Kurt Vonnegut avrebbe voluto scrivere un romanzo in cui si raccontasse di come il tempo, alla fine del XX secolo, si sia fermato, sia tornato indietro di circa dieci anni e da lì tutto sia ricominciato ma esattamente allo stesso modo, con tutte le persone del mondo consapevoli di rivivere dieci anni della propria vita e nella totale impossibilità di dire o fare nulla di diverso da quanto avessero fatto prima, pur sapendo che magari qualcosa che stavano per fare li avrebbe portati al disastro. Arrivati alla fine dei dieci anni, riacquistavano il libero arbitrio e ne restavano sconvolti, incapaci oramai di fare qualcosa che non fosse già scritto e preordinato dal destino.
L’idea mi pare ottima e di sicuro una variante interessante sui viaggi nel tempo e i paradossi connessi. In un certo senso, sarebbe una non-ucronia, dato che il tempo diverge dal suo percorso naturale, ma gli effetti rimangono gli stessi. Non si genera un’allostoria. Quello che cambia è solo il futuro, dato che le persone, consapevoli di aver rivissuto per dieci anni gli stessi eventi, sono diventate diverse da come sarebbero state senza questo evento.
L’idea c’era e Kurt Vonnegut c’ha lavorato per vari anni, ma alla fine il risultato, a quanto scrive lui stesso è stato disastroso. Aveva un libro, ma questo non funzionava. Ha dunque deciso di salvarne alcune parti. Ha deciso di chiamare l’aborto di romanzo “Cronosisma 1” e il nuovo libro nato dalle sue ceneri “Cronosisma”.
Ho dunque cominciato a leggere “Cronosisma”, trovandomi immerso nella descrizione di come l’autore avesse fatto a scrivere e smontare “Cronosisma 1” aspettandomi che prima o poi avrei potuto leggere il romanzo “Cronosisma” o, se preferite “Cronosisma 2”. Lo vorrei chiamare “Cronosisma 2”, per distinguerlo dagli altri due, dato che di questo romanzo non ho, alla fine, trovato traccia. “Cronosisma” continua fino alla fine a parlarci di come sarebbe potuto essere “Cronosisma 1”, dandocene alcuni assaggi. Il risultato non si può neppure definire una raccolta di racconti commentati: mi sembra più un commento a un libro immaginario intervallato da racconti. Viene allora in mente Borges con la sua letteratura immaginaria, anche se qui “Cronosisma 1” più che immaginario è un aborto di libro. Si può però dire che siamo dalle parti del metaromanzo, di un romanzo (una sorta di autobiografia parziale) che parla di un altro romanzo, lo pseudobiblion “Cronosisma 1”.

Kurt Vonnegut
Gli stralci di racconti a volte mi sono parsi banali, altre trovate invece sono stimolanti, ma la capacità narrativa di Vonnegut è buona e quindi il volume si riesce a leggere nonostante la sua discontinuità e c’è persino chi lo considera geniale (in effetti alcune frasi lo sono), ma si rimane con l’amaro in bocca per non essere riusciti a leggere una storia con una trama molto promettente. Mi toccherà scriverlo io, questo “Cronosisma 2”!
In attesa vi lascio qualche citazione, dato che alcune definizioni sparate lì sono forse la cosa migliore del libro e ciò che lo ha fatto amare:
“La mia compianta prozia Emma Vonnegut disse disse di odiare i cinesi. Suo genero le rispose che era cattivo odiare così tanta gente in una volta sola.”
” Riguardo al declino e alla caduta della civiltà romana c’è una teoria secondo cui si trattò di una conseguenza delle loro tubature in piombo. L’avvelenamento da piombo rende la gente pigra e ottusa.
Qual è la VOSTRA SCUSA?”
“Dirò anche che fare l’amore, se sincero, è una delle migliori idee che Satana abbia ficcato nella mela che poi diede al serpente per passarla a Eva. In quella mela, comunque, l’idea migliore in assoluto è quella del jazz.”
“Nel sistema solare c’è un pianeta i cui abitanti sono talmente scemi da non accorgersi, per un milione di anni, dell’esistenza dell’altra metà del pianeta. Se ne sono accorti solo cinquecento anni fa! Solo cinquecento anni fa! E dire che si danno reciprocamente dell’homo sapiens!”
“Nelle conferenze sostengo sempre che minimo il 50% dei matrimoni americani va a rotoli perché la maggior parte di noi non ha famiglie allargate. Oggi, quando ci si sposa, ci si becca una persona soltanto.”
“La cosa principale a proposito di Van Gogh e me” disse Trout “è che egli dipingeva quadri che sbalordivano lui stesso per la propria importanza, anche se nessun altro pensava che valessero una cicca. Io scrivo racconti che mi sbalordiscono, anche se nessun altro pensa che valgano una cicca”.
“I raccontatori di storie a mezzo inchiostro e carta – non che ancora contino qualcosa – si dividono in due categorie: quella degli “incursori” e quella dei “rifinitori”. Gli incursori scrivono la loro storia in fretta, a capofitto, alla brutto dio, come viene viene. Poi ci tornano sopra instancabilmente per sistemare tutto ciò che è venuto male o che non funziona. I rifinitori vanno avanti frase dopo frase, lavorando il periodo finché diventa esattamente come lo volevano, poi passano al successivo. Scritta l’ultima frase, il racconto è terminato.”
“Non è possibile che un cervello umano non assistito – cioè nientaltro che poltiglia, un chilo e mezzo di spugna imbevuta di sangue- possa aver scritto Stardust, per non parlare della nona di Beethoven.”
“E’ chiaro che capisco che la ripugnanza ispirata persino adesso, e forse per sempre, della parola <comunismo> è una degna risposta alla crudeltà e all’ottusità dei dittatori dell’URSS, che si erano definiti comunisti con lo stesso disinvolto arbitrio con cui Hitler si definiva cristiano”.
“Mi hai detto che avevo qualcosa.”
“Eri malato, ma adesso stai di nuovo bene, e c’è un sacco di lavoro da fare.”
“Voglio sapere cos’hai detto che avevo.”
“Ho detto che avevi il libero arbitrio.”
“Libero arbitrio, libero arbitrio… Me l’ero sempre chiesto cos’avevo. Ora so come si chiama.”