
Caravaggio – San Girolamo
Nel leggere il “Libro dell’orologio a polvere” del filosofo tedesco Ernst Jünger mi sono imbattuto per la seconda volta in pochi giorni in una riflessione su un dipinto raffigurante San Girolamo, dopo quella che avevo letto nel romanzo di Italo Calvino “Il castello dei destini incrociati”. Sono allora andato leggere qualcosa su questo santo.
Wikipedia dice:
Sofronio Eusebio Girolamo, in latino Sofronius Eusebius Hieronymus, noto come san Girolamo, san Gerolamo o san Geronimo (Stridone, 347 – Betlemme, 30 settembre 419/420), è stato uno scrittore, teologo e santo romano. Fu padre e dottore della Chiesa. Tradusse la Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino.

Colantonio – San Girolamo nello studio
Nato a Stridone in Illiria, studiò a Roma e fu allievo di Elio Donato. Si dedicò anche agli studi di retorica, terminati i quali si trasferì a Treviri, ov’era ben nota l’anacoresiegiziana, insegnata per qualche anno da Sant’Atanasio durante il suo esilio.[1] Si trasferì poi ad Aquileia, ov’entrò a far parte di una cerchia di asceti riunitisi in comunità sotto il patronato dell’arcivescovo Valeriano, ma deluso dalle inimicizie che erano sorte fra gli asceti, partì per l’Oriente.[1] Ritiratosi nel deserto della Calcide, vi rimase un paio di anni (375 – 376) vivendo una dura vita di anacoreta. Fu questo periodo ad ispirare i numerosi pittori che lo rappresenteranno come San Girolamo penitente ed è a questo periodo che risale l’episodio leggendario del leone che, afflitto da una spina penetratagli in una zampa, gli sarebbe poi stato accanto, grato poiché Girolamo gliel’avrebbe tolta; così come la tradizione secondo la quale Girolamo era uso far penitenza colpendosi ripetutamente con un sasso.

Ghirlandaio – San Girolamo nello studio
(Leggi il seguito)
Vorrei riportare qui entrambe le letture che mi è capitato di fare, nonché il dipinto di Dürer e altre celebri raffigurazioni del santo.
Ecco quella dello scrittore italiano:
Il gioco di prestigio che consiste nel mettere dei tarocchi in fila e farne uscire delle storie, potrei farlo anche coi quadri dei musei: mettere per esempio un San Girolamo al posto dell’Eremita, un San Giorgio al posto del Cavaliere di Spade e vedere cosa viene. Sono, vedi il caso, tra i soggetti della pittura che più mi hanno attratto.

Zuccaro – San Girolamo nella grotta
Nei musei mi fermo sempre volentieri davanti ai sangirolami. I pittori rappresentano l’eremita come uno studioso che consulta trattati all’aria aperta, seduto all’imboccatura d’una grotta. Poco più in là è accucciato un leone, domestico, tranquillo. Perché il leone? La parola scritta ammansisce le passioni? O sottomette le forze della natura? O trova un’armonia con la disumanità dell’universo? O cova una violenza trattenuta ma sempre pronta ad avventarsi, a sbranare? Lo si spieghi come si vuole, è piaciuto ai pittori che San Girolamo abbia con sé un leone (prendendo per buona la storiella della spina nella zampa, grazie al solito qui pro quo d’un copista), e così a me dà soddisfazione e sicurezza vederli insieme, cercare di riconoscermici, non specialmente nel santo e nemmeno nel leone (che del resto spesso s’assomigliano) ma nei due insieme, nell’insieme, nel quadro, figure oggetti paesaggio.
Nel paesaggio gli oggetti del leggere e dello scrivere si posano tra le rocce le erbe le lucertole, diventano prodotti e strumenti della continuità minerale-vegetale-animale. Tra le suppellettili dell’eremita c’è anche un teschio: la parola scritta tiene sempre presente la cancellatura della persona che ha scritto o di quella che leggerà. La natura inarticolata ingloba nel suo discorso il discorso umano.
Ma si noti che non siamo nel deserto, nella giungla, nell’isola di Robinson; la città è lì a due passi. I quadri degli eremiti, quasi sempre, hanno una città sullo sfondo. Una stampa di Dürer è occupata tutta dalla città, bassa piramide intagliata da torri quadrate e tetti aguzzi; il santo, appiattito su un dosso in primo piano, le volta le spalle, e non stacca gli occhi dal libro, di sotto al cappuccio monacale. Nella puntasecca di Rembrandt la città alta
sovrasta il leone che gira il muso intorno, e il santo in basso, che legge beato, all’ombra d’un noce, sotto un cappello a larghe tese.

Jacopo Bassano – San Girolamo
Alla sera gli eremiti vedono accendersi le luci alle finestre, il vento porta a ondate la musica delle feste. In un quarto d’ora, volessero, sarebbero di ritorno tra la gente. La forza dell’eremita si misura non da quanto lontano è andato a stare, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai perderla di vista.
Oppure il solitario scrittore è raffigurato nel suo studio, dove un San Girolamo, se non fosse per il leone, si confonde facilmente con un Sant’Agostino: il mestiere dello scrivere uniforma le vite individuali, un uomo allo scrittoio assomiglia a ogni altro uomo allo scrittoio. Ma non solo il leone, altri animali visitano la solitudine dello studioso, discreti messaggeri del fuori: un pavone (in Antonello da Messina, a Londra), un lupacchiotto (in Dürer, altra incisione), un cagnolino maltese (in Carpaccio, a Venezia).

Leonardo da Vinci – San Girolamo penitente nel deserto,1480 – Musei Vaticani
In questi quadri d’interno, ciò che conta è come un certo numero d’oggetti ben distinti si dispongono in un certo spazio, e lasciano scorrere la luce e il tempo sulla loro superficie: volumi rilegati, rotoli di pergamena, clessidre, astrolabi, conchiglie, la sfera appesa al soffitto che mostra come ruotano i cieli (al suo posto, in Dürer, c’è una zucca). La figura del Sangirolamo-Santagostino può star seduta nel bel mezzo della tela, come in Antonello, ma sappiamo che il ritratto congloba il catalogo degli oggetti, e lo spazio della stanza riproduce lo spazio della mente, l’ideale enciclopedico dell’intelletto, il suo ordine, le sue classificazioni, la sua calma. O la sua inquietitudine: Sant’Agostino, in Botticelli (agli Uffizi), comincia a innervosirsi, appallottola fogli dopo fogli e li butta per terra sotto il tavolo. Anche nello studio dove regna la serenità assorta, la concentrazione, l’agio (sto sempre guardando il Carpaccio) passa una corrente d’alta tensione: i libri lasciati in giro aperti voltano le pagine da soli, oscilla la sfera appesa, la luce dalla finestra entra obliqua, il cane leva il muso. Dentro lo spazio interiore cova un annuncio di terremoto: l’armoniosa geometria intellettuale sfiora al limite l’ossessione paranoica. Oppure sono i boati del fuori che fanno tremare le finestre? Come solo la città dà un senso all’ispido paesaggio dell’eremita, così lo studio, col suo silenzio e il suo ordine, non è altro che il luogo dove si registrano le oscillazioni dei sismografi.
E questa è quella di Jünger:

Albrecht Dürer – San Girolamo (1514)
Questa affinità dell’orologio a polvere con la quiete degli studi eruditi e con l’intimità della casa è stata più volte osservata. Entrambe le situazioni sono testimoniate da quadri famosi: la Melancholia e il San Gerolamo nello studio di Dürer. Nel primo vediamo un angelo in atteggiamento pensoso, con in mano un compasso e circondato da uno strumentario faustiano di cristalli, bilance, serie numeriche. Un fuoco alchemico arde sullo sfondo cosmico. L’altro quadro mostra il santo nella sua cella mentre è intento a scrivere. L’arredamento è costituito da libri, fogli fitti di appunti, un teschio e un crocifisso. Sotto la panca ci sono un paio di scarpe da giardino; il sole illumina la stanza attraverso i vetri piombati.
In entrambi i quadri si osserva un grande orologio a polvere, una vera e propria clessidra. E in entrambi essa è raffigurata a metà del suo corso, il che significa, probabilmente, che il pittore osserva il santo e l’angelo nel pieno della loro attività. Ne è riprova il fatto che, nella Melancholia, la bilancia è in equilibrio, la campana oscilla e il fuoco arde. Siamo nel cuore del tempo.

Albrecht Dürer, Melencolia I (1514)
I due quadri riportano la data del 1514. La clessidra è riprodotta in due differenti modelli, il che fa pensare che fosse a quell’epoca un oggetto di uso comune. Mentre l’angelo, circondato dagli strumenti del sapere, sembra assorto in pensieri oziosi, anzi probabilmente medita sulla vanità delle sue conoscenze e delle sue opere, san Gerolamo è immerso nel suo lavoro. Non si tratta evidentemente di un’opera di trascrizione, ma di una creazione letteraria; perché davanti a lui, sul piccolo scrittoio, non c’è neppure un libro. Per generazioni questo quadro ha esercitato il suo fascino sugli spiriti contemplativi. Chi non desidererebbe condividere questa quiete, circondato dal calore delle assi di legno, mentre in un angolo la sabbia scorre pian piano attraverso la clessidra e in primo piano, davanti allo scrittoio, un leone – ai nostri giorni si tratterebbe di un gatto – è sprofondato nei suoi sogni? In effetti, ancor oggi in Europa vivono e operano in condizioni analoghe molti di questi ingegni, e davanti al quadro di Dürer a ciascuno di noi verrà in mente l’abitazione più o meno modesta di un amico letterato o artista che il dipinto gli richiama alla memoria. Questo rammemorare appartiene all’essenza dell’opera d’arte, la quale svela una relazione nascosta e pur sempre ricorrente.
In ogni studio, in ogni libreria antiquaria, si ritrova un po’ dell’atmosfera evocata dall’orologio a polvere, un po’ dello spirito della Melancholia e del San Gerolamo. C’è sempre una certa mestizia in questi luoghi, ma sempre unita a un’atmosfera accogliente, perché si è costantemente immersi in un clima di meditazione. Ognuno di noi certamente ricorda di avervi trascorso, in silenzio o conversando, ore e ore durante le quali il tempo pareva, se non immobile in assoluto, scorrere comunque con estrema lentezza. E’ probabile che fuori piovesse, o che nel camino ardesse il fuoco.

Durer Albrecht -San Girolamo
Io conservo il ricordo di molti di questi luoghi e se resisto alla tentazione di nominarli è solo perché l’elenco mi appare interminabile. Nella vita dei giovani ci sono anni in cui si passa dall’una all’altra di queste celle, eremi, cittadelle dello spirito, come se fossero punti d’appoggio, ciascuno dei quali abitato da un personaggio più o meno stravagante. Questi alloggi non mancano né nelle grandi né nelle piccole città, e neppure nei paesi. Lo spirito di san Gerolamo domina ovunque: al Sud, quando si ascoltano le cicale stridere in giardino; al Nord, quando si osservano i frontoni coperti di neve, oppure si cerca una camera d’affitto o si sceglie un appartamento nella casa avita. E’ più facile incontrare la povertà o la più aspra miseria che non l’opulenza, ma quasi tutti i ricchi e i potenti della terra hanno trascorso anni, e spesso i loro anni migliori, in simili rifugi del pensiero, nei quali lavoro e ozio si mescolano passando l’uno nell’altro.
E’ difficile ritrovare questi stati d’animo nelle successive situazioni della vita, soprattutto quando si profila il successo. Ma non è impossibile, poiché non è in gioco la differenza tra vecchiaia e giovinezza, né si tratta di stati d’animo legati alla povertà o alla ricchezza. San Gerolamo viene raffigurato da Dürer in età avanzata. La sua fu una vita potente e al tempo stesso sontuosa, come dimostra il leone che giace ai suoi piedi. Non è quindi una differenza nella condizione dell’esistere, vuoi fondata sul ceto sociale o sull’età, ciò che dà luogo a questa situazione di particolare gradevolezza. Ad agire è piuttosto, in questo caso, una differenza nella natura del tempo.
San Girolamo è stato oggetto di numerosissime raffigurazioni anche da parte dello stesso Dürer, non è quindi immediato capire a quale immagine si riferissero i due autori.
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