Non sono certo un lettore appassionato di Fantasy, ma qualcosa del genere l’ho letto e se mi si chiedesse quali siano i principali autori fantasy, credo che risponderei: Rowlings, Tolkien e Lewis. Conosco tropo poco Brooks per valutarlo. Non amo mai fare classifiche, ma fra questi tre grandi, credo che i primi due abbiano un discreto vantaggio sul terzo.
C.S. Lewis è l’autore dei sette romanzi che formano la saga “Le Cronache di Narnia” (che ho recentemente finito di leggere nell’edizione Mondadori che tutti li riunisce).
- Il nipote del mago
- Il leone, la strega e l’armadio
- Il cavallo e il ragazzo
- Il principe Caspian
- Il viaggio del veliero
- La sedia d’argento
- L’ultima battaglia.
Il motivo principale percui considero questa saga inferiore a quella del Signore degli Anelli di Tolkien o di Harry Potter della Rowlings è, soprattutto, la mancanza di unità spazio-temporale e la discontinuità nella presenza dei personaggi.
Lewis, come Tolkien, attinge ad ampie mani nella mitologia nordica, popolando i
suoi libri di nani, centauri, driadi, satiri e altre creature mitiche tipiche del fantasy, a queste affianca numerosi animali parlanti.
La caratteristica di questo ciclo è quella di voler descrivere, per il tramite del fantasy, una sorta di metafora del cristianesimo, dove il Leone Aslan è Dio e la sua personificazione terrena, Cristo.
La mancanza di unitarietà della saga non è dunque nell’intento descrittivo, né nella morale o nel messaggio generale ma nella presunzione di voler descrivere una sorta di storia dell’Universo (seppure quello del mondo immaginario di Narnia), abbracciando secoli e millenni con “solo” sette romanzi e 1153 pagine (nell’edizione che ho letto).
Non che la cosa sarebbe impossibile, ma il risultato è che, sebbene i ragazzini protagonisti delle storie abbiano il dono di muoversi in un tempo (il nostro) che scorre assai diversamente da quello di Narnia, quando arrivano in questa terra
magica la trovano ogni volta profondamente mutata, essendo ogni volta passati secoli o ere. Non solo: il grande Aslan non consente loro di tornare dopo che hanno compiuto una certa età, per cui troviamo i quattro fratelli Pevensie assieme solo ne “Il leone, la strega e l’armadio”. Saranno solo in due ne “Il principe Caspian” e non ci saranno negli altri romanzi.
Allo stesso modo troviamo il citato Caspian nel libro omonimo ancora ragazzino, ragazzo nel viaggio del veliero e ormai vecchio, e con ruolo secondario, ne “la sedia d’argento”.
Capirete quindi come il lettore, trovandosi ogni volta in epoche diverse, in un mondo ormai mutato e accompagnato sempre da diversi protagonisti, assai più difficilmente che in altre saghe riesca ad appassionarsi alle vicende e a sentirsi spinto a proseguire nella lettura da un romanzo all’altro.
Nell’esaminare la saga di Harry Potter, avevo individuato le seguenti caratteristiche, che rendevano, secondo il mio modesto e opinabile parere, quel ciclo piacevole alla lettura e degno di successo:
· trama e strutturazione;
· ambientazione costante;
· ripetitività e ritualità;
· magia come estraneamento dalla realtà;
· mondo magico come mondo parallelo, specchio della nostra schizofrenia;
· amicizia;
· lotta tra Bene e Male;
· tanti nemici, grandi e piccoli;
· competizione;
· un personaggio che si sente debole ma che scopre di essere forte e speciale;
· spettacolarità;
· mistero e suspance;
· paura;
· avventura;
· iniziazione e crescita verso l’età adulta.
· morte.
Più propriamente li vorrei ora riesaminare per questa saga, che se non altro ha in comune con quella della Rowlings di essere composta da uno stesso numero di volumi, di vedere dei ragazzi come protagonisti e il fatto che questi si spostino da un mondo “reale” a uno di fantasia.
Trama e strutturazione: Harry Potter (d’ora in poi HP) presenta una trama unitaria, in cui ogni romanzo è un episodio con una propria vicenda ma che si inserisce nella trama generale. Lo stesso vale per il Signore degli Anelli (di seguito SdA). Le Cronache di Narnia (di seguito CdN) invece, pur descrivendo la Storia di Narnia, sono, appunto, solo “cronache”, descrizioni di singoli episodi, tra loro piuttosto indipendenti. Alcuni romanzi, si pensi ad esempio al “viaggio del veliero” contengono al loro interno singole avventure, alquanto autonome tra loro. La struttura delle CdN appare dunque assai più irregolare.
Ambientazione: in HP l’ambiente è quasi sempre lo stesso, la scuola di Hogwart (un
mondo dunque molto ristretto) e nel SdA la Terra di Mezzo fa da sfondo alle vicende e non muta sostanzialmente d’aspetto. Nelle CdN vediamo (“Il nipote del mago”) una Narnia primigenia, simile ad un Universo vuoto, poi una Narnia polare dominata dalla Strega Bianca (“Il leone, la strega e l’armadio”), una Narnia medievale (“Il ragazzo e il cavallo”), una Narnia di mare (“Il viaggio del veliero”). I cambiamenti si seguono bene perché hanno una loro logica, ma sono comunque disorientanti in quanto tali.
Ripetitività e ritualità: in HP ogni romanzo segue sempre lo stesso ordine degli eventi, quelli di un anno scolastico. Nelle CdN, il fatto che il Tempo sia un concetto “vago e mutevole” priva la storia di un qualsiasi ritmo narrativo, scandito dal ricorrere degli eventi.
Magia come estraneamento dalla realtà: i protagonisti delle CdN si trovano a Narnia per i motivi più vari, spesso per caso. In loro non c’è il desiderio di fuggire da un mondo reale insoddisfacente o spiacevole. Spesso vanno lì perché chiamati, per realizzare una missione.
Mondo magico come mondo parallelo, specchio della nostra schizofrenia: se questo potrebbe essere vero per HP, le CdN, scritte oltre un secolo prima, esprimono una diversa concezione della realtà e, soprattutto, vogliono rappresentare la Magia come manifestazione del divino e non come rappresentazione atea del meraviglioso. Una certa schizofrenia c’è comunque anche nei personaggi delle CdN, dato che anch’essi mutano totalmente vita (e persino capacità) arrivando a Narnia.
Amicizia: non manca nelle CdN la descrizione dell’amicizia, ma somiglia troppo al cameratismo, alla fedeltà verso il prossimo, per far sì che il lettore moderno ci si ritrovi, come può invece fare un ragazzo di quest’inizio di terzo millennio in un romanzo di HP. Spesso poi i protagonisti sono tra loro legati più da parentele che da amicizia.
Lotta tra Bene e Male: se questo conflitto è pressoché immancabile nel fantasy, la mancanza di manicheismo assoluto in HP lo rende più moderno e leggibile (ad es. Piton è veramente malvagio?). Nelle CdN si ammette che anche il Diavolo (le Streghe e gli altri malvagi) è manifestazione del divino (ovvero di Aslan), ma sempre vince il Bene, per il quale l’autore esplicitamente parteggia.
Tanti nemici, grandi e piccoli: qui i nemici solo a volte (vedi la Strega Bianca) sembrano giganteggiare, ma quasi sempre appaiono troppo piccoli e deboli, di fronte all’onnipotenza di Aslan, senza il cui volere nulla si compie. Questo rende le vicende più scontate e prevedibili e allenta la tensione narrativa. Una vera lotta vuole il confronto tra pari o casomai un cattivo (tipo Voldermont) apparentemente più forte dell’eroe.
Competizione: qui c’è guerra, gelosia, ma poca competizione diretta tra pari.
Un personaggio che si sente debole ma che scopre di essere forte e speciale: HP è un personaggio che si sente decisamente maltrattato e debole nel mondo reale e che si scopre sempre più forte nel mondo fantastico. I protagonisti delle CdN sono spesso dei ragazzini normali ma che nel mondo immaginario si comportano come adulti (o quasi) e che, anzi, hanno doti eroiche e persino qualche potere magico. Il contrasto, però è meno marcato che in HP.
Spettacolarità: HP è stato certo pensato da chi ben conosceva le potenzialità del cinema e degli effetti speciali dell’elettronica del XXI secolo. Anche nelle CdN ci sono battaglie spettacolari e grandi paesaggi “multicolor” ma il desiderio di “spettacolarità” negli anni ’50 del secolo scorso doveva essere certo inferiore al nostro.
Ho visto i due film recentemente realizzati sui romanzi “Il leone, la strega, l’armadio” e “il Principe Caspian” e sono indubbiamente spettacolari. Non altrettanto si può dire dei telefilm realizzati negli anni ’80 dalla BBC con attori mascherati da peluche parlanti!
Mistero e suspance: non ci sono grandi misteri da scoprire, anche se, certo, siamo curiosi di sapere dove arriverà il Veliero guidato da Caspian o che fine faranno, ad esempio, Shasta e il suo cavallo parlante o se Aslan interverrà nella prossima battaglia, ma questo poco ha a che fare con il senso di mistero del giallo o del “mistery”.
Paura: difficile spaventarsi davanti alla Strega Bianca o al malvagio zio di Caspian.
Avventura: la sostanza di questi libri è proprio l’avventura, per terra, per mare e talora per cielo.
Iniziazione e crescita verso l’età adulta: sono libri che vogliono essere, credo, di iniziazione, anche verso i lettori, ad una Fede vera e forte. Sono comunque storie in cui i protagonisti imparano spesso a diventare grandi e migliori. Si pensi a Edmund che tradisce i propri fratelli ma poi si pente e comprende il proprio errore, a suo cugino Eustachio, che cessa di essere antipatico solo dopo essersi mutato in drago.
Morte: i morti non mancano. Persino Aslan muore ma poi risorge. La Strega Bianca pare morta ma, anch’essa, rischia di risorgere. La morte appare sui campi di battaglia ma è sempre lieve e talora non definitiva. Non si vede la vera Morte, quella con la M maiuscola, quella con cui si deve convivere e con cui ci si confronta giorno per giorno.
Spero, dunque, di aver chiarito perché considero questo ciclo uno dei più importanti del fantasy ma non il migliore.
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