Il commento che segue l’ho scritto il 7/5/2008. E’ passato più di un anno e pur ripromettendomi sempre di pubblicarlo non ho mai trovato lo spazio per farlo, con post sempre più "urgenti". Ho deciso che se avessi aspettato ancora, sarebbe diventato roba da museo, così eccolo qui. Vi ricordate ancora de Il cacciatore di aquiloni? E’ di questo libro che vi vorrei parlare.
Il cacciatore di aquiloni è il primo romanzo dello scrittore americano di origine afghana Khaled Hosseini, pubblicato in Italia dalle Edizioni Piemme nel 2004. Il titolo originale dell’opera è The Kite Runner; la traduzione in italiano è opera di Isabella Vaj. Si tratta di uno straordinario caso letterario pubblicato in 12 paesi. L’ho letto dopo averne sentito parlare e letto, in particolare su aNobii, molto bene. Sono gIà usciti nelle sale il film che ne è stato tratto e in libreria un nuovo libro di questo stesso autore. I pareri che ho raccolto sono molto favorevoli sia per i romanzi, sia per il film.
Il libro mi è piaciuto molto e l’ho trovato “emozionante”, ovvero ricco di emozioni e sensazioni forti. Sicuramente un buon libro. Non conosco i numeri delle vendite ma credo che possa essere certo considerato un best-seller. Vorrei, dunque, fare un’analisi del suo successo analogamente a quanto fatto per i romanzi del ciclo di Harry Potter e per la Setta degli Assassini di Licia Troisi. Si tratta indubbiamente di libri assai diversi ma accomunati dal successo. Vorrei dunque, anche qui, esaminare “gli ingredienti” usati dall’autore.
Direi, innanzitutto, che si tratta di un romanzo sull’amicizia. L’amicizia tra il protagonista-narratore e il suo
servo – fratellastro – cacciatore d’aquiloni. È anche un romanzo sui rapporti irrisolti tra padre e figlio. Il rapporto è duplice, verso il padre del protagonista e verso il bambino che il protagonista adotterà. È un romanzo d’iniziazione, nel senso che descrive la vita del protagonista, le sue paure e debolezze ed il loro superamento, attraverso una serie di prove, inizialmente fallite.
È una storia d’ambientazione (molti, credo, devono averlo letto soprattutto come tale), in cui è descritto un Afghanistan di cui tanto i giornali c’hanno parlato ma che rimane per noi occidentali una sorta di mondo immaginario. L’ambientazione, per quanto realistica, appare così lontana da non parere tale. Eppure, non è un romanzo politico. Non è un romanzo di denuncia o difesa di questo Paese, che viene descritto soprattutto come sfondo. Quello più naturale per questa storia, dato che è da lì che viene l’autore.
Dico che pare un mondo immaginario, eppure, nel leggerlo l’ho sentito come molto più vero del nostro. È un mondo che somiglia assai più di quanto si voglia ammettere, all’Italia di qualche decennio fa. E questi afgani somigliano anche troppo ai nostri nonni. Questa non è una forzatura. Questo è, invece, credo, il segreto e la forza di questo libro: descrivere un mondo così alieno da essere il mondo di tutti, il mondo antico da cui tutti proveniamo, il mondo in cui ogni giorno si rischiava la vita, in cui nutrirsi era un problema, in cui la violenza era un problema vero, in cui la prevaricazione era una costante. Un mondo di cui serbiamo solo un ricordo ma che è, comunque, parte di noi. È per questo, secondo me, che “Il cacciatore d’aquiloni” è un bestseller e parla a tutti noi.
Detto ciò, vorrei approfondire l’analisi, prendendo la lista che avevo redatto per i libri della Rowlings (mi si perdoni l’accostamento tra autori tanto diversi, ma credo che li accomuni la capacità di raggiungere il cuore della gente):
1. trama: è abbastanza articolata, si snoda lungo tutta la vita di un uomo e si snoda in numerosi episodi;
2. struttura: il romanzo ha una struttura semplice e lineare, dal passato al futuro, ma avanzando nel tempo si scoprono elementi importanti del passato. Il risultato è estremamente leggibile;
3. ambientazione: sicuramente aver scelto un Paese come l’Afghanistan aumenta la curiosità, l’averlo trattato solo come sfondo, rende il romanzo “universale”;
4. ripetitività e ritualità: non è questo il caso, del resto qui si parla di un singolo romanzo e non di un ciclo;
5. magia come estraneamento dalla realtà: in Harry Potter c’era veramente magia, qui c’è, per noi europei, un mondo alieno, l’effetto è, in un certo senso, simile;
6. mondo parallelo, specchio della nostra schizofrenia: pur non essendo l’Afghanistan un mondo parallelo, i movimenti del protagonista al di fuori e dentro questo Paese hanno meccaniche simili a quelli di chi entri ed esca da mondi immaginari, lo straniamento èconfrontabile;
7. amicizia: ho già detto che qui è centrale;
8. lotta tra Bene e Male senza manicheismo assoluto: qui il protagonista si scontra con ragazzi cattivi, prima, e con uno di loro divenuto talibano, poi, ma è lui stesso, con la sua mancanza di coraggio a sentirsi colpevole per la sorte del suo amico;
9. tanti nemici, grandi e piccoli / competizione: qui i nemici sono di meno che nel ciclo di Harry Potter e meno approfonditi, inoltre non c’è un Nemico assoluto, ma la competizione è importante e evidente;
10. un personaggio che si sente debole ma che scopre di essere forte e speciale: il protagonista si vergogna della propria vigliaccheria e alla fine riesce a superarla;
11. spettacolarità: certo inferiore rispetto a storie fantasy ma non del tutto assente;
12. mistero e suspance: non c’è mistero da svelare ma non mancano le sorprese e la storia induce a proseguire la lettura;
13. paura: il protagonista prova paura ma non certo il lettore e questo non è previsto ne necessario in questo contesto;
14. avventura: ce ne è in giusta dose;
15. iniziazione e crescita verso l’età adulta: come detto, è il secondo elemento portante di questa storia;
16. morte: ha il suo ruolo e compare più volte.
17. rapporti familiari complessi: sono la chiave che aziona la storia.
18. amore: non manca la storia d’amore, anche se non è centrale rispetto alla trama.
Cosa concludere? Direi, innanzitutto, con la conferma che due romanzi, per quanto così diversi come il
ciclo di Harry Potter e Il cacciatore d’aquiloni, quando raggiungono un grande successo di pubblico è perché hanno degli elementi in comune, perché toccano delle corde particolari, dei sentimenti e delle emozioni che ci riguardano da vicino:
amicizia, amore, morte, rapporti familiari, conflittualità, paura, avventura, crescita, mistero. È anche importante che ci siano
trama, struttura, ambientazione e spettacolarità ben congegnate.
Mi parrebbe, dunque, di aver fatto un piccolo passo avanti nella comprensione dei meccanismi che animano un best-seller. Da una parte riescono a suscitare varie emozioni, dall’altro lo fanno utilizzando degli strumenti generali costanti. Può sembrare banale dire che in un romanzo ci debbano essere trama, struttura, ambientazione, eppure, se leggiamo alcuni lavori di minor successo questi tre elementi così “ovvi” mancano e, per uno scrittore, non è affatto così semplice costruirli, dato che i libri possono nascere in tanti modi diversi e, solo raramente, con un preciso progetto a tavolino, in cui si decide da subito questi aspetti e quali corde emotive andremo a toccare scrivendo.
Essere consapevoli però dell’esistenza di questi, dovrebbe poterci aiutare, almeno in rilettura, ad interrogarci sulla qualità di quanto da noi scritto.
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