

Parla di coincidenze Ilaria Guidantoni ne “Il violino sull’oceano”.

Un misto di storia e ricordi personali è “Pisa e il mare” di Marco Innocenti che ci racconta di questa città marinara senza mare e delle vacanze a Tirrenia.

Occasione per scoprire il rito paesano della maggiolata è “Memorie di un maggiolaio” di Antonio Landi.

Ci parla della vita quotidiana Luca Mugnai in “Piccola riflessione sulla periferia”, mentre Paolo Mugnai ricorda i giochi e le battaglie dei ragazzi a Marina di Alberese.

Stefano Perissi in “La mano” ci mostra un soldato in trincea.

In “Vicopisano tra passato e presente” Alessandro Ricci ripercorrendo le vie del paese dalle tante torri ne ricorda la storia e non dimentica di parlare anche di Firenze.

Ci parla del nuovo quartiere universitario di San Donato a Firenze e di uno studente innamorato Francesco Russo ne “I coinquilini”.

Sarà meglio vivere in campagna o in città? Si può avere nostalgia del Mugello? Ce ne parla in “Occhi nuovi” Gaia Simonetti.

Un atto d’amore verso la nostra variegata e ricca Toscana è il racconto di Elena Tempestini “Toscana e l’arte del caleidoscopio”.

Francesca Tofanari ci spiega con ironia quanto possa essere difficile vendersi l’anima in “Anima in svendita”.

Camminando per Firenze, Enrico Zoi rispolvera antichi ricordi in “Rinasco fiorentino”.

L’attore Alessandro Benvenuti, infine, nella postfazione, si interroga se sia davvero possibile essere Toscani per sempre e che cosa questo voglia dire.

VIA DA SPARTA – Spartiati e iloti, uomini e donne

Nell’Impero di Sparta ci sono due classi: gli spartiati che comandano e gli iloti, loro schiavi. Un’altra forte distinzione è tra uomini e donne. Gli spartiati maschi si occupano solo di guerra e politica, le loro donne di tutto il resto, gli iloti svolgono tutti i lavori più umili, ma i maschi sono soprattutto militari.

Gli iloti sono schiavi pubblici di Sparta, che li affida in “gestione” a degli spartiati.

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Il sogno del ragno

Il regno del ragno

La figlia del ragno

 

LA PORTA SU UN VECCHIO FUTURO

La porta sull'estateLa porta sull’estate” (1956) dello scrittore statunitense Robert Anson Heinlein mi pare un tipico esempio dell’ottimismo tecnologico e sociale dell’America degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, che caratterizza, per esempio anche la produzione di Isaac Asimov.

La fantascienza di quegli anni, spesso si è rivelata assai utopistica, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico. Peccato che le previsioni di allora siano state raramente azzeccate. Si ragionava soprattutto di viaggi spaziali e di colonizzazione dello spazio e ora, alle soglie del secondo decennio del XXI secolo non siamo andati molto oltre una bandierina sulla Luna. Un altro tema erano i viaggi nel tempo, anche se qui vi era assai meno fiducia di poterli realizzare. Altra cosa era per la crioconservazione delle persone, in cui vari autori parevano credere, anche questa ben lontana da realizzarsi.

Heinlein, autore classico della fantascienza, immagina una storia avveniristica ambientata in due epoche future, per noi ormai relegate nel ricordo.

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Robert A. Heinlein (Butler, 7 luglio 1907 – Carmel-by-the-Sea, 8 maggio 1988)

Immagina un ingegnere che nei primi anni ’70 lavora alla produzione di robot (anche qui nella realtà quanto siamo lontani dall’immaginario di Heinlein o Asimov!) e che viene sottoposto a crioconservazione, risvegliandosi nel 2000, dove scopre un mondo in cui i robot da lui creati sono assai diffusi, ma lui è stato ingannato dal suo migliore amico e dalla fidanzata e non ci ha guadagnato nulla.

Scopre allora che i viaggi nel tempo sono possibili e ritorna negli anni ’70 a sistemare le cose.

Il titolo fa riferimento al suo gatto, che d’inverno, prova tutte le porte di casa alla ricerca di una che si apra sull’estate, così come il protagonista cerca un miglior presente.

Se il mondo descritto per certi aspetti dovrebbe sembrare più moderno, con questi “robottoni” ingombranti, meccanici e pieni di tubi strani, ha più che altro un aspetto vintage e l’idea del singolo uomo che realizza macchine incredibili e cambia il mondo è utopistico ai limiti dell’ingenuità, salvo forse per dei “sognatori americani”. La storia è comunque ben  costruita, gradevole e si legge come una cara vecchia cosa.

Se volete leggere qualcosa di Heinlein più moderno e attuale, non perdetevi l’importante “Universo”, tra l’altro scritto persino anni prima, nel 1941, che ha ancora oggi molto da dirci.

 

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VIA DA SPARTA – il mondo di Sparta

VIA DA SPARTA” descrive un presente alternativo.

Sparta ha vinto a Leuttra contro Tebe,  sconfitto e distrutto Atene. Sparta è ora un grande impero che domina su gran parte di Europa e Africa e buona parte dell’Asia. Il mondo come lo conosciamo non è mai esistito. Tutto è diverso, per effetto della cancellazione della cultura ateniese e del diffondersi dell’Impero di Sparta.

La storia che costituisce la trilogia comincia il 16/04/2009 e termina il 14/07/2018, ma si svolge in una linea temporale diversa dalla nostra, in cui gli ultimi 2400 anni di storia si sono svolti diversamente: Sparta, soggiogata Roma, domina ormai Europa, Asia e gran parte dell’Africa e dell’America. Quasi tutto il resto del mondo è dominato dai samurai giapponesi. Dunque, niente neoclassicismo, rinascimento, rivoluzione francese. La rivoluzione industriale è appena cominciata.

Il romanzo si basa sull’idea che questo abbia portato a cambiare ogni cosa: rapporti sociali e familiari, costumi sessuali, religione, politica, leggi, diritti e doveri, proprietà mezzi di trasporto, tecnologia, arte, moda, alimentazione, ecologia ecc.

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Il sogno del ragno

Il regno del ragno

La figlia del ragno

IL RE DELLA MENTE

Stagioni DiverseSono davvero pochi gli autori intensi come Stephen King. Di norma preferisco i romanzi ai racconti ma persino in un’antologia come “Stagioni diverse”, Stephen King dimostra la sua assoluta superiorità non solo rispetto ai contemporanei ma alla maggioranza dei romanzieri di ogni tempo. Va detto che questi quattro racconti sono così lunghi da potersi definire romanzi brevi (neanche poi tanto brevi a dir il vero) e questo certo aiuta l’autore a dare a personaggi e trama la grande profondità psicologica che sempre lo distingue come gran conoscitore degli aspetti più oscuri della mente umana.

 

Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank” è una magnifica storia carceraria di un bancario finito ingiustamente in carcere. L’ambiente del penitenziario crea in chi ci vive uno straniamento particolare e sembra quasi di leggere storie ambientati in altri mondi. Sorprende in King la capacità di inserire una gran quantità di dettagli mai inutili, ma sempre funzionali a una forte caratterizzazione della storia principale, senza diventare mai prolisso. Tutto è utile alla storia. Notevole la caratterizzazione sia del protagonista che del narratore, singolare la loro amicizia, affascinante la resistenza e la determinazione del protagonista.

 

Un ragazzo sveglio” ci racconta di un ragazzino che va a caccia, a metà degli anni ’70, di criminali nazisti, ne trova uno e ci instaura un rapporto speciale, dapprima riuscendo persino ad assoggettare psicologicamente il vecchio gerarca, ma poi sviluppando in modo coerente eppure sorprendente, questo rapporto in qualcosa che diventa amicizia e collaborazione. Forse parte un po’ lentamente e l’episodio del gatto bruciato nel forno mi è parso un po’ sopra le righe, ma King realizza, nella prima parte, un altro capolavoro psicologico. Nella seconda parte mi pare, invece, che si faccia prendere un po’ la mano con la vicenda dei barboni assassinati. Diciamo che il profilo psicologico di un nazista che dirige un campo di concentramento mi pare diverso da quello di un serial killer di barboni e non credo che l’uno possa diventare l’altro. Se non altro perché il primo si muove in un contesto gerarchico, sociale e di regole che lo supporta e lui rispetta, mentre il secondo si muove in autonomia e contro ogni regola. Se, però, accettiamo questo sviluppo, la storia è certo avvincente e si evolve con originalità, riprendendo più volte slancio anche quando si ha l’impressione che possa essere ormai conclusa.

 

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Stephen King

L’autunno dell’innocenza – Il corpo (stand by me)” ha ispirato il film “Stand by me” che, quando lo vidi molti anni fa da ragazzino, mi impressionò al punto da indurmi a scrivere la prima recensione cinematografica che osassi inviare a un quotidiano (che ovviamente neppure mi rispose). Non ricordo bene che cosa mi colpì, nè che cosa scrissi, ma di certo lo trovai geniale nel suo modo di raffigurare quella fine d’infanzia da cui io stesso mi ero allora allontanato da poco.

Il ritratto di questo gruppetto di ragazzini in viaggio lungo i binari del treno alla ricerca del cadavere di un altro ragazzo morto è un esempio della capacità di penetrazione psicologica di Stephen King, questo autore che ha magistralmente raccontato la schizofrenia della colossale saga della “Torre nera” e che qui, ancora una volta dimostra di essere un fine conoscitore della mente umana e dei suoi meccanismi, soprattutto quelli legati alla paura.

Eppure questo terzo racconto, leggendolo oggi, mi è parso più lento e meno efficace dei due che lo hanno preceduto. Non mi hanno convinto, in particolare, le descrizioni troppo lunghe delle vite familiari dei ragazzini (non credo che nel film fossero così marcate). Nonostante questo, rimane comunque un’opera di gran lunga superiore a tante cose che si leggono in giro e, forse, sì, tutto sommato, si potrebbe dire che è un piccolo capolavoro anche questo, sebbene la qualità del volume vada progressivamente decrescendo dal primo al quarto racconto.

 

“Una storia d’inverno – Il metodo di respirazione” che chiude la raccolta è un racconto che racchiude al suo interno un altro racconto. Nel primo si parla di uno strano club che forse non è un vero club. Nel racconto che contiene si racconta di un medico che segue una donna madre nella sua gravidanza e, infine, nel parto.

Risultati immagini per stephen king stand By me filmSinceramente la parte sul club mi ha persino annoiato, come se King viaggiasse in prima. Appena comincia il racconto della ragazza, ingrana subito la terza, ma comincia a farci una sorta di quadretto di come fosse difficile la vita per le ragazze madri negli anni ’30 del XX secolo e quanto arretrati i metodi medici per la preparazione al parto. Tutto molto interessante, ma poco “kinghiano”. Appena, però, si arriva al parto, King ingrana non la quarta, ma la sesta e ci troviamo davanti a un “seppur breve” momento di grandissima tensione emotiva, che forse ripaga di tutte le altre pagine.

 

Chiudono il volume le riflessioni di King (“Una parola di conclusione”) su come sia difficile pubblicare racconti come questi quattro perché troppo lunghi per un racconto e troppo corti per un romanzo.

Devo dirvelo: da venticinquemila a trentacinquemila parole sono cifre in grado di far rabbrividire fino nelle ossa il più intrepido scrittore di fiction. Non c’è una definizione semplice e concisa di quello che è un romanzo o un racconto… per lo meno non in termini di conteggio di parole, né dovrebbe esserci. Ma quando uno scrittore si avvicina al limite delle ventimila parole, sa di essere sul punto di sconfinare dal paese del racconto, e ugualmente, quando supera il limite delle quarantamila parole, penetra nel paese del romanzo” scrive.

Spiega così come è arrivato a pubblicarli assieme in un unico volume. Personalmente avrei preferito pubblicarli come singoli romanzi brevi, ma lui ha molta più esperienza di me.

In questo finale, King racconta come accadde che fu etichettato (ed accettò la cosa) come autore horror, sebbene il suo editor lo sconsigliasse di seguire quella strada, poco remunerativa (cosa ben smentita dalle notevoli vendite dei suoi libri).

 

King è comunemente noto come “re dell’horror”. Certo lo è ma questo titolo è quanto mai riduttivo per lui. In questi racconti non c’è nulla dell’horror come lo immaginiamo, con fantasmi, vampiri, zombie. C’è semmai, come spesso è in King, l’orrore dell’abiezione della mente umana.

Il direttore del carcere che si rifiuta di verificare l’innocenza del suo prigioniero o il ragazzino che si appassiona delle atrocità dei campi di sterminio e si trasforma in un assassino ci fanno orrore, ma non certo paura. È questo l’horror di cui King è davvero re.

Nella postfazione King stesso scrive:

Così sono stato etichettato e non me ne importa granché… dopotutto, scrivo per rappresentare qualcosa… per lo meno, quasi sempre. Ma è solo di orrore che scrivo? Se avete letto i precedenti racconti, saprete che non è così… eppure in tutte quelle storie sono riscontrabili elementi dell’orrore, non solo in Il metodo di respirazione… quella faccenda delle sanguisughe in Il corpo è piuttosto raccapricciante, come lo è l’immagine onirica in Un ragazzo sveglio. Prima o poi, Dio solo sa perché, sembra che la mia mente si volga sempre in quella direzione.

Insomma, leggete questi piccoli grandi romanzi brevi e capirete che anche qui, in queste piccole cose, più che un Re dell’Horror, King è un Re della Psiche.

I DUE LATI DI UNA LUNA SURREALE

Risultati immagini per hanno invaso la SvizzeraRieccomi a leggere uno dei libri surreali di Massimo Bernardi dopo “Mandala”. Il suo nuovo lavoro si chiama “Hanno invaso la Svizzera” e il titolo continua nel sottotitolo “e altri racconti brevi per letture notturne”. Se “Mandala” è un caleidoscopio che tutto mescola situazioni, citazioni, fiaba, fantascienza, paranormale, psicologia, tempo, vita reale, Italia, Emilia, Bologna, “Hanno invaso la Svizzera” si presenta più strutturato.

Innanzitutto, il volume è diviso in parti.

La prima, “The bright sight of the moon” si divide a sua volta in tre “Sogni d’oro. Quando la mente di notte viaggia libera”, “Scherzi del caso. Le curiose coincidenze della vita” e “Come sparire completamente”.

La seconda “The dark side of the moon” comprende “Con il favore della notte. Visioni ispirate ai dipinti di Sergio Padovani”, “Il dolce domani. Piccoli sogni d’oro e d’argento sotto la coltre di neve dell’inverno” e “Parole nello spazio. Liberi pensieri in libera stanza”.

Ciascuna di queste sei parti è composta da una miriade di micro-racconti, in qualche modo riuniti per genere.

Al di là dell’ovvio riferimento ai Pink Floyd, avrete capito che anche qui l’elemento onirico è fondamentale. Molti racconti hanno, infatti, la tipica successione degli eventi dei sogni, per mere associazioni mentali, direi, psicologiche.

Introduce il volume la prefazione del grande Dino Buzzati. Dino Buzzati? Ma come, direte voi, lo scrittore bellunese non è morto nel 1972, mentre il volume di Bernardi è del 2018?

Ovviamente, anche la prefazione è di Bernardi che ci gioca, raccontando di quanto sia difficile per un autore come lui emergere e si paragona al Drogo del suo capolavoro “Il deserto dei Tartari”, in perenne attesa di qualcosa (i Tartari o il successo o “la speranza del nuovo” – pag. 7) che non arriva mai.

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Massimo Bernardi

Lo stesso BuzzatiBernardi, ci spiega che “qui di sogni se ne trovano a bizzeffe”, “storie oniriche senza capo né coda che sembrano venire dalle tele di surrealisti; poi storie di gente che scompare all’improvviso senza lasciare traccia alcuna; infine storie su come il caso nella vita ci giochi strani scherzi” (pag. 8) ed ecco raccontato già il lato luminoso della luna.

Quanto a quello oscuro BuzzatiBernardi ci spiega come lì “le atmosfere virino decise verso l’arcano, il mistero e l’inquietudine”, “non solo, ma il Bernardi sembra voler fare un ulteriore tuffo carpiato con triplo salto mortale verso i territori profondi dell’inconscio, sempre più inesplorati” (pag. 9).

Oltre a Buzzati, tra i riferimenti letterari di Bernardi troviamo anche Stephen King, con il pagliaccio di IT che compare già nel primo racconto. Come basi culturali mi trovo perfettamente allineato a lui: due grandissimi autori.

Ed ecco già in questo primo mini racconto i palloncini che volano in cielo, che spesso ritornano nelle storie, per esempio a pag. 54 “un palloncino lasciato andare di proposito da una bambina a molti chilometri di distanza”.

Chi altro cita, oltre a loro e ai Pink Floyd? Ne dirò solo alcuni: Christo (l’artista), Cristo (il fondatore della setta ebraica ben nota), Madonna (la cantante), Van Gogh, Hugo Ball,  Francesco Guccini (“il macchinista anarchico guida La locomotiva”, Carmen Consoli, John Lennon, Francesco Totti, King Kong, Donkey Kong Jr., Sandokan (Guido e Maurizio De Angelis, più che Emilio Salgari), Bach, Wong Kar-Wai, Wagner, Leopardi, Dylan Dog, Guido Gozzano (“buone cose di pessimo gusto” – pag. 39) e chissà quanti altri che ora mi sono sfuggiti o non  ricordo.

Ora vorrei darvi giusto un accenno della sua prosa, prendendo un breve brano dal secondo capitolo:

Ai lati della strada vedo grandi pareti di rocce vulcaniche rosse e viola con incisi sopra dei disegni rupestri con scene di caccia, pesca e mercante in fiera. Qualche impronta di dinosauro, qualche dedica in stampatello a un amore perduto firmata con il sangue”.

O ancora, più avanti (pag. 55):

C’è una ragazza con un basco cremisi e una mantellina azzurra che sta dipingendo all’aperto, noncurante del forte veto che si sta alzando”, fin qui pare quasi normale, poi più avanti “man mano che lei procede a dipingere, il suo tatuaggio va scomparendo per riapparire poi esattamente  uguale sulla tela”.

Risultati immagini per guardia svizzeraColgo il riferimento alla pittura per ricordare che Bernardi è anche appassionato di fotografia. Fu proprio il suo contributo come fotografo al volume illustrato (“gallery novel”) “Il Settimo Plenilunio” (di cui fui un autore e il curatore) che abbiamo cominciato a conoscerci meglio.

Un altro esempio?

A quel punto il mostro rivela al bambino biondo un po’ di gossip in un orecchio: il terzo segreto di Fatima, la verità sulla nascita dell’universo e due o tre giochi di prestigio che gli serviranno da grande per fare colpo sulle ragazze”.

La natura onirica della narrazione emerge soprattutto in brani come “non è più il parco della mia infanzia ma una specie di grande baraccone, un mondo fittizio dato dalla somma di tanti luoghi immaginari visti nei film, che ci vengono incontro storti, di sbieco, sottosopra, a seconda dei folli movimenti della giostra”. Mondo sognato, dunque, ma anche mondo-citazione. Mi viene, allora, un po’ in mente quello che cercai di fare con il mio thriller “La bambina dei sogni” (qui però la narrazione è meno onirica), quando alle vicende dell’inquietante bambina adottiva con il potere di manipolare i sogni mescolavo citazioni letterarie.

Quali racconti ho preferito? Beh, la mia natura onirico-razionale (anche io amo il mondo dei sogni, non per nulla nella biografia che mi ha dedicato Massimo Acciai Baggiani mi ha definito “Il sognatore divergente”), mi porta a preferire storie fantastiche ma con sviluppi narrativi più concatenati, dunque per me “Le curiose coincidenze della vita” e “Come sparire completamente” sono le parti che raccolgono i racconti che ho apprezzato maggiormente.

LE MAPPE SONO POESIE

Sono sempre piacevoli e variamente poetici i libri del fiorentino Paolo Ciampi.Il Sogno delle mappe

Lo lessi per la prima volta nel 2009, con il suo saggio sull’esploratore Odoardo Beccari, cui si ispirò il romanziere d’avventura del titolo “Gli occhi di Salgari”.

Lo ritrovai nel poetico saggio su una scrittrice dell’appennino “Beatrice”. Più di recente, ho letto “Per le foreste sacre” e “L’aria ride”, per non parlare del suo intervento ne “Il sognatore divergente“. Tutti testi che in qualche modo hanno a che fare con i viaggi, ma anche con i libri, quasi che leggere e camminare fossero attività legate (così come lo sono per me, che sempre ascolto libri con il TTS del mio e-reader mentre cammino e leggo in viaggio). “C’è tanta letteratura, nelle librerie di viaggio” (pag. 9), scrive.

Era inevitabile, forse, che allora Paolo Ciampi prima o poi si soffermasse a parlarci dello strumento per eccezione di ogni viaggiatore: la mappa.

Lo fa nel brevissimo saggio “Il sogno delle mappe”, sottotitolo “Piccole annotazioni sui viaggi di carta”. Non è un saggio tradizionale, ma piuttosto la riflessione di chi le carte utilizza, colleziona e ama. Non per nulla nel titolo c’è il termine “sogno”, dato che quel che ci racconta è filtrato dalle sue emozioni verso questi oggetti, ormai quasi desueti con l’avvento di navigatori e GPS, come lo stesso Ciampi annota, ma evidenziando come la mappa ci faccia percepire in modo assai diverso la strada che percorriamo rispetto a un navigatore, invitandoci a guardarci attorno e non a seguire come pecore la voce del padrone elettronico. Il GPS ci pone al centro del mondo, alimentando folli, ingenui e deleteri egocentrismi. Internet ci rivela il nome dell’assassino prima di cominciare la lettura del giallo.Paolo Ciampi

Ciampi cita Paolo Rumiz “Le mappe non servono a orientarsi, ma a sognare il viaggio nei mesi che precedono il distacco” (pag. 11) e poi scrive “i sogni che sono i primi biglietti da staccare per la partenza” (pag. 13) e “ho fatto incetta di mappe: per alimentare i miei sogni” (pag. 13).

Tante sono le mappe. Ci sono “le mappe dei viaggi sfumati e le mappe dei viaggi compiuti” (pag. 17). Delle mappe dice “non ce n’è una che non sia anche fantasia” (pag. 26) e ognuna “mette insieme il sacro con il profano, la cartografia con la metafisica” come la Mappa Mundi di Hereford.

Oggi con google e street view vediamo tutto in anticipo, la mappa ci consente invece di sognare perché contiene una sorpresa. Cita Bruce Chatwin “Le mappe sono un modo di organizzare la sorpresa”.

E ancora, le mappe sono “narrazione del mondo” (pag. 70).

Come scriveva Giovanni Cenacchi “una mappa, un panorama di montagna, un libro di itinerari e uno di poesie si assomigliano un poco. Non sono mai del tutto completi, sono finiti a metà: e ciò che manca loro per concludere il senso siamo noi, il nostro percorso, il nostro sguardo, la nostra lettura…” (pag. 88).

E così le narrazioni di Ciampi sono sempre un po’ storia, un po’ natura e un po’ poesia.

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La Mappa Mundi di Hereford: Disegnata su un singolo foglio di vellum, misura 158 x 133 cm[1], ed è la più grande mappa medievale conosciuta finora. Fu dipinta fra il 1276 e il 1283 in Inghilterra da Richard di Haldingham e riproduce il mondo allora conosciuto fondando la propria rappresentazione sulla base di nozioni storiche, bibliche, classiche e mitologiche.

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