Dopo “La famiglia immaginaria”, la raccolta di racconti scritta da Lina Dettori, ho letto ora anche il suo ultimo romanzo “Baffi di cacao”, edito da Iris nel 2007.
A proposito de “La famiglia immaginaria” avevo già detto di come questa raccolta m’avesse colpito per avere una notevole unitarietà d’ambientazione e persino di personaggi, ruotando tutta attorno alla descrizione di una famiglia.
L’impressione che ho avuto leggendo “Baffi di cacao” è stato che questo romanzo fosse il naturale sviluppo di quella raccolta.
Non ne è il sequel, ovviamente. Diversi sono i personaggi e diverso l’arco temporale in cui si svolge, sebbene ci si trovi anche qui in Sardegna. In una Sardegna, sia ben chiaro, che ben poco concede al folclore, ma che si presenta, in entrambi i lavori, come una regione d’Italia, pur con le sue tipicità, ma strettamente legata alla storia e alle vicende della penisola di cui è parte integrante.
Dicendo che il romanzo mi pare il naturale sviluppo della precedente raccolta, mi riferisco invece al cammino di crescita di Lina Dettori come autrice, in quanto questo secondo libro mi pare per molti aspetti figlio del primo.
Anche qui i personaggi sono molteplici, anche se su tutti ne emergono alcuni, tra cui il protagonista Antine (soprannome di Costantino Bellu). Sebbene le varie storie ruotino attorno a quella del protagonista, come ne “la famiglia immaginaria” la narrazione pareva finalizzata a descrivere la famiglia Soros, qui l’affresco che viene dipinto sulle pagine del libro è quello della famiglia Bellu, in qualche modo rappresentativa non solo della popolazione dell’intera isola, ma, in definitiva, dell’Italia, di cui l’autrice ci offre un interessante spaccato, in cui i “pesanti” anni di piombo hanno uno spazio importante.
La lettura di questo romanzo mi ha portato a proseguire la riflessione che già avevo avviato con la lettura de “La famiglia immaginaria” a proposito della differenza tra romanzo e racconto.
Vorrei in proposito riportare le autorevoli parole di Moravia: “lo scrittore di racconti si avvale di un intreccio semplicissimo e ci dà in sintesi ciò che il romanziere ha bisogno di analizzare distesamente… Lo scrittore di racconti tende ad una rappresentazione lirica, assoluta, concentrata della vita, mentre il romanziere tende a una rappresentazione più complessa, più dialettica della realtà (…omissis…). Nel racconto la psicologia è in funzione dei fatti, nel romanzo delle idee…”.
Secondo Moravia, poi, l’autore di racconti è un cronista di un’epoca e di una società.[1]
Ebbene, anche secondo queste definizioni, mi pare che queste due opere si pongano in uno spazio intermedio tra le due forme letterarie.
“Baffi di cacao” è, infatti, composto da alcune storie dall’intreccio lineare ma che, unite alle altre ci forniscono una rappresentazione estesa ed articolata del mondo descritto. La Dettori mantiene però forte anche in questo romanzo il suo spirito di “cronista” della società e la sua narrazione procede, come in un racconto, per successione di eventi.
Chiusa questa parentesi, vorrei comunque esprimere il mio apprezzamento per questo libro che scorre piacevolmente sotto gli occhi e che riesce a descrivere, con sguardo attento ma con sufficiente distacco, la “singolare normalità” di questa nostra Italia, essa stesa poco più che un’isola nel grande mare del mondo, un’isola che spesso sembra vivere nel sogno di essere un Paese diverso da quello che è e che gli uomini come Antine vorrebbero poter trasformare, ma che, dopo aver votato la propria vita ad una rivoluzione forse un po’ troppo idealizzata, si scoprono essere dei rivoluzionari per apatia, per inerzia e, usciti di galera, quasi non capiscono più bene il senso della loro vita. Alla fine conta forse di più la “figuraccia” di esser finiti in prigione con due baffi di cacao stampati in volto, che non l’aver tradito la fiducia e l’affetto di chi credeva in noi.
E questi baffi di cacao diventano quasi il simbolo di questa società dell’apparire in cui siamo ormai sprofondati tutti quanti.
[1] Dante Giampieri – Introduzione a “La steppa” Antòn P. Cechov – Edizioni La Nuova Italia.
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...