TUTTI GLI AMANTI DI ESMERALDA

Ci sono libri che pur non avendoli mai letti abbiamo l’impressione di averlo fatto, tanto ci è nota la loro trama, familiari i loro personaggi, consueta la loro ambientazione. Uno di questi è per me senz’altro “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo. Molte ne sono state, infatti, le trasposizioni cinematografiche e teatrali e persino musicali. Quella che maggiormente ho in mente è

Mentre finivo di leggere "Notre-Dame de Paris", visitando lo Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte, vedo questa statua la dietro e dico scherzando "ecco Esmeralda", ma era proprio lei:

Mentre finivo di leggere “Notre-Dame de Paris”, visitando lo Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte, vedo questa statua la dietro e dico scherzando “ecco Esmeralda”, ma era proprio lei: Si tratta di una scultura di Antonio Rossetti del 1856.

la versione disneyana “Il gobbo di Notre-Dame” (1996), uno dei cartoni animati preferiti da mia figlia quando era piccina. Il bel Phoebus e il gobbo Quasimodo spiccavano tra le sue barbie e molte volte mi è capitato di rivedere assieme a lei la videocassetta. Penso poi anche al musical teatrale di Riccardo Cocciante (1998). Qualche immagine ricordo anche del vecchio film di Lon Chaney (1923) o di quello con Charles Laughton (1939).

Vittima delle suggestioni disneyane tendevo dunque a immaginare Quasimodo, il campanaro gobbo, guercio e sordo, come il protagonista, ma la vera protagonista è la giovane e bella egiziana Esmeralda, una ragazzina sedicenne intorno al quale ruotano molti amanti. Già allora si confondevano genti forestiera senza fissa dimora con gli zingari e spesso Esmeralda viene, scorrettamente definita “zingara”.

Notre-Dame de Paris”, il primo grande successo (1831) del francese Victor Hugo, è, in effetti, un romanzo sull’amore, in molte delle sue forme. Se Esmeralda è l’amata, gli altri personaggi ne sono, in diverso modo gli amanti.

Il prete Claude Frollo rappresenta l’amore folle e perverso. Il campanaro Quasimodo l’amore devoto, appassionato e pronto al sacrificio. Il filosofo saltimbanco è l’amore maritale, pigro e distratto, oltretutto giunto al matrimonio per pura opportunità e necessità di salvezza personale e non per amore. La madre (che prima la odiava la fanciulla credendola una delle zingare che quindici anni prima le aveva rapito la figlia e che poi scopre essere Esmeralda proprio la figlia perduta) la ama e difende con la forza di una leonessa ferita ed è, ovviamente, la rappresentazione dell’amore materno. Il bel capitano Phoebus de Chateaupers, il solo che Esmeralda ami, è l’amore lieve e passeggero, l’amore distratto, l’uomo che a ogni donna dichiara di vedere in lei il solo amore. Lui solo avrebbe agevolmente potuto salvare la giovane condannata al rogo per il presunto assassinio del capitano
stesso. Gli sarebbe bastato mostrarsi e dichiararsi vivo, ma Phoebus pensa ad altro, ha altri amori, anche se Esmeralda ha solo lui in testa. Infine c’è Djiali, la capretta che sempre accompagna la ballerina egiziana, che le profonde il suo affetto disinteressato eWP_20150711_10_37_56_Pro fedele, quale solo gli animali sanno dare.

Nella splendida cornice gotica della cattedrale parigina, dipinta sul finire del medioevo, quando la luce del Rinascimento era ancora lieve anche oltralpe, in un tempo di processi sommari, di stregonerie, di popoli ribelli ma incapaci di rivoluzioni, tra feste goliardiche, fustigazioni e impiccagioni, Hugo ci regala un’avventura epica che giustamente è diventata un classico e che resterà accanto alle grandi tragedie greche o shakesperiane a testimonianza del carattere immutabile dell’essere umano.

Gio’ Di Tonno nel musical di Cocciante

Leggendo “I miserabili” avevo già notato, peraltro, una certa sovrabbondanza di digressioni che anche qui minano l’unitarietà dell’opera.

Se leggendo “I miserabili”, poi, mi aveva colpito la presenza di Dio solo come Coscienza, qui, in una storia ambientata in una cattedrale, l’assenza di Dio appare ancora più evidente. Uno dei personaggi è un prete innamorato, il suo amore lo tormenta ma il suo voto di castità non pare farlo più di tanto. Non lo vediamo mai interrogare quel Dio di cui dovrebbe essere, indegnamente, ministro. Anche Quasimodo, da campanaro che vive nella chiesa, parla con le statue di pietra, le gargoille (che riconosce come sue simili), o con le sue campane ma mai con Dio. Dio è assente. Manca persino nella sua negazione. La sua assenza è rimarcata dall’indifferenza dei personaggi nei suoi confronti, mentre la più umana delle tragedie, quella degli amori feriti, si svolge nella sua casa.

Victor Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio 1885) è stato un poeta, drammaturgo, saggista, scrittore, aforista, artista visivo, statista, politico e attivista per i diritti umani francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia.

La cattedrale qui rappresenta più che il regno di Dio il simbolo della fine di un’epoca. Come scrive Hugo l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutemberg ha ucciso il libro di pietra. Le chiese erano i libri di pietra, su cui per secoli la cristianità aveva inciso e dipinto le sue storie, attraverso le quali la Chiesa e gli artisti parlavano al popolo. Ora c’è il libro e non occorrono più chiese. Si direbbe quasi che Hugo voglia intendere che con il libro e la diffusione della conoscenza non occorra più neanche Dio (“la stampa ucciderà la chiesa” – Libro Quinto – Capitolo II).

E oggi che il digitale sta uccidendo il libro di carta, cos’altro morirà con lui?

 

Dijali, Phoebus, Quasimodo e Esmeralda nel film Disney “Il Gobbo di Notre-Dame”

 

3 responses to this post.

  1. Io sono per il cartaceo, spero sopravviva…Abbraccio,65Luna

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  2. […] portano lontano dalla storia. In linea di massima è bene evitarli. Mi vengono in mente i romanzi di Hugo, grande e gradevole autore, ma che aveva il viziaccio di scrivere interi lunghissimi capitoli su […]

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  3. […] Victor Hugo – Notre Dame de Paris – (cartaceo) – romanzo storico […]

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