Archive for gennaio 2013

ILLUSTRARE IL QUINTO CAPITOLO DI JACOPO FLAMMER NELLA TERRA DEI SURICATI

Sto cercando illustratori e revisori per JACOPO FLAMMER NELLA TERRA DEI SURICATI, il secondo volume della serie I GUARDIANI DELL’UCRONIA, che segue JACOPO FLAMMER E IL POPOLO DELLE AMIGDALE.

CERCO CORRETTORI DI BOZZE!

Ho completato un primo giro di revisioni grazie ai lettori di Liberodiscrivere e del Gruppo di anobii per il web-editing, ma le revisioni non finiscono mai e chiunque vuole può dare suggerimenti per migliorare il romanzo, dalla correzione di errori a consigli per la trama.

Chi volesse contribuire alla revisione on-line può farlo qui.

CERCO ILLUSTRATORI!

Si tratta di un romanzo di fantascienza per ragazzi, percui vorrei che come il precedente possa avere dei disegni.

JACOPO FLAMMER E IL POPOLO DELLE AMIGDALE è stato illustrato da Niccolò Pizzorno e Ludwig Brunetti.

Questa volta vorrei fare un lavoro simile a quello de Il Settimo Plenilunio, cioè trasformarlo in una “gallery novel“, ovvero in un romanzo illustrato da numerosi artisti.

Chiedo, quindi, a chi voglia partecipare un impegno ridotto eventualmente anche a un solo disegno. Se ne volete fare di più, questo però non può che farmi piacere. Vorrei solo una certa coerenza con le immagini già realizzate sia per questo romanzo, sia per il precedente (prima parteseconda parteterza parte). Trovate i disegni ai link precedenti.

Parlo di questo libro anche nel mio sito.

I personaggi da disegnare saranno oltre ai tre ragazzini, numerosi animali nati da evoluzioni alternative dei suricati, degli orsi, dei velociraptor, dei maiali, dei pappagalli. Inoltre, alcuni capitoli si svolgono nella terra di Govinia dove ogni passato e ogni futuro possibili si incontrano, dove è, quindi possibile incontrare gli esseri più strani, le architetture più misteriose, gli ambienti più irreali che possiate immaginare. Insomma dei paesaggi su cui sbizzarrire tutta la vostra fantasia!

Penso che un disegnatore potrà divertirsi a reinventare tutto ciò!

Finora hanno inviato i loro disegni:

Niccolò Pizzorno

Fabio Balboni

Marco Divaz

 

Si sono appena aggiunti due nuovi illustratori, cui diamo il benvenuto:

Guido De Marchi

Evelyn Storm (La trovate qui  e qui)

Ecco i loro contributi:

Ortuz, Jacopo Flammer ed Elisa Russo

Il grande muso peloso del Guardiano apparve nella tenda, sgocciolando addosso a tutti. Elisa si ritrasse per non essere bagnata dalla pioggia che ora entrava dall’apertura, schizzando l’interno della tenda.
(Illustrazione di Evelyn Storm al capitolo 27)

Castoro De Marchi

Il castoro sollevò le zampe anteriori e porse a Jacopo… un autentico fucile raptor! Quindi s’immerse nuovamente.
(illustrazione di Guido De Marchi al Capitolo 14)

Castoro

“Hai ragione” rispose Elisa, continuando a camminare sulla riva del fiume “ma questo posto continua a meravigliarmi e poi hai visto quanto è grosso questo castoro?!”
(Illustrazione di Guido De Marchi al capitolo 12)

Divergenza ucronica - Guido De Marchi

l Tempo, invece, è un frattale, come un albero con infiniti rami, ognuno dei quali si dirama in infiniti ramoscelli, da ciascuno dei quali partono ancora altri ramoscelli. Ogni istante la Storia prende una determinata direzione, ma nello stesso istante la direzione che non è stata presa in un dato universo viene presa in un altro, che diverge dal primo e che possiamo dunque chiamare “universo divergente.”
(illustrazione di Guido De Marchi al capitolo 17)

 

Unicorno De Marchi

Perché Govinia era questo: l’incrocio di tutti i tempi possibili, il luogo dove tutti i se avevano trovato sviluppo e dove l’evoluzione non aveva mai scartato nulla, il luogo in cui trovavano rifugio mammut, dodo e brontosauri sopravvissuti all’estinzione, il luogo in cui si potevano vedere i diafani discendenti macrocefali dell’uomo, i bipedi polimorfi nati dall’evoluzione del cane, immense falene e coleotteri corazzati dalle forme ancora mai sperimentate nelle epoche in cui vivevano gli oranghi di Kamul, il luogo in cui l’evoluzione aveva davvero creato unicorni, chimere, viverne, fenici, arpie, bahamut, basilischi, ippogrifi, kujata, leviatani, strigi, bonnacon e esseri ancor più incredibili.
(Illustrazione di Guido De Marchi per il capitolo 4)

Ichthyostega del Devoniano

Sotto il palazzo si estendeva un parco con fontane e piccoli laghetti popolati da anatre, cigni alcuni gialli, altri blu e altri verdi (un prodotto dell’ingegneria genetica del XXI secolo), seymourie (anfibi del Permiano Inferiore), ichthyosteghe del Devoniano e snurtz, l’evoluzione lacustre del gatto, piccoli dinosauri acquatici e un’evoluzione nana dello psittacosauro cinese, un dinosauro erbivoro acquatico.
(Illustrazione di Guido De Marchi al Capitolo 8)

e altri hanno già promesso di contribuire (ma aspetto di vedere i loro disegni prima di citarli).

Ecco l’inizio del QUINTO CAPITOLO:

 

PRIGIONIERI

Due suricati, rigidi come stoccafissi, fissavano i ragazzini sepolti nella terra fino al collo. Uno era il solito, quello con il muso schiacciato. Entrambi tenevano gli occhi piantati su di loro e sembrava che nulla potesse distrarli. Muso Schiacciato aveva immensi occhi neri, in cui Jacopo si perdeva, sognando. Il raptor Gruhum gli aveva trasmesso parte dei suoi poteri telepatici, ma i pensieri che percepiva nella mente del suricato erano di una fissità e monotonia pari solo al suo sguardo.

 

CONTINUA QUI:

http://www.liberodiscrivere.it/biblio/scheda.asp?OpereID=161505

Ecco alcune immagini per questo capitolo:

Jacopo Flammer e suricati

Jacopo Flammer e i suricati
(Illustrazione di Niccolò Pizzorno)

Suricato con gli occhiali di Jacopo Flammer

Suricato con gli occhiali di Jacopo Flammer
(Illustrazione di Niccolò Pizzorno)

 

Suricato

Suricato
(Elaborazione grafica di Carlo Menzinger)

 

Leggi anche:

Tutti i post su Jacopo Flammer

Tutti i post su “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati”

Cerco illustratori per Jacopo Flammer

Il primo capitolo di “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati”

Il secondo capitolo di “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati”

Il terzo capitolo di “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati”

Il quarto capitolo di “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati”

Jacopo Flammer su Liberodiscivere

– “Jacopo Flammer nella Terra dei Suricati” su “I Libri di Carlo Menzinger”

DISTOPIE PER UN MONDO DISTOPICO

DISTOPIE - IF - Insolito & Fantastico n. 7

DISTOPIE – IF – Insolito & Fantastico n. 7

E così la rivista “IF – Insolito & Fantastico” è arrivata al numero 7 e io continuo a leggerla in abbonamento con grande soddisfazione. È difficile trovare un’altra pubblicazione con impostazione monografica, che tratti così sistematicamente, direi quasi in modo enciclopedico, la letteratura fantastica. Credo che trattare un tema prevalente in ogni numero renda i volumi assai più piacevoli da leggere, donandogli quell’unità d’argomento che spesso alle riviste manca.

Il tema di questo numero è uno dei più affascinanti della fantascienza, la “distopia”.  Per chi non lo sapesse le distopie o antiutopie sono utopie alla rovescia, in cui si immagina un mondo peggiore di quello attuale (mica facile, con i tempi che corrono, eh!), in cui certi aspetti della società sono ampliati, come fa ad esempio Orwell in “1984”, immaginando un Grande Fratello che, tramite la televisione controlla il mondo. Scenario inconcepibile, vero?

Il volume parte con un’analisi dell’opera di Aldous Huxley, l’autore de Il Mondo Nuovo (di cui ho già parlato qui). Oltre che di “Brave New WorldRomolo Runcini ci parla anche di “Point Counter Point”, “Ape and essence” (che anticipa i temi de “Il pianeta delle scimmie”, il cui prequel cinematografico sta per uscire sugli schermi in questi giorni) e “The Perennial Philosophy”.

Il curatore della rivista, Carlo Bordoni, ci parla di Margaret Atwood e del suo “L’ultimo degli uomini” (“Orix and Crake”) che immagina un nuovo mondo nato dalla manipolazione genetica (come non pensare allora al “Libro degliYilané” e al mondo nato dall’attività genetica dei dinosauri) con uomini “eletti” che vivono in Recinti per difendersi dalla plebe (una razza umana divisa come ne “La macchina del tempo” di Wells). Bordoni tratta anche altre opere dell’Atwood, quale”Il racconto dell’ancella”, un mondo sterile post-nucleare in cui la maternità torna a essere unìesigenza vitale per la sopravvivenza della specie, e “Il Canto di Penelope”, la storia di Ulisse vista con gli occhi della moglie.

Gianfranco De Turris tenta quindi di fare un’opera di sistematizzazione delle opere utopiche e antiutopiche e ci parla, tra le altre cose, di “Ecotopia” (1975) di Ernest Callebach, con alcuni stati americani secessionisti in nome dell’ecologia, della satira grottesca di Emile Souvestre (“Le monde tel qu’il sera” – 1845), della distopia catto-comunista di Ira Levin (“This Perfect Day” – 1970).

Giuseppe Panella ci parla di Herbert George Wells e Evgenj Zamjatin. Quest’ultimo in “Noi” immagina un mondo in cui si crede che “la felicità sia raggiungibile solo attraverso la soppressione della libertà ‘selvaggia’ dell’arbitrio individuale”.

Richard Matheson - Io sono Leggenda

Richard Matheson – Io sono Leggenda

L’articolo di Domenico Gallo è dedicato alle “società distorte di Anthony Burgess” e in particolare al romanzo che ispirò Kubrik “Un’arancia a orologeria” (1982), ma anche “Il Seme Inquieto” e “1985”. Come nota Gallo, Burgess riprende il tema di Orwell che “nel regime totalitario è diffusa la mancanza di memoria” e che “la carta stampata fosse un elemento imprescindibile di memoria perché, essendo di proprietà del singolo, può essere conservata e consentire il confronto critico”.

Ne “Il seme inquieto”, in un mondo sovrappopolato, “la procreazione è scoraggiata e lo Stato incentiva l’omosessualità e la sterilizzazione” e “gli eserciti sono mandati allo scontro al solo scopo di provocare la morte dei soldati mentre i cadaveri sono destinati all’industria alimentare” (come ne “La fuga di Logan” e in “Cloud Atlas”).

Riccardo Gramantieri ci parla delle forme di automazione per il controllo della società, dal geniale Panopticon ideato da Jeremy Bentham (e studiato da Michel Foucault), un carcere in cui un solo carceriere può scrutare numerosi carcerati senza essere visto, all’occhio onnipresente del Grande Fratello di Orwell, al controllo televisivo di Vogt (“Colosso anarchico” – 1977).

 

Dopo i saggi, si passa quindi alla sezione narrativa, con “E-topia” di Errico Passaro, in cui l’umanità è così concentrata su se stessa da non notare l’arrivo evidente di un’invasione aliena.

Seguono “Collateral Damages” di Renato Pestriniero con il suo mondo post-apocalittico, “Fino all’ultima generazione” di Gian Filippo Pizzo” in cui il pericolo, in una terra devastata, può anche venire da chi sembra il più innocente e inoffensivo.

Si chiama “Amenia” il racconto di Mario Farneti, con le sue città-isole utopiche ma che celano gravi distopie.

Chiude la sezione narrativa “L’ultimo tramonto” di Michele Nigro, con una società in cui anche osservare il sole che cala può essere un delitto.

 

La terza parte di IF, di solito è quella degli articoli non legati al tema del volume, ma questa volta il tema è talmente ricco che anche qui domina la sezione.

Si comincia con un articolo di Antonio Daniele su “Io sono leggenda” il romanzo del 1954 di Richard Matheson che descrive un mondo abitato solo da vampiri (non è distopia anche questa?). Matheson però lo fa con il tipico spirito fantascientifico del decennio, cercando una spiegazione “naturale” all’esistenza di questi esseri (un batterio che altera la natura dei corpi e diffuso dal vento e dalle zanzare).

Anche Carlo Asciuti con “la fine del mondo vista da Abel Gance” ci parla ancora di realtà distopiche  nei film del regista del secolo scorso.

Disarmante è il quadro che fa Gianfranco De Turris nel descrivere le distopie scritte dagli autori italiani contemporanei (Walter Veltroni, Massimo Fini, Francesco Alberoni, Oliviero Beha, Mauro Corona, Pierfrancesco Prosperi, Sergio Sozi, Paolo Pasi e altri). Ben pochi di questi romanzi hanno una trama allettante. Andrebbero però letti per giudicare meglio.

Viene poi riportata un’intervista fiorentina del 2002 a Douglas Preston.

Le recensioni finali riguardano “Il Quinto principio” di Vittorio Catani, opera di Giuseppe Panella, “Il Gran Notturno” di Jean Ray, scritta da Walter Catalano, l’antologia di autrici varie (solo donne) “Eros e Thanatos” sul mondo dell’erotismo macabro (Carlo Bordoni ci parla di questo testo curato da Lia Volpati).

1984 - George Orwell

1984 – George Orwell

Giuseppe Panella recensisce “Lazarus” di Alberto Cola, in cui si immagina la clonazione di Yukio Mishima.

Vito Tripi parla di “Apocalisse Z” dello spagnolo Manuel Loureiro, con la sua epidemia che trasforma tutti in zombi (siamo dalle parti di Matheson, insomma).

Otto racconti di autori italiani compongono l’antologia “Mistero” curata da Nicola Roserba.

Ben cinquanta sono invece quelli di “Riso nero” la silloge di umorismo noir curata da Graziano Braschi e Mauro Smocovich (recensore Giuseppe Panella).

Claudio Asciuti ci parla delle riflessioni sulla morte del regista Clint Eastwood e in particolare del suo “Hereafter”.

Chiude il volume la recensione di Carlo Menzinger (il sottoscritto) al volume “Il Vampiro” di Franco Mistrali, uno dei primissimi romanzi gotici (del 1869) che trattano di queste creature. L’edizione è curata da Antonio Daniele. Ne parlo anche qui.

 

Firenze, 11/09/2011

GLI ALIENI DI IF

ALIENI - IF - Insolito e Fantastico n. 9

ALIENI – IF – Insolito e Fantastico n. 9

Da quando la gente si è fatta più scettica in tema di apparizioni di Dei, Angeli e Santi, il cielo ha cominciato a mandarci nuove visioni, sotto forma di U.F.O. ed extra-terrestri.

La comparsa più significativa di oggetti volanti non identificati credo coincida con la metà del secolo scorso, nel momento in cui i cieli hanno cominciato a farsi più affollati di oggetti volanti identificati, dai dirigibili, agli aerei, alle sonde, ai satelliti, ai missili.

Confondere uno di questi oggetti o un gioco di luci per qualcosa di alieno, sotto la suggestione della fantascienza, che di queste fantasie si alimentava e a sua volta nutriva, non era difficile.

L’idea che potessero esserci esseri “altri”, però non dipende solo dall’avvistamento di forme volanti. Da quando l’uomo ha capito che la terra è solo uno dei tanti corpi celesti, ha cominciato a immaginare che anche gli altri potessero essere abitati, a partire dai più vicini, la Luna e Marte.

Basti pensare al fantasioso viaggio descritto dal greco Luciano di Samosata ben 1789 anni prima dell’allunaggio vero, all’Astolfo ariostesco, che sulla Luna cerca il senno dell’Orlando furioso, al racconto tecnico di Keplero, ai due viaggi di Cyrano de Bergerac, per arrivare quindi al Barone di Münchhausen, scritto “solo” 184 anni prima del 1969.

Scrive il greco degli abitanti della luna: “Questi Ippogrifi son uomini che vanno sovra grandi grifi, come su cavalli alati: i grifi sono grandi e la più parte a tre teste: e se volete sapere quanto sono grandi immaginate che hanno le penne più lunghe e massicce d’un albero di un galeone.

Non erano poi, in fondo, alieni, anche gli immaginari abitanti degli antipodi o di terre esotiche, sciapodi, leviatani, giganti, elfi, ciclopi, gorgoni, centauri, ninfe, basilischi e moltissimi altri esseri di forma semi-umana o animalesca?

Insomma, la storia letteraria degli alieni, sebbene legata in gran parte al secondo dopoguerra, sua epoca d’oro, ha radici antiche (gli Dei stessi, non erano in fondo una forma di alieni?) e la sua fortuna non si è ancora estinta, basti pensare al recente successo cinematografico di “Avatar”.

Una rivista intitolata “IF – Insolito & Fantastico” non poteva quindi non dedicare uno dei suoi numeri al tema degli “Alieni”.

Come sempre il volume, in formato libro, è diviso in una parte saggistica e una di racconti, seguite poi da alcune sezioni a volte fuori dal tema principale, con interviste, recensioni e altro.

L’occasione per trattare l’argomento è data dal convegno veneziano “Fuera dal mundo” sulla letteratura d’anticipazione e la proto-fantascienza, dell’aprile 2012, i cui atti sono stati pubblicati da IF.

Avatar

Avatar

Quando l’uomo parla di alieni, parla spesso del proprio rapporto con loro. Come nota Bordoni nel suo articolo su “Alien”, “le tre fasi della vita biologica di Alien – uovo, feto e adulto – corrispondono ad altrettanti ‘segni’ all’interno di una terribile contaminazione tra umano e mostruoso.

Nel secondo dopoguerra la fantascienza diventa anche strumento per canalizzare ed esorcizzare la paura della guerra nucleare, la minaccia cino-sovietica, la paura di un mondo che l’America (e in parte l’Europa) sentiva come diverso da sé. L’extra-terrestre accentua questa diversità. Ne “L’invasione degli Ultracorpi” di Finney si può leggere la paura delle spie russe, degli infiltrati. Il McCartismo non è lontano. “Alieni, spie e infiltrati” è il titolo dell’articolo di Domenico Gallo.

E.T.

E.T.

De “L’invasione degli Ultracorpi” ci parla anche “Giuseppe Panella, che ne descrive tre delle versioni cinematografiche, saltando però il più recente remake (2007) “Invasion” di Oliver Hirschbiegel, con Nicole Kidman. Ci parla anche di “The Thing from Another Worl” di Hawks e Nyby.

Annamario Fassio ci ricorda che alieno è “ colui che ti inquieta perché è diverso. Alieno: colui che ti terrorizza perché in sé racchiude quello che non vorresti mai vedere, sapere, immaginare. Alieno come metafora dei mali della società. Alieno come presenza fortemente destabilizzante. Ma anche alieno come speranza di vita oltre i confini angusti della terra e come antidoto contro la solitudine cosmica.

La fantascienza impiegherà anni per arrivare all’autoidentificazione con l’alieno. Bisognerà aspettare E.T., come accenna la Fassio, per entrare in empatia con gli alieni, “Star Wars” per auto-identificarsi con gli abitanti di galassie lontane. Nel frattempo, gli alieni assumeranno forme altre così diverse da quelle antropomorfiche quali quelle dei Trifidi di Whyndham di cui ci parla sempre Fassio, o il pianeta pensante Solaris di Lem.

Cosa c’è poi di più inquietante di riconoscere degli alieni nei propri figli? Eppure questo è ciò che spesso avviene con il passaggio all’adolescenza. I veri alieni, da sempre accanto a noi, sono loro: i figli.

De “I Figli dell’Invasione” di Whyndham ci parlano, oltre ad Annamaria Fassio, anche Riccardo Gramantieri.

Gian Filippo Pizzo dedica un articolo al ricordo dell’autrice Luce D’Eramo, scomparsa dieci anni fa.

Non poteva mancare un articolo su Avatar.  Ce ne parla Gianfranco De Turris.

Lunga è la carrellata di opere fantascientifiche offertaci da Piero Giorgi.

Nel XIX secolo si credeva esistesse un pianeta nell’orbita intramercuriana. Lo chiamavano Vulcano. Jean-Pierre Laigle ci racconta delle opere che ne hanno parlato, descrivendone gli abitanti. Tra questi non c’era però lo Spock di Star Trek, proveniente da un altro Vulcano.

Sempre di Laigle è il primo racconto della sezione narrativa. Dedicato proprio a Vulcano.

Affascinante il racconto di Dabrowski “Nascita dalla morte”, sull’ipotesi di nascere vecchi e morire bambini, che, con approccio diverso, ricorda un po’ “Il curioso caso di Benjamin Button” (1922) di Francis Scott Fitzgerrald, da cui è stato tratto il recente (2008) film di Fincher.

Memorie di guerra e fantasmi popolano “Il Parco dei Morti” di Domenico Gallo.

Spok - Star Trek

Spok – Star Trek

Ci sono collegamenti tra filosofia e fantascienza? Ne parla Giuseppe Panella.

Claudio Asciuto ci parla dell’utopia al cinema, da Frank Capra a Robert Ruskin, a Arthur Penn, a Sean Penn, a Michael Wadleigh, a Vincente Minnelli, a Conrad Rooks, per finire con Tim Burton, John Boorman e Akira Kurosawa.

Del nuovo romanzo di Stephen King “22/11/’63” ci parla Carlo Bordoni.

Vito Tripi ci descrive tre antologie ucroniche sulla storia alternativa dell’Italia curate da Gianfranco De Turris. In particolare, mi incuriosisce “Se l’Italia – Manuale di storia alternativa da Romolo a Berlusconi”, Vallechi 2005, la cui struttura mi parrebbe ricordare abbastanza quella del volume “Ucronie per il terzo millennio –Allostoria dell’umanità da Adamo a Berlusconi” da me stesso curata (Edizioni Liberodiscrivere).

Chiude il volume un mio articolo su “Stella Meravigliosa” di Yukio Mishima: “Gli alieni sono tra noi” e vorrebbero salvarci dalla guerra atomica, ma ai nostri occhi sono solo una famiglia di pazzoidi esaltati.

Firenze, 27/05/2012

IL FUMETTO COME LETTERATURA

Fumetti - IF - Insolito & Fantastico n. 8

Fumetti – IF – Insolito & Fantastico n. 8

Il numero 8 di IF “Fumetti”, la rivista del fantastico e dell’insolito di Tabula Fati giunta ormai la secondo anno di vita, è dedicato alle storie disegnate.

Anche i fumetti, infatti, possono essere letteratura. Una forma narrativa con diversi tempi e ritmi rispetto alle altre, ma, potenzialmente, pur sempre tale, anche se molti non concorderanno. Dove ci sono personaggi, trama e ambientazione c’è narrativa. Il confine tra narrativa “scritta” e “disegnata” può sembrare netto, ma sulla linea di confine troviamo i romanzi illustrati. Tra questi anche quelli “iperillustrati” come “Il Settimo Plenilunio”, il romanzo collettivo (di cui sono uno degli autori e il curatore) illustrato da diciassette artisti con centodiciassette immagini, qualcosa che ho voluto definire con un’etichetta apposita: gallery novel. Una galleria di dipinti, disegni e foto, a illustrare un romanzo gotico-fantascientifico. Il nome ricalca, non a caso quello delle graphic novel. Se ne parla anche in chiusura di questo numero della rivista, nella recensione fatta da Antonio Daniele, uno che di vampiri e licantropi se ne intende.

Il volume, come al solito, è diviso in una prima parte, che contiene vari articoli di saggistica sull’argomento, una seconda di racconti (in questo caso avrei visto più opportuno sostituirli con delle strisce animate), e una terza e quarta parte di interviste, rassegne e recensioni varie.

Nella parte di saggistica, troviamo brani firmati da Alessandro Scarsella (le estetiche del fumetto), Renato Pestriniero (le proprietà multidimensionali del fumetto), Stefano Trovato (le edizioni in latino di Asterix), Claudio Gallo (i rapporti tra letteratura e fumetto), Davide Giurlando (la trasposizione cinematografica delle strisce), Manuela Gallina (i rapporti di Dino Buzzati con i fumetti), Francesco Cesari (il cinema di Jess Franco), Riccardo Gramantieri (la figura del Jolly), Luca Berta (il video clip come forma ibrida tra immagine e testo), Giuseppe Panella (eroi dei fumetti al cinema), Walter Catalano (Sandman), Elena Romanello (Gaiman), Carlo Bordoni (un omaggio al fumettista recentemente scomparso Carlo Peroni, detto Perogatt – con cui anche io avevo avuto modo di fare due chiacchiere tramite internet), Enrico Fornaroli (gli alieni nei fumetti).

La parte di narrativa vede i racconti di Douglas Preston & Lincoln Child (un thriller “on the road”), Roberto Barbolini (un prete inquietante), Fernando Sorrentino (una storia surreale sulle aspirazioni degli scarafaggi), Piero Giorgi (una storia di ispirazione asimoviana, costruita attorno a una vecchia barzelletta), Bruce McAllister (un racconto demoniaco).

Nella parte delle rassegne Claudio Asciuti ci racconta di come George Nolfi abbiamo reso in “I Guardiani del Destino” un racconto di Philiph K. Dick sulla possibilità di modificare il futuro. Sull’interpretazione del tempo, interessante la citazione di Eugenio Montale (Tempo e Tempi): “Non c’è un unico tempo: ci sono molti nastri che paralleli slittano spesso in senso contrario e raramente si intersecano”: sembra quasi il tempo divergente dei miei romanzi!

Carlo Bordoni intervista Giuseppe Lippi curatore della rivista Urania, mentre Walter Catalano ci parla dei suoi illustratori e, più avanti, Riccardo Gramantieri, passa in rassegna alcuni dei titoli più significativi di questa storica rivista di fantascienza.

Carlo Bordoni ci presenta poi una rassegna di racconti di Manrico Viti, dal surreale robot innamorato di una lavatrice, agli infiniti Colbert riuniti in Assembea, al microbo spavaldo.

Asterix

Asterix

Gian Filippo Pizzo presenta l’antologia di noir fantascientifici “Notturno alieno”, interessante commistione di generi.

Enrico Passera presenta “Teoria dell’orrore” di un maestro del genere: H.P. Lovecraft.

Gian Filippo Pizzo esamina il mondo di cloni inconsapevoli di “Non Lasciarmi” nelle versioni film e romanzo.

Giuseppe Panella illustra il romanzo di spionaggio rinascimentale “I Delitti dell’Anatomista” di Bruno Vitello.

Renzo Montagnoli quello di Renato Pestriniero “Le Tre Morti di Aloysius Sagredi”, che affronta la storia di un uomo condannato a morire tre volte (dalla trama mi pare cosa assai diversa però da “La Doppia Vita di Quincas l’Acquaiolo” di Amado, che subito mi è venuta in mente).

Vito Tripi ci informa dell’uscita di ben due romanzi su Giuliano l’Apostata: l’ucronia di Mario Farneti  “Imperium Solis” e il giallo “Rosso Velabro” di Luigi De Pascalis.

Giuseppe Panella presenta un saggio di Riccardo Gramantieri sull’autore di fantascienza Van Voght, testimone significativo della letteratura d’anticipazione.

Dopo l’articolo su “Il Settimo Plenilunio” di cui abbiamo già detto, si parla di una versione gotica dei Promessi Sposi di un presunto Anonimo Lombardo e di un saggio sugli zombie e il cinema di George Romero. Chiude il volume Carlo Bordoni con la recensione di “Lo Scandalo dell’Osservatorio Astronomico” di Giorgio Scerbanenco.

Firenze, 03/05/2012

VITA DEI MORTI DI PROVINCIA

Edgard Lee Masters - L'Antologia di Spoon River

Edgard Lee Masters – L’Antologia di Spoon River

Più che una silloge di poesie, la”Antologia di Spoon Riverdell’americano Edgard Lee Masters è una raccolta di 245 ritratti. Ogni ritratto è un piccolo racconto. Tutti i racconti, intersecandosi l’uno con l’altro, descrivono la vita di un’immaginaria cittadina di provincia americana, Spoon River. Nella storia di ogni abitante ritroviamo parti delle vicende di altri personaggi. Ne nasce quasi un romanzo corale.

Ognuno parla di se stesso, raccontando qualche evento rilevante della propria vita. Tutti i personaggi sono morti e i racconti sono come degli epitaffi sulle loro tombe.

La forte umanità che traspare da ogni racconto tocca, per la forte sensibilità espressa, toni poetici.

Edgar Lee Masters

Edgar Lee Masters

L’umanità che viene messa a nudo è il più delle volte tristemente fragile. Ogni uomo o donna compaiono con i loro difetti, in una sorta di confessione pubblica in cui rivelano le proprie debolezze, le debolezze della vita della provincia americana. Una provincia che si nasconde dietro una falsa morale, nascondendo al contempo la propria umanità di piccoli peccatori. Una provincia, nonostante tutto e tutto sommato, più sana di questa lontana e malata provincia americana chiamata Italia.

Firenze, 27/04/2012

Contadini alieni

IL FASCINO DEL LUOGO COMUNE

Kahlil Gibran - Il Profeta

Kahlil Gibran – Il Profeta

Di Gibran mi era capitato di leggere alcune massime e alcuni commenti entusiastici. Reduce così dalle letture di altri libri come “Il Piccolo Principe”, “Il Gabbiano Jonathan Livingstone”, “Candido”, “L’Alchimista” o “Il Donatore”, mi aspettavo di trovare nelle pagine de “Il Profeta” di Kahlil Gibran qualcosa di simile: un libro che nella sua semplicità sapesse essere grande e denso di contenuti, all’apparenza magari un po’ scontati, ma nella sostanza con una propria profondità.

L’esito della lettura è stato quindi deludente, innanzitutto perché siamo a mille miglia dalla letteratura. “Il Profeta” non è, infatti, un romanzo, ma neppure un’opera teatrale e anche se viene definito una raccolta di saggi poetici, di poesia non ne contiene molta e anche la saggezza dispensata mi pare spesso a buon mercato.

Il Profeta” è un monologo in cui si succedono numerosi aforismi, alcuni apprezzabili, molti interessanti, altri banali.

Si dice che con quest’opera Gibran si sia posto aldilà della religione, in particolare delle due fedi monoteiste delle nazioni in cui è vissuto, Libano e Stati Uniti d’America, toccando le radici comuni a ogni credo.

Kahlil Gibran

Kahlil Gibran

Diciamo che ha toccato temi del comune sentire e che quindi facilmente sono accolti in diverse confessioni, dalla cristiano-maronita (da cui proviene), all’islamica, fino al cattolicesimo e al buddismo.

Alcuni pensieri hanno, infatti, un certo fascino e una valenza che supera i confini delle culture locali, si pensi alle affermazioni:

Voi siete gli archi dai quali i figli vostri, viventi frecce, sono scoccati innanzi” (pag. 29).

Più profondamente scava il dolore nel vostro essere, e più è la gioia che potete contenere” (pag. 49).

In verità la brama di comodità uccide la passione dell’anima, e poi ridendo va al suo funerale” (pag. 55).

Come vorrei vedervi accogliere e sole e vento con la pelle del corpo e non con i troppi indumenti” (pag. 57).

È nello scambiarvi i doni della terra che troverete l’abbondanza e sarete appagati. Ma se lo scambio non avverrà nell’amore e nella giustizia generosa, condurrà alcuni all’ingordigia e altri alla fame” (pag. 61).

Quale pena infliggete a colui che uccide nella carne me è lui stesso ucciso nello spirito? (pag. 69).

Che dire dello zoppo che ha in odio i danzatori?” (pag. 71).

Voi parlate quando cessate di essere in pace con i vostri pensieri” (pag.95).

La vostra bontà sta tutta nella nostalgia che avete per il gigante che è in voi: ed è una nostalgia che tutti avete” (pag. 105).

Come avrei potuto vedervi se non da molto in alto  e da lontano?” (pag. 135).

Solo ieri ci incontrammo dentro un sogno” (pag. 139).

Se dopo aver letto le citazioni che ho riportato pensate che questo libro possa contenere molto di più, leggetelo, ma per quanto mi riguarda, credo che quel che “il Profeta” mi ha lasciato sia tutto contenuto in queste poche righe.

Firenze, 13/07/2011

I LIMITI DELLA CATALOGAZIONE

IF - Insolito & Fantastico n. 11 - Mainstream

IF – Insolito & Fantastico n. 11 – Mainstream

Attribuire delle etichette ai libri è una tentazione forte per chi se ne occupa. Può essere utile a far capire, con una parola o poco più, con che tipo di romanzo il lettore avrà a che fare. Il problema è che, spesso, i romanzi non sono catalogabili o, quasi sempre, una loro etichettatura comporta gravi perdite informative.

Come autore, sono spesso tormentato da questa dicotomia.

Ho trovato comodo definire alcune mie opere ucronie, altre thriller, altre surreali o fantascientifiche, ma sono categorie a cui sento che nessuno dei miei scritti appartiene in toto, sia perché difficilmente ne rispetta i canoni, sia perché sempre dense di altri contenuti, che poco hanno a che fare con il genere.

Leggendo il numero 11 della forse ancora troppo poco nota rivista monografica “IF – Insolito & Fantastico”, edita da Tabula Fati e curata da Carlo Bordoni, che porta, nell’ottobre 2012, il titolo “Mainstream” e il sottotitolo “Quando la letteratura italiana incontra la fantascienza”, questo problema mi si è riaffacciato dolorosamente alla mente.

Forse il sottotitolo sarebbe dovuto essere più correttamente “Quando la letteratura italiana incontra il fantastico”, dato che di quest’ultimo vengono trattati oltre alla science-fiction, anche l’horror, il noir, la fantapolitica, la distopia, l’utopia, l’ucronia e… insomma, come vedete, anche qui le etichette si moltiplicano, proprio perché, soprattutto quando si parla di letteratura ufficiale, di mainstream, i confini sono assai difficilmente tracciabili.

Questo è un numero che trascina per le continue affascinanti scoperte che ogni articolo porta con sé, soprattutto chi, come il sottoscritto, fa della scrittura solo un hobby e quindi ha una conoscenza dilettantistica della letteratura.

Credo comunque che persino non pochi professori di letteratura di liceo (spero non gli accademici, ma non lo escluderei) magari possono sapere che Primo Levi, che era anche un chimico, è stato autore fantascientifico, che Italo Calvino con “Le Cosmicomiche” e “Ti con Zero” si muoveva nei pressi della fantascienza, che Anna Maria Ortese era autrice fantastica, che Paolo Volponi era autore apocalittico e certo non catalogherebbero Guido Morselli altro che come autore fantascientifico (sarebbe invece più corretto dirlo ucronico) e saprebbero della scrittura fantastica di Giorgio Manganelli. Magari però ignorano l’importanza di Curzio Malaparte come autore ucronico e fantapolitico o l’attività fantascientifica di Riccardo Bacchelli, non pensano a Giorgio Bassani come autore noir, a Mario Soldati o, addirittura, a Corrado Alvaro, come a scrittori utopico-fantascientifici o – udite udite – a Beppe Fenoglio come maestro dell’horror, che si ispira a Edgar Allan Poe.

Italo Calvino

Italo Calvino

Del resto, come è ben raccontato nell’articolo di Arielle Saiber “I Dischi volanti non sbarcano a Lucca” (a pag. 100), trovare il nome anche di un solo autore italiano importante che sia definito fantascientifico è quanto mai difficile.

Sul tema, mi viene, in mente la recente antologia “Vampiriana” curata da Antonio Daniele (anche lui ha scritto su IF), che cita tra gli autori di romanzi gotici persino l’avventuroso Emilio Salgari (di cui non va dimenticato il romanzo fantascientifico “Le Meraviglie del 2000”).

Se la commistione tra letteratura “ufficiale” e fantastico è senz’altro vera per la letteratura italiana del secolo scorso (di cui si occupa la rivista), quanto è più vero per la letteratura contemporanea internazionale, dato che oggi i confini tra i generi sembrano essersi persi. Mi basta pensare ad alcune mie letture recenti come “Il Supplizio del Legno di Sandalo” del Premio Nobel per la Letteratura nel 2012 Mo Yan, dove non mancano gli elementi soprannaturali e fantastici inseriti in un affresco storico, ai forti elementi fantastici delle opere di Haruki Murakami (che non credo sia di norma considerato autore fantasy o fantascientifico), anch’esso prossimo a prendere il Nobel l’anno scorso,  alla magia della narrazione di José Saramago (altro Nobel), alla rilevanza della scrittura di un autore apocalittico come il geniale Cormac McCarthy, agli angeli di Anatole France, ai mondi onirici o futuristici di Ian McEwan, al recente successo planetario di autrici fantastiche come J.K. Rowling o fantascientifiche come  Suzanne Collins (quanti dei loro lettori pensano a queste etichette?), alle distopie di Kazuo Ishiguro, al paranormale in Jorge Amado, ai viaggi psico-cronici della Niffenegger.

Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio

Insomma, una lettura che porta con sé riflessioni interessanti. Tra l’altro, da questo numero la rivista ha abolito la parte narrativa, che conteneva alcuni racconti, diventando solo una raccolta di brevi saggi e articoli, quasi tutti incentrati sul tema principale. Dunque, sempre più i volumetti di questa rivista (in formato libro tascabile) sono una sorta di piccola enciclopedia del fantastico, da conservare in libreria per future consultazioni.

 

Firenze, 19/12/2013

QUANDO IL TEMPO SI INGARBUGLIA

Carlo Bordoni - In Nome del Padre

Carlo Bordoni – In Nome del Padre

Carlo Bordoni è il curatore della bella rivista IF – Insolito & Fantastico di cui ho commentato spesso le varie uscite. Si tratta dunque di un professionista della scrittura sebbene si dedichi come autore solo saltuariamente alla narrativa.

Carlo Bordoni

Carlo Bordoni

Il suo “In Nome del Padre” è un interessante libro fantastico, che si muove tra romanzo contemporaneo di ambientazione italiana, romanzo gotico e paranormale.

Con mano esperta, di chi ben conosce i maestri del genere, Bordoni ci mostra le “allucinazioni”, le memorie e le paure del protagonista, che nel paese natale, Riccò sul Golfo, si ritrova brutalmente a dover fronteggiare il proprio passato, a volte come semplice ricordo, altre come spaventosa concretizzazione, come avviene con l’apparizione di un vecchio che somiglia al padre morto trent’anni prima e intorno al quale gira tutta la storia, mescolando abilmente incubo e realtà, in un gioco raffinato, che coinvolge anche per le attente descrizioni di un tempo passato, che stenta a morire e che sembra essere sempre dentro di noi, pronto a riaffiorare, con nostalgia o con orrore.

Insomma, un romanzo di qualità che merita la lettura, soprattutto se si amano le storie fantastiche. Peccato Bordoni ne abbia scritti così pochi!

Firenze, 31/12/2012

I VIAGGI PSICO-CRONICI DELLA NIFFENEGGER

Audrey Niffenegger - La Moglie dell'Uomo che viaggiava nel Tempo

Audrey Niffenegger – La Moglie dell’Uomo che viaggiava nel Tempo

Viaggiare ti apre la mente, ti fa entrare in contatto con luoghi nuovi e gente diversa. Viaggiare nel tempo ti porta a visitare epoche diverse: è un modo ancora più affascinante per viaggiare, anche se non per tutti! La fisica purtroppo rende questi viaggi solo frutto della fantasia. Forse per questo ho sempre amato le storie che parlano di viaggi nel tempo. Nei confronti del tempo poi ho da anni una particolare attenzione, che forse si potrebbe quasi definire “ossessione”. Questo flusso inarrestabile che procede sempre nello stesso verso, con lo stesso ritmo è qualcosa che non mi è mai andato giù. Forse per questo mi sono trovato a diventare un autore di ucronie. Riscrivere la Storia è un po’ ingannare il Tempo, quasi come viaggiarci attraverso.

I romanzi che parlano di questo tipo di viaggi, da Wells in poi sono stati tanti. Persino l’ultimo romanzo che ho pubblicato, “Jacopo Flammer e il Popolo delle amigdale”, ne parla. Chi ne scrive comunemente si preoccupa dei paradossi che ne derivano. Il tema di molti viaggi nel tempo è: se torno indietro e faccio qualcosa che fa sì che io non nasca più, come posso essere tornato indietro? Spesso i viaggiatori nel tempo, come il protagonista di “Ritorno al futuro”, cercano continuamente di rimettere le cose al loro posto, come se con il loro passaggio nel passato non le avessero corrotte per sempre.

Nel mio romanzo ho risolto il problema immaginando un tempo che somigli a un frattale e che non sia quindi lineare. Se torno nel passato, creo un nuovo presente e un nuovo futuro, ma il presente da cui vengo non cambia.

Audrey Niffenegger in “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” ha un approccio doppiamente innovativo rispetto a questa materia.

Il primo approccio consiste nel dire: quel che è stato è stato. I viaggi nel tempo non alterano proprio nulla, semplicemente sono qualcosa che c’è sempre stato, che fa parte del passato.

Se il suo Henry incontra Claire bambina, non ha alterato la sua relazione con quella che diverrà sua moglie. Semplicemente la loro storia d’amore è fatta così, si nutre di questi incontri tra il viaggiatore Henry e questa bambina-ragazza-donna che lui incontra in varie età della propria e della di lei vita. La loro vicenda è così: un continuo mescolarsi di passato, presente e futuro. Ogni capitolo comincia con una data e l’età di Henry e Claire. Una volta lui ha 40 anni e lei 6, un’altra lui 28 e lei 20 e così via. Solo quando si incontreranno nel presente potranno sposarsi, ma Henry continuerà a sparire per recarsi in epoche diverse e Claire continuerà ad aspettarlo, come faceva quando Henry era solo un uomo che veniva dal futuro.

La Moglie dell'Uomo che viaggiava nel Tempo - Il Film

La Moglie dell’Uomo che viaggiava nel Tempo – Il Film

Il secondo approccio è ancora più innovativo. Di solito si viaggia tramite macchine, buchi neri, deformazioni spazio-temporali, porte temporali. Henry no. Henry viaggia per malattia. La sua è una malattia genetica con manifestazioni psico-somatiche. Quando è nervoso o se guarda la TV (cosa che evita), tutto d’un tratto scompare e di lui rimangono solo i vestiti. Arriva così nell’altro mondo completamente nudo. Non può portarsi dietro nulla, neanche le capsule dei denti, cui deve rinunciare.

Anche la logica con cui si muove è nuova. Non si sposta di tanti anni quanti ha programmato o secondo regole fisico-matematiche. Si sposta in tempi e luoghi del cuore. Come in un sogno. Torna sempre nel luogo e nel momento dell’incidente in cui sua madre perse la vita e lui, smaterializzandosi, sopravvisse. Torna sempre nelle case in cui è vissuto o in cui vivrà e soprattutto torna sempre da Claire. Li definirei dei viaggi “psico-cronici”. Certo a volte finisce nei posti più impensati ed è lì che si trova nei guai maggiori. Perché viaggiare nel tempo è davvero pericoloso, soprattutto se lo si fa completamente nudi. I pericoli maggiori sono le persone che lo aggrediscono, prendendolo per un maniaco, e il gelo. Oltre tutto, dopo un viaggio ha sempre una gran fame. Se il viaggio dura a lungo, deve procurarsi cibo e vestiti e spesso soldi. Questo lo rende, suo malgrado, ladro e violento, procurandogli guai.

Gustav Klimt - Le Tre Età della Donna

Gustav Klimt – Le Tre Età della Donna

L’originalità di questo modo di viaggiare mi pare motivo più che sufficiente per leggere questo romanzo. Eppure contiene anche altro. È soprattutto una storia d’amore, resa originale, proprio da questo strano meccanismo.

Com’è incontrare un uomo, sapendo già che diverrà nostro marito? Com’è incontrare una bambina, sapendo che sarà nostra moglie? Com’è vivere, sapendo che non rivedremo l’uomo che amiamo per mesi o anni? Com’è vivere, sapendo l’uno dell’altra cose delle rispettive vite e persino del proprio rapporto che l’altro non sa perché per l’uno sono il passato e per l’altra il futuro e viceversa?

Si tratta dunque di un modo interessante di rappresentare le dinamiche di coppia.

Il titolo rende bene l’idea delle due componenti di questo romanzo: storia d’amore e di viaggi nel tempo. Ben mescolati.

Devo dire che l’aspetto dei viaggi è quello che mi interessava di più, percui arrivato a metà romanzo i meccanismi con cui Henry si muove mi erano tutti ben chiari e quindi mi sono detto: “e adesso?” Mi pareva infatti che mezzo romanzo fosse più che sufficiente per esplorare e descrivere le originali dinamiche “psico-croniche”. Sono però andato avanti e la storia di questa strana coppia, le loro difficoltà, tipiche di una coppia normale, ma rese speciali dalla peculiarità di Henry (come avere un figlio, i rapporti con altri uomini e donne o con i genitori, il lavoro) hanno cominciato ad appassionarmi (nonostante alcune divagazioni a volte forse superflue).

Audrey Niffenegger

Audrey Niffenegger

Insomma, un romanzo da non perdere, una pietra miliare nella storia della letteratura che parla di viaggi nel tempo e, forse, nel genere rosa (ma non me ne intendo affatto). Certo i toni non sono proprio da fantascienza e gli amanti del genere potrebbero restare perplessi. La scrittura è buona, però, e la lettura riesce spesso a essere emozionante.

Sicuramente un ottimo romanzo, uno dei migliori di questi anni. Forse un centinaio di pagine in meno l’avrebbero reso un capolavoro o quasi.

 

Firenze, 2/6/2011

LA PIÙ GRIGIA DELLE DISTOPIE

Risultati immagini per La strada McCarthyLa Strada” di Cormac McCarthy è grigia di cenere. “La Strada” di Cormac McCarthy è deserta e priva di vita. “La Strada” di Cormac McCarthy è pericolosa e cupa. “La Strada” di Cormac McCarthy non arriva da nessuna parte. “La Strada” di Cormac McCarthy ti colpisce al cuore come una lama che poi non voglia più uscire. Lungo “La Strada” di Cormac McCarthy ci sono solo un uomo e un bambino, senza nome, senza volto e senza età. L’uomo e il bambino percorrono da soli la loro via verso sud, attraverso luoghi senza nome, in un’epoca futura ma senza date. Loro stessi non hanno bisogno di un nome, dato che non ci sono altri con cui confonderli. Certo ci sono anche i “cattivi”, ma i “cattivi” non sono più umani, non “portano più il fuoco”, sono esseri spenti e malvagi, che mangiano i bambini ma anche gli adulti. Sono pochi ma pericolosi. Il bambino è figlio dell’uomo e l’uomo è il padre del bambino. L’uno è il mondo dell’altro. Se uno dei due dovesse mancare, l’altro non potrebbe andare avanti o così crede.

Il mondo che attraversano è il più grigio dei mondi distopici che si possa immaginare. C’è stata un’apocalisse ma non sono morti tutti subito. Cosa l’abbia causata non lo sappiamo. L’autore non ce lo dice e non importa. Potrebbe essere stata una catastrofe nucleare, ma non si parla di radiazioni, solo di alberi bruciati, cenere, asfalto che si è sciolto. Più probabilmente è stato l’effetto di un enorme meteorite o magari di una colossale eruzione, che ha rilasciato le sue ceneri ovunque, nascondendo il sole. Ma non importa. Fa sempre freddo. Troppo freddo. Un freddo fisico ma anche morale. L’uomo e il bambino viaggiano verso sud, alla ricerca del calore, ma continuano a gelare.

L’apocalisse si è verificata tempo fa. I sopravvissuti hanno fatto il resto. Hanno devastato, depredato, distrutto. Il cibo è finito e sono divenuti cannibali e cattivi. Anche se la rovina forse è stata opera della natura, il vero pericolo è l’uomo. L’uomo senza umanità. Un uomo troppo moderno nella sua mancanza di ideali e morale.

L’uomo e il bambino vanno avanti, anche se non c’è nulla in grado di alimentare la speranza, il piccolo fuoco che si portano dentro. Eppure continuano a cercare. Non sappiamo cosa. Forse il calore del sud, forse i “buoni”, forse un’oasi. In realtà sopravvivono e basta. Malamente. A fatica. A volte sembra che non ce la facciano.

La Strada - Il Film

La Strada – Il Film

La loro è una storia essenziale e primitiva e per questo la più vera e forte e amara e penetrante che si possa immaginare. Una storia così basilare da poter diventare eterna. Un piccolo capolavoro del genere più intenso che la letteratura conosca: un romanzo sulla sopravvivenza, come “Robinson Crusoe” di Defoe, come “La bambina che amava Tom Gordon” di King, come “Io sono Leggenda” di Matheson, come il ciclo di Ayla della Auel. Qui però c’è in più l’aggiunta di un mondo distopico agghiacciante, più cupo di quello di “Blade Runner” o di “Matrix”, descritto con un linguaggio scarno, con dialoghi in cui le virgolette non compaiono, quasi forse un inutile vezzo in una storia di privazioni come questa, in cui i luoghi sono così privi di umanità che dar loro un nome sarebbe inutile: gli scivolerebbe via come pioggia sulla cenere. E non ci sono neppure i capitoli, ma non ci si fa caso, perché non vorremmo mai smettere di leggere, non vorremmo mai fermarci, per paura di gelare anche noi. “La Strada” di Cormac McCarthy va percorsa fino in fondo. Non importa che non conduca a nessun lieto fine o a nessun evento risolutivo. Ugualmente bisogna andare avanti. Chi si ferma è perduto. Chi apre il libro non può chiuderlo fino a quando l’avrà finito e dopo… dopo gli resterà per sempre dentro. L’uomo e il bambino non potranno morire, perché saranno nel cuore di chiunque abbia letto la loro storia fredda e tagliente e aspra.

Cormac McCarthy

Cormac McCarthy

Una storia in cui il passato è sconosciuto, il futuro misterioso, il presente ridotto al piccolo mondo di due corpi in movimento lungo una strada. Due corpi mossi da una piccola fiammella. Una fiammella quasi invisibile, ma sufficiente a sciogliere il gelo che li circonda. Una storia in cui il lettore può immaginare quasi tutto se vuole, le ragioni e le forme dell’apocalisse, lo stato del mondo, il suo futuro, la vita dell’uomo (di cui sappiamo pochissimo), il nome dei protagonisti, i loro pensieri. Cormac McCarthy non ci dice quasi nulla. Anche per questo ha scritto un capolavoro: un romanzo che si lascia sognare da chi lo legge.

Firenze, 18/05/2011

 

Questo articolo è comparso anche sul n. 10 (“Apocalisse”) della rivista IF – Insolito & Fantastico.

 

Tra tutti i libri che ho letto nel 2011 e 2012, credo che questo sia il migliore.

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