Archive for novembre 2010

MENZINGER È UN NEW ITALIAN EPIC WRITER?

Leggo  Ansia assassinasu Wikipedia
New Italian Epic è una definizione proposta dallo scrittore
Wu Ming 1 per circoscrivere un insieme di opere letterarie scritte in Italia da diversi autori – tra cui lo stesso collettivo Wu Ming – nel periodo dal 1993 (fine della "Prima Repubblica") al 2008. Tale corpus di libri è descritto come formato da romanzi – in prevalenza, anche se non esclusivamente, romanzi storici – e altri testi letterari, che avrebbero in comune diverse caratteristiche stilistiche, costanti tematiche e una natura allegorica di fondo. Si tratterebbe di un particolare tipo di narrativa metastorica, con tratti peculiari derivanti dal contesto italiano
 
Secondo Wu Ming 1, le caratteristiche della New Italian Epic (vedi il suo celebre Memorandum) sono:
1- Rifiuto del tono distaccato e "gelidamente ironico".
2- "Sguardo obliquo" o “azzardo del punto di vista”. Sperimentazione di punti di vista inconsueti e inattesi.
3- Complessità narrativa unita a un'attitudine “pop” che spesso porta al successo di pubblico.

4- Narrazione di storie alternative e “ucronie potenziali”.
5- Sperimentazione linguistica dissimulata che mira a sovvertire “dall'interno” il registro della prosa.
6- Oggetti narrativi non identificati (anche chiamati UNO: Unidentified Narrative Objects).
7- Comunità e transmedialità.

 
La prima volta che ho visto un elenco simile a questo mi sono posto tre domande:  Il Colombo divergenteesistono davvero degli autori che appartengono a questa corrente? Ne conosco qualcuno? Io sono un New Italian Epic Writer (un NIEW, dico io)?
Se per la prima domanda mi mancano gli elementi per una risposta (chiedo indicazioni a chi mi legge) ma propenderei per rispondere con un no, per la seconda  la risposta non potrbbe che essere “no”, per la terza la questione è più complessa.
 
Ormai la definizione di New Italian Epic sembra cosa vecchia e fuori moda, ma vorrei rispolverare lo stesso alcune mie riflessioni di un paio d’anni fa in merito, che non avevo ancora avuto tempo di postare.
Evidenzio, innanzitutto, che, rispetto alla definizione di wikipedia posso dire di avere alcune delle caratteristiche sopra elencate:

  1. ho scritto e pubblicato in Italia nel perido indicato (anche se si tratta di una limitazione temporale che non condivido, sia perché la Prima Repubblica, secondo me, non è mai finita, sia perché anche il 2008 non mi pare rappresenti nessun tipo di spartiacque letterario o culturale);
  2. ho scritto soprattutto romanzi;
  3. non mancano aspetti allegorici in alcuni di questi come “Il Colombo divergente” e “Giovanna e l'angelo”.

Giovanna e l'angeloQuanto poi a parlare di “narrativa metastorica” nel 2010 per libri scritti nel decennio precedente, mi pare quanto meno azzardato, dato che con una prospettiva così ristretta mi pare ben difficile dire se un’opera trascende la storia o meno. Mi pare ardua sentenza necessariamente da rimandare ai posteri.
 

Esaminando, invece, i miei scritti alla luce dei punti dell’elenco di Wu Ming 1, in effetti noterei:

1- Rifiuto del tono distaccato e "gelidamente ironico": Questo punto è un po' difficile da definire ma direi che mi ci ritrovo abbastanza, anche se, certo, “Ansia assassina” ha uno stile narrativo piuttosto netto e tagliente, ma altri romanzi, come “Il Colombo divergente” e “Giovanna e l’angelo” sono piuttosto “riflessivi”.
2- “Azzardo del punto di vista”: "Il Colombo divergente" è scritto in seconda persona da due voci narranti molto particolari; "Giovanna e l'angelo" è la storia di Giovanna D'arco vista attraverso gli occhi di un angelo inconsapevole della propria natura e che non conosce Dio; in "Ansia assassina" il protagonista compare solo nell'ultimo capitolo e viene descritto come assenza.
3 – Complessità-pop: "Il Colombo divergente" e "Giovanna e l'angelo" sono romanzi Ucronie per il terzo millennio stratificati e tutt'altro che semplici ma che possono essere letti, soprattutto il primo, anche solo come "avventura", si alternano dunque piani di lettura colti e complessi a piani di lettura più superficiali e “popolari”;
4- “Ucronie potenziali”: "Il Colombo divergente" e "Giovanna e l'angelo" sono due vere e proprie ucronie (altro che “potenziali”), descrivendo uno un Colombo che rimane prigioniero degli aztechi e l'altro immaginando che Giovanna D'Arco sopravviva al rogo e, addirittura, oniricamente, muti sesso;
5- Sperimentazione linguistica: "Il Colombo divergente" alterna prosa e cantilene (non oserei dire poesie) e si muove sul piano dei giochi di parole, dell'allegoria e della metafora; "Cybernetic love" narra un triangolo amoroso usando le parole dei classici della letteratura riscritte in linguaggio informatico anglofono.
6- Unidentified Narrative Objects: vale quanto detto al punto 5, inoltre ho tentato contaminiazioni tra narrativa e immagine, sia con romanzi illustrati, sia con la c.d. "gallery novel": un romanzo collettivo, illustrato da numerosi artisti, progetto sviluppato in rete con il nome "Il Settimo Plenilunio". Anche “Jacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale” nasce come mix di narrativa e illustrazione.
7- Comunità e transmedialità: oltre a quanto detto al punto 6 (“
Il Settimo Plenilunio”, con 20 autori è davvero opera “comunitaria” e con la presenza di scrittori, pittori, fotografi e disegnatori, quanto di più “trans mediale” si possa immaginare), ho curato e stimolato la realizzazione dell'antologia allostorica "Ucronie per il terzo millennio", nata nel web e ho scritto oltre a "Cybernetic love" e a "Il Settimo Plenilunio" altri lavori a più mani, come il romanzo "Se sarà maschio lo chiameremo Aida", scritto per e-mail e che narra la costruzione di un teatro lirico tra le nevi di un'inesistente altissima montagna del sud Italia.
 
 Il Settimo PlenilunioIl nome “New Italian Epic” non mi è chiaro cos’abbia a che fare con i sette punti di sopra. Ma se vogliamo dire che i romanzi di questo genere rappresentano un nuovo modo di fare epica, e che l’epica parla di eroi, credo che ancora una volta “Il Colombo divergente” e “Giovanna e l’angelo”, descrivendo due eroi reali in modo fantastico, stravolgendone il ruolo, facendo di un vincitore un perdente e di una vittima una vincente, siano esempi di NIE. E le avventure del piccolo Jacopo Flammer nei romanzi del ciclo “I Guardiani dell’Ucronia”, quali “Jacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale” non sono un po’ epiche?
Vi pare allora che mi possa considerare un NIEW?
 
Certo se si osa dire che uno come Saviano è un NIEW, allora possono esserlo tutti. Ditemi voi cos’ha a che fare uno che ha scritto una sorta di reportage giornalistico con la letteratura e ancor più con quanto si dice sopra? Eppure è uno degli esempi di NIEW, più spesso citato! Persino Wu Ming 1 segnala espressamente GomorraJacopo Flammer e il Popolo delle Amigdale
Sarà una cosa seria? A me non pare. Credo che una simile corrente letteraria non sia mai esistita e che il solo autore che mi venga in mente che ne possa essere additato come esempio è proprio il sottoscritto, il che mi pare proprio pochino. Oppure qualcuno di voi è in grado di motivarmi dettagiatamente (almeno come ho fatto sopra rispetto ai miei libri) perché un dato autore (De Cataldo? Lucarelli? Blisset? Saviano ? Santoni? Chi altro?) debba considerarsi NIEW?
Diciamo allora che la trovata di questa (ormai non più tanto) nuova etichetta sa tanto di trovata pubblicitaria, probabilmente legata al lancio del saggio “New Italian Epic. Letteratura, sguardi obliqui, ritorni al futuro” o alla sponsorizzazione degli autori fantasiosamente inclusi nella corrente letteraria.
Diciamo allora che in fondo sia un bene che Wu Ming 1 si sia inventato anche una (pur arbitraria) scadenza per il fenomeno, così almeno possiamo trogliercelo di torno. E pace all'anima sua (se ne ha una). 

Incontro di Liberodiscrivere con autori di tutte le case editrici

LA VETRINA DELL’AUTORE Liberodiscrivere®
 

domenica 28 novembre 2010 a partire dalle ore 18
presso il CROONER SWING CLUB Via dei Giustiniani 69/71r, Genova
www.Liberodiscrivere.it

 

  
 
Gli autori che hanno un libro da proporre edito con qualsiasi casa editrice potranno incontrarsi sia con gli autori di Liberodiscrivere® sia con i loropotenziali lettori e acquirenti. Un vero e proprio happening letterario aperto a tutti. Una vetrina che unisce la tradizionale cornice della 'bancarella' all'incontro conviviale fra pubblico e autori. Ogni autore salirà sul palco, si presenterà al folto pubblico accompagnato da buona musica, uno stuzzicante aperitivo seguito da una ricca cena a buffet. I titoli, di tutti gli autori presenti saranno esposti in un apposito spazio libreria all’ingresso del locale. L’incasso delle copie vendute resterà all’autore.
 

Aperitivo e Cena tutto compreso Euro 28,00
 
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
Maria Cristina De Felice tel. 3356900223 – mail: cdefelice@liberodiscrivere.it

Quando la fantasia anticipa la realtà

 Su "La Repubblica" di oggi (1611/2010) c'è un articolo intitolato "Tutti i Mohammed d'Europa" che comincia così:
"<<Pronto sono Mohammed, anzi volevo dire Alexandre>>. La crisi di identità è un effetto collaterale da mettere in conto  quando sei un ragazzo francese con un nome strano e lavori in un call center. <<Per vendere al telefono, il tuo nome non va be>> gli aveva detto il direttore dell'azienda. Mohammed, 19 anni, nato a Parigi da genitori marocchini, ha accettato di fingersi Alexandre per qualche settimana."

Qualcosa del genere avevamo immaginato già qualche anno fa scrivendo il romanzo collettivo  "Il Settimo Plenilunio",  pubblicato poi a febbraio da Liberodiscrivere.
A dir il vero, se non ricordo male, la situazione del call center l'aveva pensata Sergio Calamandrei, anche se poi sul capitolo ciascuno aveva messo del suo.

Ecco qui alcune parole tratte dal capitolo intitolato appunto "Call center":
 Piero De Mastris - illustrazione di Niccolò Pizzorno per Il Settimo Plenilunio - Cap. 3  "Call center"

 – Silvio, Lei mi pare un bravo ragazzo – lo blandì spudoratamente il cliente.
– La ringrazio – rispose l’addetto. “Dove vuole arrivare, questo?” si chiese.
– Ha un accento romano.
– Sì, sono di Trastevere.
– Ah. Un romano verace? Romano de’ Roma, eh?
– Beh…sì. In un certo senso.
– E da quale zona viene? EUR, Prati…
– A metà strada… – azzardò il ragazzo.
– A metà strada? Ma a quale zona abita più vicino?
– Prati – tentò.
– Davvero? Proprio davanti all’Isola Tiberina, bello!
– Eh sì. Da casa vedo il mare.
– E anche il Monte Bianco, magari? Ragazzo, tu sei romano come Abramo Lincoln. A Roma non ci sei neanche mai stato. I Prati non sono a Trastevere e non stanno certo davanti all’Isola Tiberina e, soprattutto, questa non sta in mezzo al mare, ma sul fiume. Dimmi la verità, Silvio, di che nazionalità sei? E da dove parli? – l’aIl Settimo Plenilunio - Menzinger, Bumbi, Calamandreiverlo colto in castagna sembrava autorizzare il De Mastris a passare da quell’ostentato “Lei” ad un confidenziale “tu”.
– Questi sono segreti aziendali, Signore. Non posso dirglielo.
– Dimmelo.
– Non so perché glielo dico, Signore, ma mi chiamo Borat Vinokourov, sono kazako e lavoro ad Aktau.
– Bene, Borat. Tu sai che se questo maledetto tecnico non viene da me entro stasera, io ti raggiungo lì sul Mar Caspio e ti squarcio la gola… Lo sai che lo farò, vero?
– Sì, Signore. Ho perfettamente compreso la situazione. Contatterò subito, di persona, il tecnico, solo che è un italiano, e ci ha dato parecchi problemi negli ultimi tempi…
– Questo non mi interessa. HO BISOGNO del collegamento psycoweb immediatamente. NON POSSO attendere oltre.
– Sì, Signore.
 
Borat Vinokourov riattaccò, si tolse la cuffia e si mise la testa tra le mani, curvo sul suo banco di sessanta centimetri per quaranta. Dopo un paio di minuti rialzò il capo e osservò attorno l’immenso capannone dove lavorava con i suoi tremilaseicento colleghi. Compose poi un numero italiano e, mentre attendeva che il tecnico rispondesse, alcune lacrime gli scorsero lungo le gote. E non erano di nostalgia per il ponentino di Roma.

TRE LIBRI DI (quasi) FIABE

LA FIABA DEL RAGAZZO DAI CAPELLI VERDI

Marco MazzantiDi Marco Mazzanti avevo già letto “L’uomo che dipingeva con i coltelli”, la storia di un pittore albino che era stato cieco. Mazzanti ci offre ora in lettura il suo nuovo romanzo “Demetrio dai capelli verdi” e non si può non notare subito come la passione per la pittura e il cromatismo, che aveva già caratterizzato l’opera precedente, sia ben presente anche qui. I capelli che nell’altro romanzo erano bianchi, qui diventano addirittura verdi, la pelle del nuovo protagonista si fa azzurrina e splendente (mi viene da pensare a Edward Mc Cullen in “Twilight”!). Tutto ciò sempre per descrivere il disagio di un “diverso” nei confronti del mondo.
Eppure questo Demetrio, sebbene chi poco lo conosce lo aggredisca, sembra trovare facilmente l’amicizia, persino nella donna che più duramente l’aveva attaccato, quasi a dirci che, in fondo, le diversità non sono un vero ostacolo a vivere una vita normale in mezzo agli altri.
Per tutto il romanzo ci si chiede il perché di questo strano aspetto del protagonista e come mai Demetrio abbia simili colori. Lui stesso si interroga in merito e non riesce a trovare risposte. Solo nel finale arriva a scoprire chi fossero i suoi genitori, eppure questo non spiega nulla. Il romanzo finisce ma la vita di Demetrio continua, la sua fuga dal mondo pure e il mistero non si scioglie, quasi a preparaci a un inevitabile sequel.
Se “L’uomo che dipingeva con i coltelli” era ambientato nel medioevo, qui siamo nel XIX secolo, ma in questo romanzo come nel primo l’ambientazione storica e geografica non ci pare rilevante. Questa è una fiaba e potrebbe essere ambientata in qualunque tempo e luogo, anche in un classico “Paese Lontano Lontano” da favola. Peccato allora cercare di far parlare i personaggi in un finto linguaggio ottocentesco, che nulla aggiunge alla costruzione narrativa, ma anzi rende meno fluida la lettura.
Demetrio dai capelli verdi - Marco Mazzanti INVESTIGATORE PER CASO

quando la luna ride.jpegDi Natalfrancesco Litterio (alias Oblomov Il Pigro) avevo già letto la raccolta di racconti “Il Dio del Jazz è nato in Alabama” di cui avevo parlato qui.
Già leggendo quei racconti mi ero reso conto che questo autore aveva le carte in regola per scrivere qualcosa di più compleUomini e topi - Steinbecksso. “
Quando la luna ride”, edito da Silele edizioni, conferma questa sensazione, sebbene sia, anche questo un libricino di sole 86 pagine, in un formato ultra-tascabile. Sebbene brevissimo, si tratta però di un romanzo e, come sospettavo, qui l’autore riesce a dare miglior prova di sé.
È un libro che si legge tutto d’un fiato, con piacere. Il protagonista Nick La Bestia è un gigante buono ma brutale, che fa quasi pensare a Lennie di “Uomini e topi” di John Steinbeck. Un uomo che per attitudine avrebbe potuto fare il criminale, ma che finisce per fare qualcosa di simile a una guardia del corpo in un’agenzia di sicurezza e investigazioni. L’incontro con un vicino appiccicoso e i suoi amici studenti lo trascinerà per caso a trasformarsi in investigatore, dove mostrerà doti inattese che lo porteranno molto vicino alla soluzione di uno strano caso in cui sembrano essere immischiate strane sette religiose.
Ben delineati anche i personaggi secondari, dal vicino Giò alla sua amica Marla (che Nick si ostina a chiamare Carla) al capo Gino.
La simpatia del personaggio ci accompagna e ci spinge a parteggiare per lui, nonostante le sue abitudini manesche.
E ora? Ora Natalfrancesco dacci un romanzo vero che duri di più di una corsa in treno!

 I GIOCHI DI PAROLE DI DILILLO
 
Nuove leggende lucane - Costantino DililloCosa vi aspettereste da un libro intitolato “Nuove leggende lucane”? Difficile dirlo. Cominciandone la lettura non mi ero fatto un’idea precisa, ma ovviamente pensavo a qualcosa di legato alla tradizione popolare della Basilicata, magari un lavoro di ricerca sull’evoluzione delle tradizioni locali.
Questo volume scritto da
Costantino Dilillo e edito da BMG è invece una raccolta di racconti dal tono prevalentemente umoristico, aspetto, quest’ultimo che poco il titolo lascia presagire, sebbene, pensandoci bene, già in esso si colga una certa ironia.
Si comincia con un racconto leggero che mescola con grazia credenze antiche e mondo moderno per parlarci di Giacomino, un bambino che non impara a parlare e poi regalarci una fantasiosa (leggendaria?) etimologia del fiume Basento.
Nel secondo racconto c’è ancora una bambina e parlando di figure leggendarie come la Befana e i Cucibocche (figure della tradizione materana che trascinano, legata ai piedi, una catena spezzata, hanno una lunga barba giallastra di canapa, un mantello scuro e un largo cappello, il più delle volte fatto con un disco di canapa da frantoio. In mano stringono un lungo ago con cui minacciano di chiudere la bocca dei bambini) si sorride sul desiderio della piccola che da grande vuol fare la gallina!
Le fantasie di un vecchio nonno sulla sua partecipazione alla colossale battaglia di Lepanto che contrappose la cristianità agli ottomani sono poi l’occasione per un gioco di parole.
Più avanti si gioca ancora con le parole (ma il racconto è quello che mi è piaciuto meno) e sono queste stesse a parlare, componendosi e scomponendosi a piacimentLa battaglia di Lepantoo.
In un altro racconto vediamo un Ragioniere che, prigioniero della propria agenda, di cui dimentica di girar pagina, ogni giorno ripete le stesse azioni.
In “Zann” due ragazzini vanno alla scoperta del sesso.
“Zappatore” è una filastrocca surreale dove al gioco di parole s’unisce uno strano intervento divino.
Il racconto più spassoso di tutti per me è stato quello sul pastorello che va a scuola e fraintende le istruzioni dell’insegnante.
Simpatica anche l’esegesi finale della filastrocca “Topolino, topoletto” (forse un po’ lunga!).
Insomma un volume gradevole e assai più lieve di quanto il tiolo suggerisca, per un paio d’ore di lettura rilassata, per chi ama la nostra lingua non in modo freddo ma come un’amica con cui giocare.

COME FAR AMARE LA LETTURA

 Da bambino adoravo leggere. Era il mio passatempo preferito e lo è ancora. Alle elementari leggevo tutti i giorni e spesso nello stesso giorno finivo un libro, ne leggevo un altro e ne cominciavo un altro ancora. Non riesco a capire come a qualcuno possa non piacere o a considerarla un’attività del tutto residuale. Eppure i lettori sono pochi.
Come genitore, vorrei trasmettere questo amore per i libri anche a mia figlia e ho cercato di fare il possibile per riuscirci. Quando era piccola le ho sempre raccontato delle storie, inventandole, reinventadole o leggendole. Le ho letto libri finché ho potuto e le ho regalato libri cercando quelli più adatti per la sua età, cercando di non forzarle la mano con letture premature ma nel contempo esortandola. Non posso dire che non legga, anzi legge molto di più di tante coetanee ma certo legge meno di me. Bella forza, direte voi, non sono in molti a leggere 50 o 70 libri l’anno, come faccio io. Nei questionari di solito c’è scritto “quanti libri leggi in un anno? 0, 1, da 2 a 5, da 6 a 10, più di 10”, come se leggere dieci libri in un anno fosse già tanto!
 Come un romanzo -PennacNon è stato con intento “formativo” che ho letto “Come un romanzo” di Daniel Pennac. Non mi aspettavo nulla leggendolo, caso mai un manualetto su come scrivere romanzi. L’autore mi sta simpatico e ne ho apprezzato i vari romanzi, moderni e spiritosi, come “Il paradiso degli orchi”, “La fata carabina”, “La prosivendola”, “Signor Malaussène”, dunque pensavo (a ragione) che anche questo libro potesse essere apprezzabile.
Come un romanzo” fa delle interessanti osservazioni proprio sul metodo per trasmettere questo amore per la lettura. Non è un vero manuale, e dubito che se ne possano scrivere, ma alcune considerazioni mi paiono valide e da considerare.
Nella sostanza il suggerimento che mi è parso centrale è quello di far sì che la lettura non diventi impersonale e lo strumento proposto per farlo è la lettura ad alta voce.
Nei confronti dei bambini, Pennac osserva che a poco può servire leggere loro tanto da piccoli e poi smettere di farlo appena sono in grado di farlo da soli.
Nella lettura ad alta voce si instaura tra il genitore e il bambino in età prescolare un rapporto di complicità. La lettura serale è momento liberatorio di relax, al punto che spesso il bambino si addormenta durante la lettura.
Daniel PennacAbbandonare il bambino che ha da poco imparato a leggere da solo con il libro equivale a dirgli “tieni, ora hai il libro, non ti servo più io”. Il libro diviene allora oggetto nemico che lo divide dal genitore e dal suo affetto, dalla sua presenza. Andrebbe dunque evitato questo distacco, continuando la lettura ad alta voce anche in età scolare ma facendo in modo che il bambino cerchi comunque momenti per ampliare lo spazio di lettura.
Nei confronti degli adolescenti, Pennac ci mostra una classe, non certo modello, di ragazzi svogliati, che vengono indotti alla lettura da un abile professore che, tramite la lettura ad alta voce, riesce a rendere vivi i libri e i loro autori.
Questo mi pare il maggior insegnamento del libro, anche se la quarta di copertina è invece incentrata sul decalogo dei “Diritti imprescindibili dei lettori”:
I – Il diritto di non leggere
II – Il diritto di saltare le pagine
III – Il diritto di non finire un libro
IV – Il diritto di rileggere
V – Il diritto di leggere qualsiasi cosa
VI – Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
VII – Il diritto di leggere ovunque
VIII – Il diritto di spizzicare
IX – Il diritto di leggere a voce alta
X – Il diritto di tacere
Ciascuno di tali punti è spiegato e illustrato nel saggio. Personalmente credo di essere, nei miei confronti, un lettore dittatoriale, non concedendomi molti di questi diritti, in particolare i primi. Saltare le pagine è cosa che può riguardare lo studio e non certo la lettura per piacere. Non finire un libro è per me idea inconcepibile. Rileggere è un autentico lusso, con tutto quello che ho ancora da leggere per la prima volta. Leggere qualsiasi cosa: ma certo!
E voi come siete messi con questo decalogo?

Lettore manaiacale

 

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