
Doris Lessing
Il 17 novembre 2013 è morta la scrittrice britannica Doris Lessing. Poiché mi riprometto di approfondire la conoscenza degli autori che hanno vinto il Premio Nobel, essendo appena uscito, abbastanza deluso, dalla lettura de “Il percorso dell’amore” della neo-premiata Alice Munro, ho voluto procedere in questo intento leggendo qualcosa della vincitrice del Nobel nel 2007 appena scomparsa.
Tra i volumi disponibili avevo “Martha Quest” e l’ho quindi letto. Il volume della Munro appena finito era una raccolta di racconti, forma narrativa che non amo molto. La mia prima reazione al testo della Lessing è stato dunque un sospiro di sollievo: sentivo un diverso respiro narrativo, a me più congeniale.
Purtroppo la sensazione positiva si è molto smorzata proseguendo la lettura.
Ovviamente si tratta di un romanzo scritto assai bene, con bei personaggi, compresa la protagonista Martha Quest, eppure la lettura non mi ha soddisfatto.

Doris Lessing, autrice più anziana a ricevere il Nobel (a 88 anni), ha scritto oltre cinquanta libri, dalla fantascienza alla politica
La prima delusione è stata il classico “tradimento del lettore”, che ha assunto un duplice aspetto, uno imputabile a me come lettore e l’altro forse maggiormente all’autrice.
Il lettore viene tradito quando si aspetta qualcosa e trova altro tra le pagine. Il primo tradimento riguarda la mia illusione di trovare, leggendo un nobel, un bestseller o un classico, un romanzo di qualità nettamente superiore alla media. È una mia colpa. Non ci si dovrebbe illudere in tal senso, eppure quando leggo un autore sconosciuto è per me più facile rimanere positivamente colpito, perché da lui non mi aspetto nulla e tutto quel che trovo in più dello zero sono punti a suo favore. Verso gli autori famosi sono molto meno tollerante: mi aspetto tutto e ogni cosa che non trovo è per me un macigno che affonda la mia valutazione del testo.
Il secondo tradimento sta nel titolo, nel sottotitolo e nell’ambientazione. Quando ho cominciato a leggere non sapevo nulla dell’opera. Nulla tranne quanto scritto in copertina. “Martha Quest” è il nome di un’adolescente sudafricana. “Quest”, però, in inglese vuol dire anche “ricerca”. Dalle prime pagine, con le inquietudini della giovane Martha, mi aspettavo che questo titolo celasse in sé un doppio significato e che questa inquietudine giovanile si riversasse verso una “ricerca” del senso della vita. In parte ciò avviene, ma più che cercare il senso delle cose, Martha cerca l’uomo giusto con cui vivere! Questo sposta il romanzo nel campo sentimentale, genere che amo poco.
Fin dalle prime pagine si capisce che stiamo parlando di una ragazza bianca che vive, nel periodo tra le due guerre mondiali, in Sudafrica. Mi aspettavo quindi, soprattutto in quanto opera scritta da un’autrice tanto importante, che la storia evolvesse mostrandoci gli orrori del razzismo (sudafricano se non anche nazista). Del resto il sottotitolo (inventato degli editori o dell’autrice?) inganna in tal senso, essendo “Children of violence”. Non che desiderassi vedere violenza, ma mi aspettavo una storia maggiormente impegnata. Sono invece pochissima cosa, in termini di denuncia del razzismo, i rapporti della ragazza con i fratelli ebrei Coen. Per un bel po’ di pagine sembra peraltro che il solo, blando, problema razziale del Sudafrica siano i rapporti tra cristiani ed ebrei!
Poi si arriva all’”apice” del razzismo di questo romanzo con una scenetta da telefilm: i ragazzi bianchi che in un circolo, attorniati dagli impassibili servitori indigeni, ballano una parodia di danza africana e, alla fine, invitano, neanche troppo sgarbatamente, uno dei servitori neri, a ballare anche lui. Questo rifiuta e loro se la prendono, ma non passano alla violenza: tutto lì!
Possibile che sul razzismo ci sia da dir così poco? Evidentemente l’autrice non mirava a questo, ma allora perché ambientare la storia in Sudafrica? Forse semplicemente perché quello era quasi il suo mondo, dato che Doris Lessing (nata il 22/10/1919 a Kermanshah in Iran, da famiglia inglese) dal 1925, visse in Rhodesia con la propria famiglia. Insomma, sento più un intento autobiografico che di altra natura. Del resto i molti amori della giovanetta mi fanno pensare al doppio divorzio della Lessing (non so, peraltro, che genere di vita sentimentale abbia avuto).
Anche l’impegno sociale di Martha è quanto mai superficiale, basato soprattutto sulla scelta di un certo tipo di letture. Insomma, ancora poca cosa per un’autrice che nel 2001 fu premiata con il Premio Príncipe de Asturias nella categoria Letteratura per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo.
Pare che Doris Lessing, pur candidata anche in precedenza al Premio Nobel, non l’abbia ottenuto prima del 2007 per lo scarso apprezzamento della letteratura mainstream verso la sua produzione fantascientifica, mentre, dicono, che quando le chiedevano quali fossero le sue opere migliori, lei citava la serie fantascientifica “Canopus in Argos”. Essendo io ormai quasi convinto della superiorità della letteratura fantastica rispetto al mainstream, penso che il prossimo romanzo della Lessing che potrei leggere sarà “Shikasta”.
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