Il 28 Settembre 2017 ho incontrato per la prima volta Massimo Acciai Baggiani al convegno di Porto Seguro al Westin Excelsior, dove presentava un libro scritto a 6 mani con suo cugino Pino Baggiani, memoria storica della famiglia, e Italo Magnelli, illustratore del volume “Radici” sulla storia del Mugello e della famiglia Baggiani.
L’ho incontrato di nuovo il 16 Ottobre, alla presentazione di un altro libro al SMS di Rifredi, un’antologia di racconti dal titolo “La compagnia dei viaggiatori del tempo” giacché i racconti, spesso di fantascienza, sono ambientati in varie epoche del passato e del futuro e talora ci sono veri e propri viaggi attraverso il tempo. Massimo Acciai Baggiani, in tale occasione presentava anche una raccolta di poesie scritte negli ultimi 25 anni “25 – Antologia di un quarto di secolo”, con la quale ho completato la lettura de “La compagnia dei viaggiatori del tempo”. La cosa particolare di quest’antologia è che non è un libro ma l’editore Iskretiae l’ha stampata su un unico foglio A4, ripiegato poi nelle dimensioni di un biglietto da visita.
La raccolta di racconti strutturata come il Decamerone, cioè con dodici amici che si raccontano una storia per uno, facendo due giri, per un totale di 24, inizia con la storia che fa da cornice nel fiorentino bar di Piazza della Repubblica, Le Giubbe Rosse, un tempo ritrovo di scrittori e artisti.
La cornice più che al Decamerone fa pensare ai commenti di Asimov in certe sue raccolte di racconti o di Hitchcock ai suoi telefilm: sono spesso occasione per spiegare qualcosa del racconto che segue o precede.
Il primo racconto (“Il Genio”), ascoltato anche al SMS, ci ricorda che se si viaggia nel tempo è ben preoccuparsi non solo del “quando”, ma anche del “dove” si va.
Il secondo, “la città della bellezza”, ci parla di una Firenze futura trasformata in un luogo incontaminato, una specie di “riserva di bellezza”, dove per

Carlo Menzinger con “La compagnia dei viaggiatori nel tempo” di Massimo Acciai Baggiani
bellezza si intende quella più tipicamente fiorentina, ovvero quella rinascimentale. Eppure anche questa città così dedita alla bellezza nasconde sorprese.
“Quando arrivò la fine del mondo” immagina un viaggio nel tempo collettivo, di tutta l’umanità che si sposta avanti negli anni, lasciando la Terra vuota!
È questo l’ultimo dei tre racconti che i ragazzi si scambiano alle Giubbe Rosse. La scena della cornice si sposta quindi a Pisa.
A cominciare è proprio l’ospite Loriano con il suo “Conto alla rovescia”, più che una storia, un’idea: un calendario che funzioni alla rovescia, facendo la conta dei giorni che mancano a una data scadenza.
Una narratrice, poi ci porta a scoprire come potrebbe essere “Firenze nel XXII secolo”. Con Massimo Acciai siamo vicini di casa e qui scopro una Firenze in cui sono solito muovermi anche se portata avanti nel tempo. Se ne vede, però forse un po’ poca, dato che il racconto è incentrato sulla conversazione tra la protagonista, viaggiatrice nel tempo, e un suo nipote ritrovato molto invecchiato nel futuro.

Massimo Acciai Baggiani al SMS di Rifredi per la presentazione delle sue antologie.
“The show must go on” ci manda avanti di ben mille anni, a una competizione canora cui partecipa il clone di un cantante del XX secolo.
“La notte” ci porta in un cimitero che è anche una sorta spartiacque temporale, ma solo di dieci anni.
Con “Paternità” ci s’interroga sui rischi del web per quel che riguarda il moltiplicarsi di versioni diverse degli stessi libri. Ma è davvero un problema? In fondo è proprio quello che ho fatto quando ho pubblicato “La bambina dei sogni”: ogni settimana ne facevo uscire una versione leggermente diversa e ora se due persone dicono di averlo letto difficilmente hanno davvero letto lo stesso libro.
“La vita di un uomo” immagina uno sfasamento temporale dei sensi di una persona. Qualcosa di simile a “L’occhio del purgatorio” di Jacques Spitz o a “Il marchio di Caino” di Elisabetta Modena.
In “Sai tenere un segreto?” a bordo di un’auto, che fa pensare a quella di “Ritorno al futuro”, ci si sposta invece attraverso lo spazio.
“Marte” non ha nulla a che fare con i viaggi nel tempo, salvo che i tre protagonisti rimangono isolati dalla Terra per 3 anni e vi tornano, quindi, un po’ come se non avessero solo attraversato lo spazio da Marte, ma anche quei tre anni, in cui l’intero mondo è del tutto cambiato: sono rimaste solo donne, perché un virus ha sterminato tutti gli uomini. Un racconto simpatico, che mi pare una tipica fantasia maschile, ma stranamente Acciai ha immaginato che a scriverlo sia stata una donna del gruppo.
Il primo giro di racconti si chiude con uno strano viaggio su “Il pianeta” da parte di un uomo solo e della strana personificazione di questo mondo alieno e la mente mi corre a quel capolavoro assoluto che è “Solaris” di Stanislaw Lem.

Massimo Acciai Baggiani
Nell’introdurre il primo racconto del secondo giro, si accenna all’ucronia e s’immagina un viaggio di Colombo attraverso un mare che non contenga alcun America tra Europa e Asia. Dopo aver scritto il mio romanzo “Il Colombo divergente”, in cui immagino che il navigatore non riesca a comunicare la propria scoperta, avevo pensato di farne un seguito-espansione, scrivendo una serie di altre storie alternative sulla non-scoperta dell’America e tra le idee possibili ce n’era una uguale. In questo volume, come nella mia mente, rimane un progetto inespresso.
Quello che segue (“Il ramo secco”) è un racconto fantascientifico ma di ispirazione ucronica (per essere vera ucronia non ci dovrebbe essere il viaggio nel tempo, che invece c’è) in cui Adolf Hitler quattordicenne viene portato avanti di un secolo per essere “rieducato”. Se lo avessi scritto io, avrei immaginato un finale diverso, ma il racconto è comunque uno dei più interessanti, sarà perché mi ricorda il mio “Il pittore di Branau” (Leggibile nella raccolta “Ucronie per il terzo millennio”, in cui immagino che Hitler da ragazzo consegua dei successi scolastici che la storia gli negò, diventando così un pittore, anziché un politico.
“Fuga in sol minore” ci lascia sospesi tra un improbabile viaggio su Marte e il sospetto che si asolo il frutto di una mente folle e non posso non pensare alle incredibili avventure del Barone di Münchhausen o di Cyrano di Bergerac.
“Immortalità” ci introduce al difficile tema della clonazione come soluzione per la prosecuzione della vita umana.

Italo Magnelli, Massimo e Pino Acciai presentano “Radici” all’Excelsior
Il gruppo si sposta poi a Lucca, dove, dopo un’interessante riflessione sull’importanza dei titoli dei libri, è la volta del racconto “L’uomo più stonato del mondo” che ci parla della casualità della vita, che è poi il principio dell’ucronia: sarebbe bastato poco perché le vite di Marco, Vincenzo, Luigi e Vittoria fossero diverse e si mescolassero in altro modo. La storia stessa ne sarebbe mutata del tutto, perché, come scrivevo ne “Il Colombo divergente”, può bastare il piccolo gesto di un uomo a cambiare la storia del mondo intero. Il battito d’ali di una farfalla in Australia può provocare un terremoto in America, si dice, o qualcosa di simile.
Le “Macchine pensanti” del racconto che segue, ricordano i robot umanoidi di Isaac Asimov, se non gli androidi di “Blade Runner”. Il racconto s’incentra su un fatto linguistico e offre l’occasione per una discussione sull’Esperanto, quella lingua artificiale che vari decenni fa sembrava la soluzione per trovare un idioma universale e che tanto mi affascinava da bambino, pur rivelandosi poi un perfetto fallimento di cui immagino che i giovani d’oggi abbiano perso il ricordo.
“Persi nel tempo” è uno dei racconti più lunghi della raccolta e, forse, il migliore, con questa coppia che si cerca nel proprio passato, incontrando il propri alter ego bambini.
Dopo il racconto, il narratore s’interroga su quando si debba scrivere un’autobiografia e se abbia senso farlo. Il mio consiglio sarebbe di non farlo mai, perché autobiografie e diari sono spesso quanto mai noiosi. Uno scrittore deve creare qualcosa che non abbia troppo a che fare con la propria vita. Se non lo fa, è uno scrittore a metà. I migliori autori sono quelli che creano mondi diversi da quelli in cui vivono.
I narratori si spostano quindi a Montebello.
“Il bambino che parlava con un raggio di luna” è una breve fiaba.

Macchina del tempo
“24/8/79” ci porta molto più indietro di quanto si possa immaginare, a un’antica catastrofe.
“Cena a S.Aimone” racconta di uno strano esperimento sociale in cui una piccola comunità decide di vivere come se il Medioevo non fosse mai finito.
Ci si sposta, infine, a casa del narratore, che ci spiega come un tempo vivesse al Poggetto (dove io ora vivo) e di quanto gli manchi quel luogo. Da quel che so di Massimo Acciai Baggiani, la nota dovrebbe essere autobiografica.
“L’estinzione delle zanzare” ci parla di un mondo utopico. Singolare l’idea di connotarlo con la fine delle zanzare, quasi che fossero il peggiore dei mali del nostro tempo. In effetti, però, anche io ho scritto un racconto apocalittico incentrato su questi odiosissimi animali e un articolo in cui spiego come rappresentino un pericolo ben più grave di quanto si creda comunemente.
“Nato d’Agosto” è una riflessione sull’immortalità e “Duemilassessantuno”, che chiude la raccolta, è una sorta di tributo alla collina del Poggetto di Firenze.
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