Grazie al mio incontro con Antonio Daniele sulle pagine del numero di IF dedicato ai Vampiri, cui abbiamo collaborato entrambi, ho avuto modo, dialogando nel web, di scoprire il raro libello curato dal medesimo Daniele e scritto da Franco Mistrali “Il Vampiro – Storia vera”.
Come si legge in quarta di copertina, questo volume, edito ora da Keres, anticipa di un trentennio il Dracula di Bram Stoker e di tre anni La Carmilla di Le Fanu, essendo stato pubblicato per la prima volta nel 1869. Rappresenta dunque uno dei primissimi romanzi di vampiri della letteratura italiana ed è uno trai primi in assoluto, seguendo solo di pochi decenni “Il vampiro” di John Polidori e quello di Lord Byron, entrambi del 1816.
Il Barone Franco Mistrali (1833-1880) fu un personaggio eclettico e interessante. Scrittore, garibaldino, anticlericale, pubblicò vari romanzi – spesso storici – diresse e fondò riviste, fu oggetto di scandali e incarcerato.
“Il Vampiro” è opera romantica ma che ancora fortemente risente degli influssi neo-classici, come si può notare dalle abbondantissime citazioni letterarie presenti. L’autore stesso (pag. 67) arriva così a scusarsi dal “nuovo stile”:
“I narratori classici grideranno al barocchismo, ma li lasceremo gridare: le grammatiche sono una gran bella cosa, ma vi è qualche cosa che sta sopra tutti i codici a tutte le regole: la musica di Rossini quando comparve fu dichiarato che violava i regolamenti: non ci è che dire: i pedanti trovavano le violazioni sulla partitura e le segnavano con tanto di croce: il pubblico applaudiva: Shakespeare anche cotesto è un gran violatore di regole: Voltaire che pure avea talento, lo chiamavano barbaro saltimbanco: ma i drammi del barbaro seppelliranno tutte le tragedie del classico: a me basta che nelle evoluzioni che andrò facendo in questa curiosa storia, non mi manchi l’indulgenza del lettore: chi mi ama mi segua.”
Da buon autore di romanzi storici Mistrali ci offre un’ambientazione precisa e alcuni personaggi storici compaiono da protagonisti, in primis il Principe di Monaco, che con il narratore e l’ispettore Ledru al suo servizio, indaga sulle misteriose vicende narrate, ma anche lo Zar di Russia, causa di tutte le vicende narrate.
Si tratta, infatti, di un indagine su strani fatti, che al narratore fanno subito pensare a vicende di vampiri, e che coinvolgono la nascita di figli illegittimi del medesimo Zar. Dietro al mistero ci sono storie di vendette e su tutto il racconto si muove un misterioso personaggio, dall’aspetto vampiresco, che muta più volte nome e identità.
Compare, infine, una setta di vampiri. Ci sono esperimenti di alchimia e l’esperimento sul sangue (pag. 224) porta a conclusioni che ricordano, seppur romanticamente, quelle della moderna clonazione.
“La vita vive nel sangue ed ogni gocciola del fluido rubicondo trae seco un atomo vitale. Se noi potessimo avere conservato del sangue di Sesostri o di Faraone, noi avremmo in esso un atomo vivo della loro vita, una fibra dell’anima loro, un’eco degli affetti e delle passioni che li dominavano”.
Più che alle teorie sul vampirismo, il romanzo sembra far riferimento a quelle pitagoriche sulla reincarnazione e di vampiri, in realtà, in queste pagine non se ne incontrano mai, salvo quelli della Setta, che tali non sembrano veramente. Di loro però si parla. Una particolarità delle creature della notte immaginate da Mistrali è che non mordono le loro vittime sul collo, ma sul petto, vicino al cuore.
Si tratta, però, più che altro di un giallo con tinte gotiche, con un mistero da risolvere e svelare, e in cui non mancano riferimenti alla vita del tempo e piccole osservazioni o critiche sociali come la seguente (pag. 25): “la civiltà invece dovrebbe realizzare l’ideale della libertà anche nelle tasse, e pertanto gli inglesi sostengono che in fatto d’imposte l’ideale è la generalizzazione del tributo indiretto: fuma chi vuole, beve chi vuole, consuma chi vuole oggetti di lusso: ma non mangia chi vuole.”
Lo stile narrativo è decisamente ottocentesco e così pure la grammatica dove, ad esempio, le prime persone dell’imperfetto finiscono sempre in “a” (“io aveva paura”) e si eccede nell’uso dei doppi punti, sebbene il curatore abbia parzialmente provveduto a modernizzare la punteggiatura originaria.
Romanzo dunque imperdibile per chi voglia conoscere e approfondire la storia del romanzo gotico, piacevole souvenir per chi ami esplorare la letteratura del XIX secolo, curioso libello per chi cerchi una testimonianza della storia europea e, cosa quanto mai rara, leggere una storia che sia ambientata nel ristretto Principato di Monaco.
Completano il volume la pregevole introduzione del curatore Antonio Daniele e le interessanti note sull’autore.
Leggi anche:
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