IL MONDO NUOVO
“Il mondo nuovo” di Aldous Huxley è un romanzo distopico del 1932 che descrive un mondo futuro particolarmente inquietante. Questo romanzo, assieme a “1984” di Orwell è forse la più importante distopia del XX secolo. Nella lettura c’è forse qualche passaggio un po’ datato, ma nel complesso si tratta di una storia ancora estremamente attuale.
A fronte del totale pessimismo orwelliano, Huxley dipinge un mondo all’apparenza felice, illusoriamente utopico.
Orwell nel 1948, appena uscito dall’esperienza nazista, immagina una società autoritaria e con pesanti meccanismi di controllo della popolazione e relativa repressione.
Huxley, all’alba dell’esperienza nazista, immagina un governo totalitario ma utopisticamente volto a “imporre la felicità” al popolo.
Nel “mondo nuovo” la vita di ciascuno è decisa e programmata fin dalla nascita. È stata abolita la famiglia (termini come “padre”, “madre”, “figlio” sono considerate parolacce, lo coccole materne sono viste come un’oscena perversione) e i bambini nascono in bottiglie (anticipando la fecondazione in vitro). Ciascuno è condizionato dalla nascita alla morte mediante una serie di messaggi ripetuti in sonno (tecnica definita “ipnopedia”), mediante i quali ciascuno impara a vivere secondo le regole proprie della casta cui appartiene. Il mondo è infatti diviso in classi, dove gli Alfa e i Beta sono destinati alle attività superiori, mentre i Delta, i Gamma e gli Epsilon, vengono tarati in modo da essere volutamente “inferiori”, resi cioè appositamente imperfetti, e poi condizionati in modo da amare la propria condizione di vita e di lavoro.
Il divertimento è un dovere sociale e la felicità “condizionata” il solo stato mentale possibile. Dove l’animo vacilla, interviene una droga, il soma, priva di effetti collaterali.
È un mondo “perfetto”, questo di Huxley, dove ognuno è lieto della propria condizione sociale e della propria attività, dove nessuno di preoccupa del passato e del futuro. Perfetto, sì, ma artificiale. Un mondo in cui il controllo è nelle mani di pochissimi uomini, che decidono cosa sia bene e cosa sia male.
Si potrebbe pensare che Huxley, ad un certo punto della storia, ci mostri che il meccanismo s’inceppa e il popolo si ribella e riconquista la libertà di pensare e scegliere, ma non è così.
C’è un solo uomo, della casta superiore (gli unici capaci di un minimo di riflessione) che comincia a chiedersi se questa felicità sia veramente ciò che vuole e c’è un Selvaggio (un uomo venuto da una sorta di riserva, in cui vi sono ancora delle persone che vivono alla vecchia maniera) che viene portato nel mondo civile e che mostra di non capirlo e di non approvarlo, ma per il resto nulla muta veramente. Il meccanismo è ormai blindato. Per l’umanità pare non ci sia più scampo da questa gioia perenne e vuota, in cui l’arte, la filosofia, la riflessione, la storia e la religione non esistono più, in questo enorme circo vacuo, dove nessuno soffre e tutti stanno comodi.
Inutile il grido del Selvaggio “Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la
poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglio il peccato.”
“Insomma” risponde il Governatore Mustafà Mond “voi reclamate il diritto di essere infelice.”
“Ebbene sì” risponde il Selvaggio “io reclamo il diritto di essere infelice.”
Ma questo diritto nel “mondo nuovo” non esiste più. Inutile ribellarsi. Nessun tentativo di cambiare il mondo può avere successo. “La civiltà non ha assolutamente bisogno di nobiltà e di eroismo” afferma Mustafa Mond.
Il Selvaggio però non si rassegna e continua a vivere a modo suo, leggendo, citando e imitando le opere di Shakespeare, apprese da un antico libro, forse una sola delle due copie rimaste (l’altra la possiede il Governatore supremo), poiché Shakespeare come tutti gli autori passati è ora proibito e le sue parole appassionate riescono solo a confondere e sconvolgere l’oggetto della sua passione. L’amore, infatti, non esiste più, c’è solo il sesso, praticato liberamente da tutti con chiunque voglia, fin da bambini, e la vita di coppia è guardata con profondo orrore.
Per quanto sia un mondo ancora assai diverso dal nostro, questo inizio del XXI secolo ricorda forse di più il mondo nuovo, che non l’inizio del secolo scorso per molti aspetti.
Nel “mondo nuovo”, per controllare meglio la popolazione questa viene resa il più possibile omogenea (anche mediante la manipolazione genetica), nel nostro tempo la globalizzazione ci porta ad agire e pensare tutti allo stesso modo, ad avere gli stessi desideri e a consumare gli stessi prodotti in ogni angolo del globo.
Nel mondo nuovo si inventano sempre giochi nuovi e nuovi divertimenti per distrarre le persone e nel nostro tempo… non è forse ormai lo stesso?
Nel capitolo 3 si legge una frase illuminante “Vi rendete conto della pazzia che rappresenta il permettere alla gente di fare dei giochi complicati che non aiutino in alcun modo il consumo?” Il divertimento serve non solo a distrarre e intrattenere la gente ma anche a far funzionare l’industria medesima.
Nel mondo nuovo la famiglia è considerata un’orrenda bizzaria animalesca, retaggio di un passato dimenticato, nel nostro mondo la famiglia si sta riducendo a piccoli nuclei nevrotici, emotivamente insufficienti a loro stessi.
Nel “mondo nuovo” tutti sono condizionati dai messaggi ipnopedici notturni, nel nostro tempo siamo condizionati dalla televisione e dalla pubblicità, che incessantemente ci ripetono i soliti concetti, le solite affermazioni, fino a farci credere che siano la verità.
Nel romanzo la genetica non è particolarmente evoluta a livello tecnico (il nostro presente è forse più avanti) ma è utilizzata in modo sistematico per creare gruppi di cloni (la tecnica immaginata è un’altra ma il risultato similare), esseri tutti con le medesime caratteristiche e quindi più armonici per lavorare assieme e meglio controllabili. Oggi si discute sull’eticità della manipolazione genetica e saremmo in grado di fare già molto di più dei Selezionatori del libro. Ci si chiede per quanto tempo reggerà il fragile argine che pone limiti alla tecnica e se saremo in grado di usare questa preziosa scienza per il bene dell’umanità e del pianeta e non per il controllo politico e il potere di pochi.
RITORNO AL MONDO NUOVO
Nell’edizione Mondadori de “Il mondo nuovo” che ho letto, il romanzo è stampato assieme a “Ritorno al mondo nuovo”. Non si tratta del seguito del romanzo ma di un saggio scritto dallo stesso Huxley nel 1958, a proposito della sua opera.
Interessante è l’analisi che ne fa a distanza di ventisette anni e una Guerra Mondiale. Siamo ormai in clima da Guerra Fredda, ci sono state le esperienze di Hitler, Mussolini, Stalin, Mao e le tecniche anticipate nel 1932 si sono sviluppate. Huxley vi affronta vari argomenti che erano alla base del romanzo.
Innanzitutto illustra come, secondo lui, la sovrappopolazione ci spingerà inevitabilmente verso un mondo soggetto a forti controlli centrali, per effetto della scarsità delle risorse e della necessità di gestire masse esorbitanti. Vede poi incombente il rischio che
la Grande Impresa si intrometta nel governo della popolazione. Immagina che il totalitarismo possa dunque avere due facce, da una parte quella del Grande Governo, sui modelli nazista, stalinista o maoista, e dall’altra un mondo dominato dalle multinazionali o, come scrive lui, dalla Grande Impresa e non si può non pensare subito all’influenza delle società petrolifere sul governo del medioriente e persino degli Stati Uniti o all’attuale esperienza italiana, anche se lui non faceva alcun accenno ad una Grande Impresa che oltre al potere economico e politico disponesse addirittura anche di quello mediatico. Sotto il controllo dello Stato o dell’Impresa egli osserva che “radio e giornali continueranno a parlare di democrazia e di libertà, ma quelle due parole non avranno più senso.”
L’autore esamina poi le tecniche della propaganda, mostrando come questa si stesse già allora affinando e ne anticipa i recenti sviluppi, che sono sotto i nostri occhi.
Consiglia anche, utopisticamente, “ una legislazione che impedisca ai candidati politici di spendere oltre una determinata somma per le campagne elettorali e proibisca il ricorso alla propaganda di tipo antirazionale, vanificando l’intero processo democratico.”
Quale pubblicitario, commerciale o di partito, penserebbe mai al giorno d’oggi di fare una campagna che non sia emozionale piuttosto che razionale?
Un po’ meno attuali appaiono il capitolo sulle tecniche di lavaggio dei cervelli (tipici di uno stato violento e tirannico) e sulla persuasione chimica mediante l’uso di droghe.
Interessante l’analisi delle tecniche di persuasione hitleriane. Già il fuhrer aveva chiaro il concetto, ben noto al del marketing moderno, che “solo la ripetizione costante riuscirà alla fine ad imprimere un concetto nella memoria della folla”. Solo gli intellettuali paiono refrattari a questa insistenza e non si lasciano controllare e irreggimentare, infatti per Hitler “gli intellettuali si sbandano a destra e a manca, come galline sull’aia. Con loro non si può far storia; non possono servire come componenti di una comunità.”
Dunque si tratta, nel complesso di un volume che, in questi nostri tempi, faremmo bene a leggere tutti, se non altro per riflettere su quanto di quello che è stato previsto da Huxley sia già nel nostro mondo e quanto si stia per realizzare.
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