
IF Insolito & Fantastico – N. 6 Altrimondi
Infiniti possono essere gli Altrimondi, dai Mondi Lontani e immaginari della fantascienza, ai Mondi “Lontani Lontani” delle Fiabe, ai Mondi fantastici e magici del Fantasy, ai Mondi Alternativi dell’Ucronia, a quelli Surreali dell’horror o negativi della Distopia. Tra questi c’è anche un piccolo insieme di mondi che ruota attorno a una pallida stella posta negli spazi abbandonati tra la Fantascienza e l’Ucronia: il Mondo dei Dinosauri Vincenti.
Penso che si possa dare un’idea di questo piccolo sistema planetario tramite quattro libri: “Viaggio al Centro della Terra” di Verne, “Il Mondo Perduto” di Conan Doyle, “Il Libro degli Yilané” di Harrison e “Darwinia” di Wilson. A questi aggiungerei, immodestamente, un piccolo satellite da me creato e intitolato “Jacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale”.
Prima di cominciare a parlarne vorrei però tediarvi, per poche righe, con alcune definizioni che ci aiuteranno a intenderci meglio.
Nel numero 3 di IF, avevo già dato la seguente definizione di ucronia: “l’ucronia o allostoria o fantastoria o storia controfattuale, è un genere letterario intermedio tra la fantascienza e il romanzo storico in cui la storia narrata si differenzia dalla Storia comunemente conosciuta, sostituendo a degli eventi storicamente avvenuti degli eventi immaginari.
Come genere narrativo si differenzia dalla fantascienza perché riguarda sempre fatti del passato e non ricorre, di norma, ad artifizi per modificare la Storia.
Le mutazioni descritte devono avere un grado accettabile di probabilità di verificarsi.
L’ucronia può descrivere il momento in cui la Storia muta o gli effetti di questo mutamento.”
Si parla, dunque, di Storia e non di Preistoria. Può esserci ucronia qualora la divergenza avvenga nella preistoria? I pareri in merito mi paiono contrastanti.
Personalmente immagino che il gruppo di romanzi che parla di dinosauri sopravvissuti fino ai giorni d’oggi possa essere considerato come un parente stretto dell’ucronia (che alcuni vedono come un sottogenere della fantascienza), nonostante siano cosa piuttosto diversa. Diciamo che questi libri sono un po’ l’anello mancante tra il Mondo della Fantascienza e quello dell’Ucronia. Come li vogliamo chiamare? In passato li ho definiti preucronie, ma potremmo parlare, magari, di dinocronie. Con la differenza che le preucronie riguardano anche divergenze successive al giurassico, potrebbero, ad esempio, parlare anche di divergenze avvenute ai tempi degli uomini primitivi, mentre le dinocronie dovrebbero essere più antiche e riguardare proprio i dinosauri.
Ora che abbiamo un po’ di terminologia per intenderci, vediamo di cosa trattano questi libri, partendo dal più antico e forse più noto.
“Viaggio al Centro della Terra”, uno dei romanzi più celebri di Jules Verne, fu scritto nel 1864. Questo romanzo viene considerato uno dei precursori della fantascienza, ma lo è in effetti, anche della preucronia e, forse, dell’ucronia stessa (che di solito si fa nascere solo pochi anni prima, nel 1857, con l’opera di Renouvier). La trama è ben nota a molti e chi ne volesse sapere di più non avrà difficoltà a documentarsi in merito. Dirò solo che si narra del viaggio nelle viscere della terra del Professor Otto Lidenbrock e di suo nipote
Axel, lì giunti calandosi attraverso un vulcano islandese. Gli esploratori scopriranno che sotto il manto terrestre si nasconde un intero habitat, popolato da creature animali e vegetali, che si credevano estinti da milioni di anni. Penso che sia chiaro che per giustificare l’esistenza di un simile fenomeno occorra una divergenza ucronica, occorre cioè immaginare che, grazie alla presenza di questi spazi sotterranei, questi esseri preistorici abbiano potuto evitare l’estinzione. Abbiamo in realtà due momenti di divergenza: quello che fa mutare il corso dell’evoluzione e la scoperta dei dinosauri: il loro “ingresso” nella Storia, non potrebbe che essere sconvolgente. Di questo, però, Verne non ci parla affatto.
Chi non conosce, poi, Arthur Conan Doyle, l’autore di Sherlock Holmes, uno dei personaggi meglio delineati di tutta la letteratura, una figura indelebile nell’immaginario di ogni lettore, anche di quelli che poco amano il giallo? Non tutti però sanno che questo autore ha scritto anche poesie e romanzi storici e, soprattutto, che ha scritto un’ucronia fantascientifica,

anzi, come dicevamo, una preucronia: “Il Mondo Perduto”.
Anche qui, essendo questo romanzo stato scritto nel 1912 si potrebbe parlare di una delle prime ucronie mai scritte, precedendo di vari anni quelle di Dick, Turtleodove, Harris e altri.
Dico che si tratta di un’ucronia, in quanto si basa su due “se”: cosa sarebbe successo “se” i dinosauri, in una parte della terra non si fossero estinti? E cosa sarebbe successo “se” dai nostri antenati “scimmieschi” si fosse evoluta un’altra razza intelligente in grado di competere con la nostra?
Diciamo che un’ucronia classica, forse, avrebbe immaginato un dominio totale sulla Terra dei dinosauri (come ne “Il Libro degli Ylané” che vedremo più avanti) o da parte degli uomini-scimmia. La scelta di Conan Doyle è stata invece di immaginare che queste razze siano rimaste confinate su un acrocoro del Sud America, isolato da un profondo burrone. Questo rende la storia assai più simile a un racconto fantascientifico, dato che la divergenza, fino al momento della narrazione non ha prodotto effetti (li produrrà però sicuramente, una volta che la scoperta sarà dichiarata al mondo). Siamo comunque un passo più avanti nel cammino dalla fantascienza all’ucronia rispetto al romanzo di Verne, dato che una parte di umanità, per quanto piccola, ha già subito gli effetti della divergenza preistorica.
In effetti “Il Mondo Perduto” sembra quasi un romanzo uscito dalla penna di Jules Verne, a cui deve essere in qualche modo debitore, ma nulla ha da invidiare al suo “Viaggio al Centro della Terra”.
Quello che lo rende decisamente un “Conan Doyle” è la maestria con cui l’autore delinea i personaggi, anche in questo caso con tratti e linee marcati, che li rendono ben riconoscibili e facilmente memorizzabili, dimostrando una notevole potenza descrittiva!
“Il Mondo Perduto” è un libro di cui sono certo debitrici a loro volta molte altre storie, dal ciclo di film di Steven Spielberg “Jurassic Park” di cui uno porta lo stesso titolo, pur avendo diversa trama, a, forse, “Il Pianeta delle Scimmie” di Pierre Boulle, romanzo che ha ispirato gli omonimi film di Franklin J. Schaffner e Tim Burton, che, seppur proiettato nel futuro, immagina un diverso percorso evolutivo.
Occorre poi aspettare gli anni tra il 1984 e il 1987 perché vengano dati alle stampe i tre libri che, riuniti, costituiscono l’immenso volume (1.100 pagine a carattere minuto) intitolato “Il Libro degli Yilané” di Harry Harrison, che forse più correttamente si sarebbe dovuto chiamare “I Libri delle Yilané”, essendo, appunto, i libri tre e le protagoniste femminili. Il volume è pubblicato da Editrice Nord e non è facilissimo da trovare, ma la ricerca merita di esser fatta perché qui la preucronia trova forse il suo sviluppo più compiuto e fantasioso.
Harrison, infatti, ci narra di un mondo ancora preistorico, grosso modo corrispondente al periodo di passaggio dall’età della pietra all’età dei metalli, ma dissimile da quello reale, in quanto, in un passato ben più lontano è avvenuto qualcosa che ha fatto sì che i dinosauri non si estinguessero.
Abbiamo dunque qui un lasso temporale tra la divergenza ucronica e gli eventi narrati di ben 75 milioni di anni.
In un simile incredibile periodo l’autore ha ben potuto sbizzarrirsi, immaginando un mondo divergente estremamente originale. Se nelle ucronie “storiche” vediamo che una minima divergenza può alterare il passato e il presente in modo eclatante, immaginate cosa potrebbe succedere se gli effetti della divergenza si propagassero per milioni di anni.
Questo, per inciso, è possibile che si verifichi solo collocando la divergenza nella preistoria, altrimenti, avanzando di milioni di anni, andremmo a descrivere mondi futuri e saremmo quindi in territorio fantascientifico e non ucronico.
Il presupposto di questo romanzo è che una razza di dinosauri si sia evoluta al punto di creare una complessa società, molto gerarchica, che basa il proprio dominio sulle altre specie non sulla capacità di dominare il fuoco e costruire manufatti (poiché non dominano il primo e realizzano manufatti solo per fini artistici) bensì, nientemeno che sulla genetica e sulla capacità di modificare e adattare le altre forme viventi alle proprie esigenze.
Se l’uomo, nel nostro mondo reale, ha creato centinaia di razze canine, feline, bovine e di altro genere in poche migliaia di anni, Harrison immagina che le scienziate di questa razza di sauri bipedi di nome Yilané abbia saputo ricreare, nel coso di milioni di anni, gran parte delle comodità della vita moderna adattando la genetica degli altri animali. A qualcuno forse verranno in mente i cartoni animati degli Antenati, ma qui lo spirito è, chiaramente, un altro.
Quello che rende piacevole la lettura di questo volume è l’alternarsi delle vicende delle protagoniste Yilané (tanto diverse da noi ma a volte con difetti così tristemente simili ai nostri) con quelle dei protagonisti umani.
Harrison ha, infatti, immaginato che le Yilané (si tratta di una civiltà dominata dalle femmine in cui i maschi sono poco più che animali) dominino solo una parte del mondo, mente gli ustuzou (i mammiferi, in lingua Yilané), vivano in un’altra parte del mondo e tra questi ci siano degli esseri umani. Qualcosa di simile a quanto avveniva nell’acrocoro di Conan Doyle.
L’approssimarsi dell’era glaciale, facendo gelare le città Yilané e allontanando la selvaggina dai monti frequentati dai Tanu (gli umani), costringe i due popoli a scontrarsi.
Un altro messaggio lanciato da Harrison riguarda l’ucronia sessuale, tema non certo ignoto agli autori ucronici, ma qui presentato come base di uno scontro di civiltà. Spesso nell’ucronia ci si chiede come sarebbe un mondo in cui le donne abbiano la supremazia. Harrison porta all’estremo questo quesito e dipinge un’intera civiltà totalmente femminile. Forse lo fa in modo un po’ maschilista, giacché il mondo che dipinge è quanto mai distopico e le femmine Yilané appaiono quasi tutte come dei mostri, mentre il protagonista umano Kerrick trova l’amicizia, guarda caso solo trai deboli maschi della specie nemica.
Oltre ad essere un interessante esempio di preucronia, questo romanzo è comunque una bella avventura, uno scontro di civiltà tanto diverse, una lezione sulla convivenza e la stupidità della guerra, un allegro lunapark di esseri fantastici e fantasiosi, che le odierne tecniche cinematografiche assai bene potrebbero rendere in uno spettacolare film ricchissimo di effetti speciali, quale quello che si delinea già da solo nella mente del lettore.

Darwinia – R.C. Wilson
Il quarto esempio di preucronia che vorrei riportare qui è “Darwinia”, il romanzo di Robert C. Wilson, pubblicato per la prima volta nel 1999.
La narrazione si svolge in quattro epoche storiche: 1912, 1921, 1945 e 1965 con un epilogo nel 1999. Non c’è dunque dubbio che tratti fatti “storici” antecedenti alla sua stesura. Se dunque, ad esempio, “1984”, il romanzo di Orwell, non può essere considerato un’ucronia (ma una distopia), narrando di un futuro ipotetico (essendo stato scritto nel 1948), questa obiezione non vale per “Darwinia”.
Non solo: gli eventi ucronici descritti si differenziano dalla realtà conosciuta perché nel 1912 è successo qualcosa che ha cambiato il mondo, ma questo qualcosa si è generato in una remotissima preistoria. È li che, come nei romanzi visti prima, dovremmo collocare la divergenza allostorica.
Nel 1912 l’Europa viene cancellata e sostituita da un mondo alternativo in cui tutta l’evoluzione del pianeta ha seguito un percorso diversissimo, con una divergenza presumibilmente da collocarsi in corrispondenza della comparsa dei primi insetti sulla terra (probabilmente 225 milioni di anni fa, se sono vere le recenti teorie che ne vedono l’apparizione 100 milioni di anni prima delle angiosperme).
Quello che Wilson descrive è, tra le altre cose, la reazione del resto del mondo a questo misterioso sconvolgimento, con pesanti impatti sulla religione e la scienza, al punto che il mutamento verrà definito “Miracolo”. Di Miracolo però non si tratta, ma di una tecnologia evolutissima (al lettore scoprire cosa sia successo). Siamo dunque ancor più vicini ai Mondi dell’Ucronia, dato che si tocca e muta il corso della Storia moderna.
Bisogna dire, comunque, che un qualche artifizio qui è stato usato. Non una macchina del tempo (il cui uso fa di solito propendere per un’esclusione dal campo ucronico), ma l’ipotesi di una civiltà superiore che governi l’universo.
Se dunque l’allostoria è sempre in precario equilibrio tra romanzo storico e fantascienza, qui si può dire che Wilson, ancor più di Turtledove con i suoi lucertoloni alieni (quasi dei dinosauri!) che interrompono la Seconda Guerra Mondiale, sia ancora nel mondo ipotetico della fantascienza.
Quando al grado di probabilità di verificarsi di quanto descritto, beh, credo che dovremmo mettere una lunga serie di zeri dopo la virgola! Cosa che ci allontana dalle regole dell’Ucronia.
Fantascienza o ucronia che sia, questo è comunque un romanzo affascinante, soprattutto perché ci mostra l’uomo impotente davanti alla vastità e inesplicabilità della Natura, l’uomo che arranca e fatica a capire ma non si arrende. Il protagonista Guilford si pone allora sulla scia di Robinson Crusoe, mentre attraversa le foreste aliene dell’Europa rinnovata, è un naufrago volontario su un continente intero, uno straniero nella culla dell’umanità resa all’improvviso il luogo più selvaggio e inospitale che si possa immaginare.
Wilson coniuga dunque con maestria la miglior avventura con i grandi quesiti del “se”, interrogandosi, con la leggerezza dei grandi narratori, sulla religione, la politica e il senso dell’esistenza dell’umanità. Tutto questo creando un mondo alternativo trai più fantasiosi e originali che siano stati mai prodotti.
E, infine, mi concedo di dire due parole su quel piccolo satellite da me creato, intitolato “Jacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale”, pubblicato nel 2010 da Liberodiscrivere.
In questo romanzo incontriamo un ragazzino che assieme a suo nonno, si reca in una preistoria di soli 750.000 anni fa, ai tempi dell’Homo Erectus, passando per una Porta del Tempo costruita da una razza ucronica discendente da un mutazione dei Velociraptor, che in un universo divergente sono la razza dominante e da questo universo, tramite le Porte, si muovono nei Mondi Alternativi creati dalle infinite divergenze allostoriche. L’avventura dei viaggiatori nel tempo sarà dunque movimentata proprio dal drammatico incontro con queste creature, che sebbene sia siano evolute, sono rimaste feroci come un tempo. Siamo dunque anche qui in un Mondo sospeso tra la fantascienza e l’ucronia.
In Conclusione, quindi, “la preucronia è un’ucronia in cui la divergenza dall’evoluzione delle specie e dai fatti reali è avvenuta in un’epoca antecedente alla scoperta della scrittura e quindi all’inizio della Storia”.
La preucronia ci parla di Mondi Alternativi in cui ancora oggi i dinosauri lasciano impronte fresche sulla superficie del Terzo Pianeta del Sistema Solare.
Firenze, 12/09/10
Questo articolo è stato pubblicato anche su IF – Insolito & Fantastico n. 9 – Altrimondi.
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